Ordinanza n. 257/98

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ORDINANZA N.257

ANNO 1998

 

REPUBBLICA ITALIANA

IN NOME DEL POPOLO ITALIANO

LA CORTE COSTITUZIONALE

composta dai signori Giudici:

- Prof. Giuliano VASSALLI, Presidente

- Prof. Francesco GUIZZI

- Prof. Cesare MIRABELLI

- Prof. Fernando SANTOSUOSSO

- Avv. Massimo VARI

- Dott. Cesare RUPERTO

- Dott. Riccardo CHIEPPA

- Prof. Gustavo ZAGREBELSKY

- Prof. Valerio ONIDA

- Prof. Carlo MEZZANOTTE

- Avv. Fernanda CONTRI

- Prof. Guido NEPPI MODONA         

- Prof. Piero Alberto CAPOTOSTI    

- Prof. Annibale MARINI

ha pronunciato la seguente

ORDINANZA

nel giudizio di legittimità costituzionale dell’art. 3, comma 1, lettera e), della legge della Regione Siciliana 19 giugno 1991, n. 38 (Nuove disposizioni per la disciplina dello stato giuridico ed economico del personale dell’Amministrazione regionale e per la contrattazione decentrata a livello regionale) promosso con ordinanza emessa l’11 giugno 1997 dal T.A.R. della Sicilia sul ricorso proposto dalla Federazione provinciale lavoratori funzione pubblica-CGIL ed altra contro la Regione Siciliana ed altro, iscritta al n. 857 del registro ordinanze 1997 e pubblicata nella Gazzetta Ufficiale della Repubblica n. 52, prima serie speciale, dell’anno 1997.

  Visto l’atto di costituzione della Regione Siciliana;

  udito nell’udienza pubblica del 16 giugno 1998 il Giudice relatore Fernanda Contri;

  uditi gli avvocati Francesco Torre e Giovanni Lo Bue per la Regione Siciliana.

  Ritenuto che, con ricorso al TAR della Sicilia, proposto - ex art. 28, settimo comma, della legge 20 maggio 1970, n. 300 (Norme sulla tutela della libertà e dignità dei lavoratori, della libertà sindacale e dell’attività sindacale nei luoghi di lavoro e norme sul collocamento) - contro la Regione Siciliana e l’Assessorato regionale alla Presidenza della Regione Siciliana, le Federazioni provinciale e regionale Lavoratori Funzione Pubblica (C.G.I.L.) impugnavano la nota con la quale il Direttore regionale, in data 8 marzo 1997, unilateralmente disponeva una nuova articolazione dell’orario di lavoro per il personale delle Direzioni regionali della programmazione e per i rapporti extraregionali;

che nel giudizio a quo le organizzazioni sindacali ricorrenti lamentano la violazione - ad opera della nota impugnata - dell’art. 3, comma 1, lettera e), della legge della Regione Siciliana 19 giugno 1991, n. 38 (Nuove disposizioni per la disciplina dello stato giuridico ed economico del personale dell’Amministrazione regionale e per la contrattazione decentrata a livello regionale), che devolve alla contrattazione collettiva la materia dell’"orario di lavoro" del personale regionale, "la sua durata e distribuzione, i procedimenti di rispetto";

che il TAR della Sicilia, Sezione I, dubita della legittimità costituzionale dell’art. 3, comma 1, lettera e), della citata legge della Regione Siciliana 19 giugno 1991, n. 38, nella parte in cui devolve ad accordi sindacali (accanto ad altri aspetti dell’organizzazione del lavoro presso l’Amministrazione regionale e del rapporto di impiego) la regolamentazione dell’orario di lavoro del personale dell’amministrazione regionale, giacchè, ad avviso del collegio rimettente, la disciplina impugnata contrasterebbe con l’art. 14 dello statuto della Regione Siciliana, in relazione alle norme fondamentali di riforma economico-sociale di cui all’art. 2 della legge 23 ottobre 1992, n. 421 (Delega al Governo per la razionalizzazione e la revisione delle discipline in materia di sanità, di pubblico impiego, di previdenza e di finanza territoriale), il quale - nella lettura offertane dal giudice a quo, anche alla luce del decreto legislativo 3 febbraio 1993, n. 29 (Razionalizzazione dell’organizzazione delle amministrazioni pubbliche e revisione della disciplina in materia di pubblico impiego, a norma dell’art. 2 della legge 23 ottobre 1992, n. 421) - valorizza le funzioni dirigenziali, con l’attribuzione ai dirigenti dei poteri organizzativi e di gestione del personale, ridimensionando la partecipazione sindacale alla funzione organizzativa dell’attività lavorativa, come emergerebbe in modo particolare dalle previsioni della lettera a) e della lettera g), numero 1, dello stesso art. 2 della legge n. 421 del 1992 e dalla corrispondente disciplina recata dal citato decreto legislativo n. 29 del 1993.

Considerato che la legge 15 marzo 1997, n. 59 (Delega al Governo per il conferimento di funzioni e compiti alle regioni ed enti locali, per la riforma della pubblica amministrazione e per la semplificazione amministrativa) - anteriore all’emissione dell’ordinanza di rimessione, ma in essa non menzionata - prevede, all’art. 11, comma 6, talune modificazioni all’art. 2, comma 1, della legge n. 421 del 1992, ed al comma 4 dello stesso articolo richiama i princìpi contenuti nell’art. 2 della legge n. 421 del 1992, prevedendone l’integrazione, l’ulteriore svolgimento, e l’eventuale modifica da parte del legislatore delegato;

che tra i princìpi e criteri direttivi ai quali il legislatore delegato dovrà attenersi viene indicato l’obiettivo di completare l’integrazione della disciplina del lavoro pubblico con quella del lavoro privato e la conseguente estensione al primo delle disposizioni del codice civile e delle leggi sui rapporti di lavoro privato nell’impresa (lettera a), nonchè quello di prevedere procedure di consultazione delle organizzazioni sindacali firmatarie dei contratti collettivi dei relativi comparti prima dell’adozione degli atti interni di organizzazione aventi riflessi sul rapporto di lavoro (lettera h);

che la disciplina dell’orario di lavoro nelle amministrazioni pubbliche, sotto il profilo della devoluzione di questa materia al potere di direzione e gestione dei dirigenti ovvero alla contrattazione collettiva, originariamente contenuta nel citato decreto legislativo 3 febbraio 1993, n. 29, ha subito anche successivamente all’emanazione dell’ordinanza di rimessione varie modificazioni;

che, in particolare, l’art. 1 del decreto legislativo 4 novembre 1997, n. 396 (Modificazioni al d.lgs 3 febbraio 1993, n. 29, in materia di contrattazione collettiva e di rappresentatività sindacale nel settore del pubblico impiego, a norma dell’articolo 11, commi 4 e 6, della legge 15 marzo 1997, n. 59), ha sostituito l’art. 45 del decreto legislativo n. 29 del 1993, il quale, al primo comma, prevede ora - senza l’aggiunta di precisazioni ulteriori - che "la contrattazione collettiva si svolge su tutte la materie relative al rapporto di lavoro ed alle relazioni sindacali";

che numerose modificazioni sono state introdotte dal recente decreto legislativo 31 marzo 1998, n. 80 (Nuove disposizioni in materia di organizzazione e di rapporti di lavoro nelle amministrazioni pubbliche, di giurisdizione nelle controversie di lavoro e di giurisdizione amministrativa, emanate in attuazione dell’articolo 11, comma 4, della legge 15 marzo 1997, n. 59) - anch’esso successivo all’emissione dell’ordinanza di rimessione - al decreto legislativo n. 29 del 1993, il quale, all’art. 1, comma 3 – nel testo modificato dall’art. 1, comma 2, del citato decreto n. 80 del 1998 – stabilisce che non solo i principi desumibili dall’art. 2 della legge 23 ottobre 1992, n. 421, bensì anche quelli di cui all’art. 11, comma 4, della legge 15 marzo 1997, n. 59, costituiscono, per le Regioni a statuto speciale e per le Province autonome, norme fondamentali di riforma economico-sociale della Repubblica;

che il decreto legislativo n. 80 del 1998 (artt. 11 e 12) ha modificato i menzionati artt. 16 e 17 del decreto legislativo n. 29 del 1993, sopprimendo l’esplicito riferimento - in sede di disciplina delle funzioni dirigenziali - alla materia dell’orario di servizio e dell’articolazione dell’orario di lavoro, ed includendo tra le funzioni dei dirigenti di uffici dirigenziali generali (art. 16, comma 1, lettera h) "le attività di organizzazione e gestione del personale e di gestione dei rapporti sindacali e di lavoro" e, tra le funzioni dei dirigenti (art. 17, comma 1, lettera e), "la gestione del personale ... assegnato ai propri uffici";

che l’art. 43 del decreto legislativo n. 80 del 1998 ha altresì abrogato il comma 2 dell’art. 45 del decreto legislativo n. 29 del 1993, il quale stabiliva che "gli atti interni di organizzazione aventi riflessi sui rapporti di lavoro formano oggetto delle procedure di informazione e di esame regolate dall’art. 10 e dai contratti collettivi";

che le numerose integrazioni ed innovazioni normative sopravvenute all’emissione dell’ordinanza di rinvio - riguardanti tanto l’estensione dell’area rimessa alla contrattazione collettiva quanto l’ampiezza delle funzioni e delle responsabilità dirigenziali - hanno modificato in modo significativo il quadro normativo complessivo dal quale il Collegio rimettente desume le norme fondamentali di riforma economico-sociale che si assumono violate dalla legge regionale denunciata;

che la complessa disciplina sopravvenuta appare suscettibile di incidere sulla questione di costituzionalità sottoposta all’esame di questa Corte, essendo state modificate ed integrate le disposizioni assunte dal collegio rimettente a termine di raffronto della illegittimità costituzionale della disposizione impugnata;

che, pertanto, gli atti vanno restituiti al giudice a quo, al quale spetta valutare l’incidenza dello ius superveniens nel giudizio pendente davanti ad esso.

PER QUESTI MOTIVI

LA CORTE COSTITUZIONALE

ordina la restituzione degli atti al Tribunale amministrativo regionale della Sicilia, Sezione I.

Così deciso in Roma, nella sede della Corte costituzionale, Palazzo della Consulta, il 30 giugno 1998.

Presidente: Giuliano VASSALLI

Redattore: Fernanda CONTRI

Depositata in cancelleria il 9 luglio 1998.