Ordinanza n. 194/98

 CONSULTA ONLINE 

ORDINANZA N.194

ANNO 1998

 

REPUBBLICA ITALIANA

IN NOME DEL POPOLO ITALIANO

LA CORTE COSTITUZIONALE

composta dai signori Giudici:

- Dott.   Renato GRANATA, Presidente

- Prof.    Giuliano VASSALLI

- Prof.    Francesco GUIZZI   

- Prof.    Cesare MIRABELLI

- Avv.    Massimo VARI

- Dott.   Cesare RUPERTO    

- Dott.   Riccardo CHIEPPA  

- Prof.    Gustavo ZAGREBELSKY  

- Prof.    Valerio ONIDA        

- Prof.    Carlo MEZZANOTTE         

- Avv.    Fernanda CONTRI   

- Prof.    Guido NEPPI MODONA    

- Prof.    Piero Alberto CAPOTOSTI

- Prof.    Annibale MARINI    

ha pronunciato la seguente

ORDINANZA

nel giudizio di legittimità costituzionale del decreto legge 23 ottobre 1996, n. 553 (Disposizioni in tema di incompatibilità dei magistrati e di proroga dell'utilizzazione per finalità di detenzione degli istituti penitenziari di Pianosa e dell'Asinara), promosso con ordinanza emessa il 13 novembre 1996 dal Tribunale di Messina, iscritta al n. 872 del registro ordinanze 1997 e pubblicata nella Gazzetta Ufficiale della Repubblica n. 53, prima serie speciale, dell'anno 1997.

  Visto l'atto di intervento del Presidente del Consiglio dei ministri;

  udito nella camera di consiglio del 6 maggio 1998 il Giudice relatore Valerio Onida;

Ritenuto che, con ordinanza emessa il 13 novembre 1996, pervenuta a questa Corte il 4 dicembre 1997 (R.O. n. 872 del 1997), il Tribunale di Messina ha sollevato questione di legittimità costituzionale, in riferimento all'art. 77 della Costituzione, del decreto legge 23 ottobre 1996, n. 553 (Disposizioni in tema di incompatibilità dei magistrati e di proroga dell'utilizzazione per finalità di detenzione degli istituti penitenziari di Pianosa e dell'Asinara);

che il Tribunale remittente, investito di un procedimento penale nei confronti di otto imputati la cui posizione era stata separata da quella degli altri imputati di un preesistente procedimento a seguito della astensione per incompatibilità di due magistrati che componevano il collegio giudicante, afferma di essere chiamato, a seguito delle richieste formulate dal pubblico ministero e dalle altre parti, a fare immediata applicazione di disposizioni contenute nel decreto legge n. 553 del 1996, concernenti la salvezza della efficacia degli atti compiuti prima dell'accoglimento della dichiarazione di astensione (art. 1, comma 2, primo periodo, del decreto legge citato), la previsione della utilizzabilità dei medesimi atti mediante la sola lettura o mediante l’indicazione a norma dell’art. 511, comma 5, cod. proc. pen. (art. 1, comma 2), la sospensione dei termini di custodia cautelare (art. 1, commi 3, 4, 5), considerata dal collegio ai fini della determinazione dei termini di fase, altrimenti già scaduti per due degli imputati;

che, secondo il giudice a quo, il decreto legge n. 553 del 1996 costituirebbe mera reiterazione di precedenti decreti legge non convertiti, e da ultimo del decreto legge 6 settembre 1996, n. 464, non essendo esclusa la reiterazione dal fatto che il decreto legge impugnato ha espressamente disposto l'abrogazione dell'intero precedente decreto n. 464 del 1996, quando questo era ancora in vigore, pedissequamente ricalcandone poi il contenuto;

che pertanto esso sarebbe in contrasto con l'art. 77 della Costituzione, per le ragioni messe in luce dalla sentenza n. 360 del 1996 di questa Corte, che ha chiarito come sia costituzionalmente preclusa la riproduzione in un nuovo decreto delle disposizioni di quello decaduto per mancata conversione, senza contenuti sostanzialmente diversi o senza nuovi presupposti giustificativi di natura straordinaria;

che é intervenuto nel giudizio il Presidente del Consiglio, chiedendo che la questione sia dichiarata inammissibile, sull'assunto che la sopravvenuta conversione in legge del decreto – con la legge 23 dicembre 1996, n. 652 – sanerebbe ogni vizio di legittimità del decreto stesso, in virtù della ricezione del suo contenuto in un provvedimento che esprime la volontà sovrana del Parlamento.

Considerato che il decreto legge impugnato é stato convertito dalla soppravvenuta legge 23 dicembre 1996, n. 652, con modifiche che non interessano le disposizioni considerate dal giudice a quo;

che la questione é sollevata con esclusivo riferimento alla violazione dell'art. 77 della Costituzione discendente dalla reiterazione di precedenti decreti legge non convertiti, senza prospettare alcun altro profilo di illegittimità, nè affermare la mancanza originaria dei presupposti di costituzionalità per il ricorso alla decretazione d’urgenza;

che il denunciato vizio derivante dalla reiterazione del contenuto di precedenti decreti legge, in assenza di nuovi e soppravvenuti motivi di necessità e di urgenza – vizio che si sostanzia nella elusione del termine costituzionale di efficacia del decreto legge –, é sanato dalla intervenuta conversione in legge, con la quale le Camere hanno assunto come propri i contenuti della disciplina adottata dal Governo (sentenza n. 360 del 1996);

che, pertanto, la questione deve ritenersi manifestamente inammissibile.

  Visti gli artt. 26, secondo comma, della legge 11 marzo 1953, n. 87, e 9, secondo comma, delle norme integrative per i giudizi davanti alla Corte costituzionale.

PER QUESTI MOTIVI

LA CORTE COSTITUZIONALE

dichiara la manifesta inammissibilità della questione di legittimità costituzionale del decreto legge 23 ottobre 1996, n. 553 (Disposizioni in tema di incompatibilità dei magistrati e di proroga dell'utilizzazione per finalità di detenzione degli istituti penitenziari di Pianosa e dell'Asinara), sollevata, in riferimento all'art. 77 della Costituzione, dal Tribunale di Messina con l'ordinanza in epigrafe.

Così deciso in Roma, nella sede della Corte costituzionale, Palazzo della Consulta, il 20 maggio 1998.

Presidente: Renato GRANATA

Redattore: Valerio ONIDA

Depositata in cancelleria il 26 maggio 1998.