Ordinanza n. 299/98

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ORDINANZA N.299

ANNO 1998

 

REPUBBLICA ITALIANA

IN NOME DEL POPOLO ITALIANO

LA CORTE COSTITUZIONALE

composta dai signori Giudici:

- Prof.    Giuliano VASSALLI, Presidente

- Prof.    Francesco GUIZZI   

- Prof.    Cesare MIRABELLI

- Prof.    Fernando SANTOSUOSSO 

- Avv.    Massimo         VARI 

- Dott.   Cesare RUPERTO    

- Dott.   Riccardo CHIEPPA  

- Prof.    Gustavo ZAGREBELSKY  

- Prof.    Valerio ONIDA        

- Prof.    Carlo MEZZANOTTE         

- Avv.    Fernanda CONTRI   

- Prof.    Guido NEPPI MODONA    

- Prof.    Piero Alberto CAPOTOSTI 

- Prof.    Annibale MARINI    

ha pronunciato la seguente

ORDINANZA

nel giudizio di legittimità costituzionale dell’art. 649, secondo comma, del codice penale, promosso con ordinanza emessa il 3 novembre 1997 dal Pretore di Roma nel procedimento penale a carico di Costantina Capotondi, iscritta al n. 893 del registro ordinanze 1997 e pubblicata nella Gazzetta Ufficiale della Repubblica n. 2, prima serie speciale, dell’anno 1998.

  Visto l’atto di intervento del Presidente del Consiglio dei ministri;

  udito nella camera di consiglio del 20 maggio 1998 il Giudice relatore Gustavo Zagrebelsky.     

  Ritenuto che il Pretore di Roma, con ordinanza del 3 novembre 1997 emessa nel corso di un giudizio penale in fase dibattimentale, ha sollevato, in riferimento all’art. 3 della Costituzione, questione di legittimità costituzionale dell’art. 649, secondo comma, del codice penale, nella parte in cui, prevedendo la procedibilità a querela per i delitti contro il patrimonio commessi in danno - tra altre ipotesi - del coniuge legalmente separato, non stabilisce la medesima regola per il caso di reato commesso in danno del coniuge divorziato;

  che ad avviso del giudice rimettente la condizione di coniuge separato e quella di ex-coniuge (divorziato) devono ritenersi analoghe, in relazione alla ratio della disposizione impugnata, che intende affidare all’iniziativa della parte offesa la scelta di avanzare istanza punitiva allorchè la stessa sia stata precedentemente legata all’autore del reato da un rapporto coniugale;

  che la mancata estensione della speciale disciplina all’ipotesi anzidetta configurerebbe pertanto una ingiustificata disparità di trattamento di situazioni assimilabili, in violazione dell’invocato principio di uguaglianza;

  che la questione sollevata é rilevante - conclude il rimettente - perchè dal suo accoglimento discenderebbe, in rapporto al reato dedotto nel processo, una declaratoria di improcedibilità per mancanza di querela, allo stato non adottabile;

  che é intervenuto in giudizio il Presidente del Consiglio dei ministri, rappresentato e difeso dall’Avvocatura generale dello Stato, che, argomentando in senso contrario rispetto all’asserita analogia delle situazioni poste a raffronto dal giudice a quo, ha concluso per una declaratoria di infondatezza della questione.

  Considerato che la richiesta del rimettente, di ricomprendere nell’ambito della disposizione dell’art. 649, secondo comma, cod. pen. in tema di procedibilità a querela per i delitti contro il patrimonio anche il caso della parte offesa che sia il coniuge divorziato dell’autore del fatto di reato, si basa sull’assunto dell’assimilabilità di questo caso a quello, preso a termine di raffronto, del coniuge legalmente separato, per il quale vale la regola della procedibilità a querela;

  che, in contrario, deve osservarsi che l’anzidetta assimilazione non può riconoscersi, una volta che la legge penale dia rilievo giuridico, ai fini del regime di procedibilità di un’intera categoria di reati, alla relazione in atto che intercorre tra agente e parte offesa, giacchè in un caso - la separazione personale - permane il vincolo matrimoniale, nell’altro - il divorzio - il vincolo matrimoniale é "sciolto" (art. 149 cod. civ.; art. 1 della legge 1° dicembre 1970, n. 898);

  che tale basilare distinzione é sufficiente nel senso di far considerare non irragionevole nè discriminatoria la disciplina impugnata, che risulta coerente con una più generale linea di diversificazione degli aspetti penali connessi, rispettivamente, alla separazione personale e al divorzio che questa Corte ha già riconosciuto essere non arbitraria e dunque non censurabile in rapporto al parametro invocato (sentenza n. 325 del 1995, punto 4 del diritto; sentenza n. 472 del 1989, punto 3 del diritto);

  che, alla stregua delle osservazioni che precedono, una volta caduta la premessa dell’omologazione tra le ipotesi dedotte, viene meno di conseguenza la censura di disparità di trattamento tra le stesse ipotesi, e pertanto la questione sollevata deve essere dichiarata manifestamente infondata.

  Visti gli artt. 26, secondo comma, della legge 11 marzo 1953, n. 87, e 9, secondo comma, delle norme integrative per i giudizi davanti alla Corte costituzionale.

PER QUESTI MOTIVI

LA CORTE COSTITUZIONALE

  dichiara la manifesta infondatezza della questione di legittimità costituzionale dell’art. 649, secondo comma, del codice penale, sollevata, in riferimento all’art. 3 della Costituzione, dal Pretore di Roma, con l’ordinanza indicata in epigrafe.

Così deciso in Roma, nella sede della Corte costituzionale, Palazzo della Consulta, il 7 luglio 1998.

Presidente: Giuliano VASSALLI

Redattore: Gustavo ZAGREBELSKY

Depositata in cancelleria il 18 luglio 1998.