Ordinanza n. 367/98

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ORDINANZA N. 367

ANNO 1998

 

REPUBBLICA ITALIANA

IN NOME DEL POPOLO ITALIANO

LA CORTE COSTITUZIONALE

composta dai signori Giudici:

- Dott. Renato GRANATA, Presidente

- Prof. Giuliano VASSALLI

- Prof. Francesco GUIZZI

- Prof. Cesare MIRABELLI  

- Prof. Fernando SANTOSUOSSO  

- Avv. Massimo VARI

- Dott. Cesare RUPERTO  

- Dott. Riccardo CHIEPPA  

- Prof. Gustavo ZAGREBELSKY  

- Prof. Valerio ONIDA

- Prof. Carlo MEZZANOTTE  

- Avv. Fernanda CONTRI

- Prof. Guido NEPPI MODONA  

- Prof. Piero Alberto CAPOTOSTI  

ha pronunciato la seguente

ORDINANZA

nel giudizio di legittimità costituzionale dell'art. 12 del decreto-legge 14 marzo 1988, n. 70, convertito in legge 13 maggio 1988, n. 154 (Norme in materia tributaria nonchè per la semplificazione delle procedure di accatastamento degli immobili urbani), promosso con ordinanza emessa il 21 gennaio 1997 dalla Commissione tributaria provinciale di Parma sul ricorso proposto dalla Schia 2 S.r.l. contro l'Ufficio del registro di Parma, iscritta al n. 621 del registro ordinanze 1997 e pubblicata nella Gazzetta Ufficiale della Repubblica n. 40, prima serie speciale, dell'anno 1997.

  Visto l'atto di intervento del Presidente del Consiglio dei ministri;

  udito nella camera di consiglio del 30 settembre 1998 il Giudice relatore Cesare Ruperto.

  Ritenuto che nel corso di un giudizio per l'annullamento d'un avviso di liquidazione d'imposta, con il quale l'Ufficio del registro di Parma aveva rettificato in aumento il valore di un immobile rispetto a quello dichiarato nella compravendita, la Commissione tributaria di quella città ha sollevato, con ordinanza emessa il 21 gennaio 1997, questione di legittimità costituzionale - in riferimento agli artt. 3 e 53 della Costituzione - dell'art. 12 del decreto-legge 14 marzo 1988, n. 70, convertito in legge 13 maggio 1988, n. 154 (Norme in materia tributaria nonchè per la semplificazione delle procedure di accatastamento degli immobili urbani);

  che, secondo il giudice a quo, tale norma, nel prevedere il meccanismo di valutazione automatica (o forfettaria) dell'immobile anche in mancanza di rendita catastale purchè la determinazione di quest'ultima venga contestualmente richiesta, determina una disparità di trattamento tra contribuenti a seconda che questi si trovino ad avere già attribuita o non la detta rendita, dovendo essi, nel secondo caso, sottostare alla determinazione dell'Ufficio tecnico erariale pur quando, se superiore ai valori di mercato, conducesse a risultati vessatori;

  che é intervenuto il Presidente del Consiglio dei ministri, rappresentato e difeso dall'Avvocatura dello Stato, chiedendo dichiararsi non fondata la questione per il carattere meramente procedimentale della normativa, atto ad escludere ogni disparità di trattamento.

  Considerato che questa Corte, scrutinando in riferimento all'art. 24 Cost. la stessa norma ora denunziata, ha già affermato, con sentenza n. 463 del 1995 (non tenuta presente dal giudice a quo), che: a) il sistema di valutazione automatica ha carattere di "mera semplificazione", in quanto fondato sul generale criterio delle presunzioni e successivamente esteso anche a chi non disponga della rendita catastale, proprio per sanare la disparità di trattamento rispetto a chi é già in possesso di tali dati; b) tale possibilità é stata accordata prevedendo, del tutto ragionevolmente, la facoltà del contribuente, sprovvisto di rendita, di chiederne la determinazione al momento del trasferimento; c) avverso l'atto di classamento l'interessato può far valere la tutela giurisdizionale, come avviene nella generalità dei casi di attribuzione della rendita al di fuori di una vicenda negoziale traslativa di un diritto reale, offrendo in tale sede gli elementi comprovanti un'erronea valutazione (tra cui il valore di mercato);

  che attraverso la via della descritta impugnativa si realizza proprio quella "dialettica" tra amministrazione e contribuente, indicata dal giudice a quo come rimedio al denunciato vulnus (sia all'art. 24 sia all'art. 53 Cost.), il quale consisterebbe appunto nell'asserita impossibilità per il contribuente di "confutare le basi di calcolo applicate unilateralmente dall'Ufficio" e dunque nella soggezione di lui alla "terribile alea di vedersi determinare anche una base imponibile al di fuori di ogni plausibile riferimento al valore reale del bene";

  che pertanto la questione é manifestamente infondata.

  Visti gli artt. 26, secondo comma, della legge 11 marzo 1953, n. 87, e 9, secondo comma, delle norme integrative per i giudizi davanti alla Corte costituzionale.

PER QUESTI MOTIVI

LA CORTE COSTITUZIONALE

  dichiara la manifesta infondatezza della questione di legittimità costituzionale dell'art. 12 del decreto-legge 14 marzo 1988, n. 70, convertito in legge 13 maggio 1988, n. 154 (Norme in materia tributaria nonchè per la semplificazione delle procedure di accatastamento degli immobili urbani), sollevata, in riferimento agli artt. 3 e 53 della Costituzione, dalla Commissione tributaria provinciale di Parma, con l'ordinanza in epigrafe.

Così deciso in Roma, nella sede della Corte costituzionale, Palazzo della Consulta, il 28 ottobre 1998.

Presidente: Renato GRANATA

Redattore: Cesare RUPERTO

Depositata in cancelleria il 6 novembre 1998.