Sentenza n. 335/98

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SENTENZA N.335

ANNO 1998

 

REPUBBLICA ITALIANA

IN NOME DEL POPOLO ITALIANO

LA CORTE COSTITUZIONALE

composta dai signori Giudici:

- Prof.    Giuliano VASSALLI, Presidente

- Prof.    Francesco GUIZZI   

- Prof.    Cesare MIRABELLI

- Prof.    Fernando SANTOSUOSSO 

- Avv.    Massimo VARI         

- Dott.   Cesare RUPERTO    

- Dott.   Riccardo CHIEPPA  

- Prof.    Gustavo ZAGREBELSKY  

- Prof.    Valerio ONIDA        

- Prof.    Carlo MEZZANOTTE         

- Avv.    Fernanda CONTRI   

- Prof.    Guido NEPPI MODONA    

- Prof.    Piero Alberto CAPOTOSTI 

- Prof.    Annibale MARINI    

ha pronunciato la seguente

SENTENZA

nel giudizio promosso con ricorso della Regione Sardegna notificato il 14 febbraio 1998, depositato in Cancelleria il 5 marzo successivo, per conflitto di attribuzione sorto a seguito dell'art. 28, commi 2, 3 e 5 del d.P.R. 9 ottobre 1997, n. 431, (nonchè dell'art. 33 dello stesso decreto) recante "Regolamento sulla disciplina delle patenti nautiche", ed iscritto al n. 8 del registro conflitti 1998.

Udito nell'udienza pubblica del 2 giugno 1998 il Giudice relatore Piero Alberto Capotosti;

udito l'avv. Salvatore Alberto Romano per la Regione Sardegna.

Ritenuto in fatto

1. - La Regione Sardegna, con ricorso notificato il 14 febbraio 1998 e depositato il 5 marzo 1998, ha proposto conflitto di attribuzione nei confronti della Presidenza del Consiglio dei ministri in relazione al d.P.R. 9 ottobre 1997, n. 431, recante "Regolamento sulla disciplina delle patenti nautiche" (pubblicato nella Gazzetta Ufficiale del 17 dicembre 1997), affinchè la Corte costituzionale dichiari che non spetta allo Stato trasferire alla Regione -con regolamento- le funzioni previste in tale atto e ne ha chiesto l'annullamento limitatamente alle disposizioni dell'art. 28, commi 2, 3 e 5, e -"per quanto possa occorrere"- dell'art. 33.

La Regione premette che il d.P.R. 9 ottobre 1997, n. 431 introduce una specifica "Disciplina delle scuole nautiche", inesistente nel previgente assetto della materia, nel quale l'insegnamento nautico era impartito da "istruttori" autorizzati dalle Autorità marittime. In particolare, il regolamento impugnato, previsto dall'art. 15, comma 1, del d.lgs. 14 agosto 1996, n. 436, dispone che "Le scuole nautiche sono soggette ad autorizzazione e vigilanza amministrativa da parte della regione del luogo in cui hanno la sede principale" (art. 28, comma 2) e che "la competente regione provvede al rilascio dell'autorizzazione (¼ ) previo accertamento dell'esistenza di idonei locali, delle attrezzature marinaresche, degli strumenti e mezzi nautici e del materiale didattico necessario per le esercitazioni teoriche e pratiche" (art. 28, comma 3).

2. - La Regione sostiene che l’atto vulnera la propria sfera di attribuzioni costituzionalmente garantita, stabilita dagli artt. da 3 a 6 dello statuto speciale di autonomia, anzitutto perchè dette attribuzioni sono modificabili soltanto con norme costituzionali e, quindi, deve ritenersi illegittimo il loro ampliamento quale disposto dall’art. 28 del d.P.R. n. 431 del 1997 e che essa ricorrente espressamente "rifiuta (¼ ), sollevando il conflitto <negativo>". Inoltre perchè, a suo avviso, l’adeguamento dell'organizzazione degli uffici reso necessario dall’espletamento dei nuovi compiti interferisce direttamente con le competenze legislative ed amministrative di tipo esclusivo attribuitele dagli artt. 3 lettera a) e 6 dello statuto nella materia e quindi, di riflesso, lede anche la propria autonomia finanziaria e di bilancio garantita dagli artt. 7 e 8 dello statuto e 116 e 119 della Costituzione.

Secondo la ricorrente, un ulteriore vizio dell’atto in parte qua, deriva dalla circostanza che esso é privo di base legale, in quanto non é espressamente previsto dall'art. 15 del d.lgs. 14 agosto 1996, n. 436, e nemmeno dalla legge di delegazione 6 febbraio 1996, n. 52 e dalla direttiva 94/25/CEE che, con quest’ultima legge, é stata recepita nell’ordinamento statale.

In ogni caso, prosegue la Regione, l’art. 15 del d.lgs. n. 436 del 1996 deve comunque ritenersi costituzionalmente illegittimo, in primo luogo perchè -"in base ai principi costituzionali"- soltanto la "legge formale" può "delegificare" una determinata materia; inoltre, perchè la legge di delegazione non ha attribuito al Governo il potere di procedere alla delegificazione; infine, perchè il decreto legislativo neppure ha direttamente realizzato un tale effetto, ma ha addirittura previsto che l’abrogazione delle disposizioni legislative incompatibili sia realizzata con un regolamento.

3. - La ricorrente, in linea gradata, sostiene che l’illegittimità dell’atto non può essere esclusa neppure qualora si ritenga che l'art. 28 del regolamento in esame abbia soltanto delegato l’espletamento dei compiti di autorizzazione e vigilanza sulle scuole nautiche, che restano però di competenza statale. Ed infatti, a suo avviso, in virtù delle disposizioni degli artt. 6 dello statuto di autonomia speciale e 118, secondo comma, della Costituzione, siffatta delega può essere attuata soltanto mediante atti legislativi emanati all’esito dell’espletamento della procedura "paritetica" ex art. 56 dello statuto in questione.

4. - Nel corso del giudizio é entrato in vigore il d.lgs. 31 marzo 1998, n. 112, che ha attribuito alle province le funzioni relative alla "autorizzazione e vigilanza tecnica sull'attività svolta (¼ ) dalle scuole nautiche" [art. 105, comma 3, lettera a)]. Con riferimento a tale atto, in prossimità dell'udienza pubblica, la Regione Sardegna ha depositato una memoria illustrativa della tesi secondo la quale é ancora attuale l'interesse alla affermazione di non spettanza allo Stato del potere esercitato con l'atto regolamentare impugnato.

5. - All'udienza pubblica il difensore della Regione ha insistito per l’accoglimento del ricorso.

Considerato in diritto

1. - Il conflitto di attribuzione proposto, con il ricorso in epigrafe, dalla Regione Sardegna nei confronti dello Stato riguarda gli artt. 28, commi 2, 3 e 5, e 33 del d.P.R. 9 ottobre 1997, n. 431, recante "Regolamento sulla disciplina delle patenti nautiche". In particolare, sarebbe lesivo degli artt. 3-6 dello statuto speciale, nonchè degli artt. 116 e 119 della Costituzione, il conferimento alla Regione medesima delle funzioni di "autorizzazione e vigilanza amministrativa" delle scuole nautiche e dei relativi compiti amministrativi, in quanto determinerebbe "un abusivo ampliamento delle attribuzioni (...) spettanti alla Regione autonoma Sardegna che (...) rifiuta tali attribuzioni sollevando il conflitto <<negativo>>" in oggetto.

2. - Successivamente alla proposizione del predetto ricorso é entrato in vigore il d.lgs. 31 marzo 1998, n. 112 (Conferimento di funzioni e compiti amministrativi dallo Stato alle regioni ed agli enti locali, in attuazione del capo I della legge 15 marzo 1997, n. 59), il cui art. 105, comma 3, stabilisce che "sono attribuite alle province, ai sensi del comma 2 dell'art. 4 della legge 15 marzo 1997, n. 59 le funzioni relative: a) alla autorizzazione e vigilanza tecnica sull'attività svolta (...) dalle scuole nautiche" e, al comma 6, aggiunge che "per lo svolgimento di compiti conferiti in materia di diporto nautico (...) gli enti locali si avvalgono degli uffici delle capitanerie di porto".

La sopravvenienza di queste disposizioni, che innovano la disciplina in questione in senso conforme alla pretesa della ricorrente, profila dunque un quadro di cessazione della materia del contendere in ordine alle norme impugnate.

La Regione Sardegna sostiene tuttavia, nella memoria depositata in prossimità dell'udienza, che le disposizioni legislative sopravvenute non l'avrebbero sollevata, quanto meno, dagli adempimenti organizzativo-burocratici relativi alla vigilanza "amministrativa" sulle scuole nautiche, che le resterebbe attribuita in base al contestato art. 28 del d.P.R. n. 431 del 1997. Non si sarebbe quindi verificato il presupposto per dar luogo alla cessazione della materia del contendere.

La tesi svolta dalla ricorrente non può però essere accolta, in quanto trascura, nell'interpretazione del predetto art. 105, comma 3, lettera a), di considerare una serie di principi, che si ricavano da norme sia dello stesso decreto legislativo delegato n. 112 del 1998, sia della relativa legge di delegazione n. 59 del 1997, alla cui luce va appunto interpretato il complessivo conferimento di funzioni e di compiti alle regioni e agli enti locali.

In proposito, innanzi tutto, va preso in considerazione l'art. 1, comma 2, del d.lgs. n. 112, secondo cui il trasferimento comprende le funzioni di organizzazione e le attività connesse e strumentali all'esercizio delle funzioni e dei compiti conferiti, quali, tra gli altri, quelli di vigilanza. Va poi considerato l'art. 3, comma 7, del d.lgs. n. 112, che stabilisce che il conferimento delle funzioni e dei compiti, salvo espressa riserva allo Stato, ha carattere onnicomprensivo. Infine appare rilevante l'art. 4, comma 3, lettere e) ed f) della legge n. 59 del 1997, che prescrive che la generale attribuzione di funzioni e compiti anche alle province avvenga nel rispetto dei principi, tra gli altri, di responsabilità ed unicità dell'amministrazione, nonchè di omogeneità. Il principio di responsabilità ed unicità dell'amministrazione impone l'attribuzione ad un unico soggetto delle funzioni e dei compiti connessi, strumentali e complementari, e cioé l'identificabilità in capo ad un unico soggetto della responsabilità di ciascun servizio o attività amministrativa; mentre il principio di omogeneità impone di tener conto delle funzioni già esercitate con l'attribuzione di funzioni e compiti omogenei allo stesso livello di governo.

Il complessivo canone interpretativo che si ricava dalle norme citate induce dunque a ritenere che il conferimento alle province delle funzioni e dei compiti operato dal citato art. 105 sia tale da escludere che in capo alla regione ricorrente residuino comunque attribuzioni contestate con il ricorso per conflitto "negativo", nonchè i relativi adempimenti organizzativo-burocratici. Si deve pertanto far luogo alla dichiarazione di cessazione della materia del contendere, essendo sopravvenute, in pendenza di conflitto fra enti, disposizioni legislative satisfattive della pretesa vantata o comunque pienamente innovative della disciplina controversa.

PER QUESTI MOTIVI

LA CORTE COSTITUZIONALE

dichiara cessata la materia del contendere in ordine al conflitto di attribuzione sollevato dalla Regione Sardegna nei confronti dello Stato con il ricorso indicato in epigrafe.

Così deciso in Roma, nella sede della Corte costituzionale, Palazzo della Consulta, il 14 luglio 1998.

Presidente: Giuliano VASSALLI

Relatore: Piero Alberto CAPOTOSTI

Depositata in cancelleria il 24 luglio 1998.