Ordinanza n. 193/98

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ORDINANZA N.193

ANNO 1998

 

REPUBBLICA ITALIANA

IN NOME DEL POPOLO ITALIANO

LA CORTE COSTITUZIONALE

composta dai signori Giudici:

- Dott. Renato GRANATA, Presidente

- Prof. Giuliano VASSALLI

- Prof. Francesco GUIZZI

- Prof. Cesare MIRABELLI  

- Avv. Massimo VARI

- Dott. Cesare RUPERTO  

- Dott. Riccardo CHIEPPA  

- Prof. Gustavo ZAGREBELSKY  

- Prof. Valerio ONIDA

- Prof. Carlo MEZZANOTTE  

- Avv. Fernanda CONTRI

- Prof. Guido NEPPI MODONA  

- Prof. Piero Alberto CAPOTOSTI  

- Prof. Annibale MARINI

ha pronunciato la seguente

ORDINANZA

nei giudizi di legittimità costituzionale degli artt. 51, comma 1, numero 4, e 669-octies del codice di procedura civile, promossi con n. 2 ordinanze emesse il 6 ed il 17 ottobre 1997 dal Giudice istruttore del Tribunale di Torino nei procedimenti civili vertenti tra Geuna Giuseppe ed altri e Bulgarello Sergio e tra l'Azienda Agricola "La Meridiana" e il Caseificio Centro Latte Centallo S.r.l. ed altra, iscritte ai numeri 826 e 886 del registro ordinanze 1997 e pubblicate nella Gazzetta Ufficiale della Repubblica n. 48, prima serie speciale, dell'anno 1997 e n. 2, prima serie speciale, dell'anno 1998.

  Visti gli atti di intervento del Presidente del Consiglio dei ministri;

  udito nella camera di consiglio del 6 maggio 1998 il Giudice relatore Cesare Ruperto.

  Ritenuto che due Giudici istruttori presso il Tribunale di Torino - designati dal Presidente di quel Tribunale per l'istruzione di altrettanti giudizi di merito, instaurati dagli attori a séguito della concessione ante causam di provvedimenti cautelari atipici ex art. 700 del codice di procedura civile - hanno sollevato, con ordinanze emesse il 6 ed il 17 ottobre 1997, questione di legittimità costituzionale dell'art. 51, primo comma, numero 4, del codice di procedura civile, "nella parte in cui non prevede che il giudice abbia l'obbligo di astenersi allorchè abbia conosciuto della causa in sede di procedimento cautelare proposto anteriormente al giudizio di merito", ovvero del successivo art. 669-octies, "nella parte in cui non prevede (con disposizione analoga a quella contenuta nel secondo comma dell'art. 669-terdecies) una specifica causa di incompatibilità alla trattazione e decisione del giudizio di merito costituita dall'aver conosciuto della controversia nella fase del procedimento cautelare introdotto prima dell'inizio della causa di merito";

  che, secondo i rimettenti, sarebbero trasponibili nel processo civile, in quanto delineate intorno al caposaldo dell'imparzialità-terzietà del giudice, le affermazioni generali fatte da questa Corte circa la "forza di prevenzione", e pertanto le denunciate norme si porrebbero in contrasto con l'art. 24 della Costituzione;

  che infatti vi sarebbe l'assunzione, da parte del giudice in sede cautelare, di vere e proprie valutazioni sulla medesima res judicanda, non limitate alla mera conoscenza dei fatti ma riferite ad aspetti sostanziali della situazione giuridica controversa; e ciò potrebbe di fatto pregiudicare, o anche solo fare apparire pregiudicata, l'imparzialità del giudice stesso, riferita all'attività decisoria nel successivo ed autonomo giudizio di merito;

  che, in entrambi i giudizi, é intervenuto il Presidente del Consiglio dei ministri, rappresentato e difeso dall'Avvocatura generale dello Stato, la quale ha concluso per l'inammissibilità ovvero per l'infondatezza delle sollevate questioni.

  Considerato che - trattando questioni identiche, sollevate con riguardo alle stesse disposizioni di legge e con riferimento al medesimo parametro di costituzionalità - i giudizi possono essere riuniti e congiuntamente decisi;

  che, con sentenza n. 326 del 1997 (successiva alle ordinanze di rimessione), questa Corte ha già dichiarato non fondata analoga questione, affermando che la netta distinzione fra gli atti del processo civile - informato al principio dispositivo, svolgentesi attraverso il contraddittorio tra le parti, su un piano di "parità delle armi" - e quelli del processo penale - essenzialmente finalizzato all'accertamento del fatto ascritto all'imputato, la cui posizione viene costantemente assistita dal favor rei - non consente di ravvisare, al di là di una mera suggestione lessicale, l'asserito parallelismo supposto dai rimettenti in ordine all'applicabilità degli istituti di incompatibilità soggettiva nella materia cautelare;

  che, in particolare, la Corte ha osservato come i provvedimenti cautelari adottati dal giudice civile - aventi carattere strumentale, rispetto non già al merito della causa, bensì alla realizzazione del diritto da accertare in tale sede - costituiscono espressione del principio, secondo cui ogni situazione giuridica deve poter trovare un suo momento cautelare, che non porta ad esprimere una "valutazione contenutistica" su fatti aventi rilevanza nella causa di merito; aggiungendo che il successivo giudizio civile di merito non é descrivibile in termini di revisio prioris instantiae, operata sulla medesima res judicanda, dovendosi escludere che la decisione espressa sulla domanda cautelare possa configurarsi come ragione di condizionamenti suscettibili di minare l'imparzialità del giudice;

  che tali considerazioni assumono valenza generale, estensibile anche al censurato art. 669-octies cod. proc. civ.;

  che, dunque, in assenza di ulteriori motivi offerti dai rimettenti a sostegno dei denunciati vizi di illegittimità costituzionale, le questioni devono essere dichiarate manifestamente infondate.

  Visti gli artt. 26, secondo comma, della legge 11 marzo 1953, n. 87, e 9, secondo comma, delle norme integrative per i giudizi davanti alla Corte costituzionale.

PER QUESTI MOTIVI

LA CORTE COSTITUZIONALE

  riuniti i giudizi,

  dichiara la manifesta infondatezza delle questioni di legittimità costituzionale degli artt. 51, primo comma, numero 4, e 669-octies del codice di procedura civile, sollevate, in riferimento all'art. 24 della Costituzione, dal Giudice istruttore del Tribunale di Torino con le ordinanze indicate in epigrafe.

Così deciso in Roma, nella sede della Corte costituzionale, Palazzo della Consulta, il 20 maggio 1998.

Presidente: Renato GRANATA

Redattore: Cesare RUPERTO

Depositata in cancelleria il 26 maggio 1998.