Ordinanza n. 171/98

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ORDINANZA N.171

ANNO 1998

 

REPUBBLICA ITALIANA

IN NOME DEL POPOLO ITALIANO

LA CORTE COSTITUZIONALE

composta dai signori Giudici:

- Dott.   Renato GRANATA, Presidente

- Prof.    Giuliano VASSALLI           

- Prof.    Francesco GUIZZI   

- Prof.    Cesare MIRABELLI              

- Prof.    Fernando SANTOSUOSSO  

- Avv.    Massimo VARI         

- Dott.   Cesare RUPERTO    

- Dott.   Riccardo CHIEPPA  

- Prof.    Gustavo ZAGREBELSKY

- Prof.    Valerio ONIDA        

- Prof.    Carlo MEZZANOTTE         

- Avv.    Fernanda CONTRI   

- Prof.    Guido NEPPI MODONA    

- Prof.    Piero Alberto CAPOTOSTI 

- Prof.    Annibale MARINI    

ha pronunciato la seguente

ORDINANZA

nei giudizi di legittimità costituzionale degli articoli 34, 431 e 566 del codice di procedura penale e dell’art. 138 del decreto legislativo 28 luglio 1989, n. 271 (Norme di attuazione, di coordinamento e transitorie del codice di procedura penale), promossi con n. 8 ordinanze emesse il 20 giugno, il 14 ed il 18 luglio, il 28 maggio 1997 dal Pretore di Roma, sezione distaccata di Tivoli, il 7 marzo, il 13 giugno ed il 18 aprile 1997 dal Pretore di Roma, sezione distaccata di Castelnuovo di Porto ed il 30 aprile 1997 dal Pretore di Roma, sezione distaccata di Tivoli, rispettivamente iscritte ai numeri 740, 741, 750, 796, 811, 812, 820 e 892 del registro ordinanze 1997 e pubblicate nella Gazzetta Ufficiale, della Repubblica numeri 44, 47 e 48, prima serie speciale, dell’anno 1997 e numero 2, prima serie speciale, dell’annmo 1998.

  Visti gli atti di intervento del Presidente del Consiglio dei ministri;

  udito nella camera di consiglio del 7 aprile 1998, il Giudice relatore Guido Neppi Modona.

  Ritenuto che con otto ordinanze di identico contenuto, nel corso di altrettanti procedimenti penali celebrati con giudizio direttissimo, il Pretore di Roma, sezione distaccata di Tivoli e sezione distaccata di Castelnuovo di Porto, ha sollevato questione di legittimità costituzionale degli articoli 34, 431, 566 del codice di procedura penale, e dell’articolo 138 del decreto legislativo 28 luglio 1989, n. 271 (Norme di attuazione, di coordinamento e transitorie del codice di procedura penale), in riferimento agli articoli 3, primo comma, 24, secondo comma, 25, primo comma e 27, secondo comma, della Costituzione;

  che le norme censurate violerebbero i suddetti principi costituzionali nella parte in cui non prescrivono che la relazione dell’ufficiale o dell’agente di polizia giudiziaria procedente e le dichiarazioni dell’imputato vengano assunte, in sede di convalida dell’arresto, nel rispetto delle forme dettate per la testimonianza e per l’esame dell’imputato nel dibattimento, nonchè nella parte in cui non prevedono l’inserimento di tali atti, acquisiti nelle forme indicate, nel fascicolo per il dibattimento;

  che, ad avviso del rimettente, il principio affermato dalla Corte costituzionale nelle numerose decisioni in tema di incompatibilità ex art. 34 cod. proc. pen. - secondo cui "una valutazione di contenuto sulla probabile fondatezza dell’accusa" anticipa il giudizio -, combinato con quanto affermato dalla stessa Corte (sentenza n. 177 del 1996) in riferimento al giudizio direttissimo avanti al pretore, allorchè ha escluso che la decisione sulla convalida dell’arresto e sulla misura cautelare determini l’incompatibilità del giudice chiamato a celebrare il dibattimento con il rito direttissimo, dovrebbe comportare che l’acquisizione degli elementi di valutazione nella fase della convalida avvenga nel rispetto delle forme e con le garanzie proprie della fase del giudizio: in particolare per quanto <<concerne i qualificanti momenti della cosiddetta relazione orale dell’ufficiale o agente di polizia giudiziaria procedente e della dichiarazione dell’arrestato che, a norma dell’articolo 566 cod. proc. pen., viene "sentito" ai fini della convalida>>;

  che infatti, secondo il giudice a quo, solamente rispettando le forme previste per il dibattimento potrebbe essere garantita la compatibilità di tali momenti con i parametri costituzionali rappresentati dagli articoli 3, 24, secondo comma, 25, primo comma, e 27, secondo comma, della Costituzione, così salvaguardandosi anche "l’aspetto della loro diretta utilizzabilità ai fini di giudizio";

  che il rimettente, premesso di aver già provveduto al giudizio di convalida e alla applicazione delle misure cautelari, motiva sulla rilevanza osservando che i giudizi - nel corso dei quali la questione é stata sollevata - sono proprio "nella fase dibattimentale conseguente alla convalida […], dove trovano applicazione le norme censurate";

  che é intervenuto nei vari giudizi il Presidente del Consiglio dei ministri, rappresentato e difeso dall’Avvocatura generale dello Stato, chiedendo, con distinti ma identici atti di intervento, che la questione sia dichiarata manifestamente infondata.

  Considerato che in relazione all’identico tenore delle ordinanze deve disporsi la riunione dei relativi giudizi;

  che identica questione é stata già dichiarata manifestamente inammissibile da questa Corte con ordinanza n. 301 del 1997 (e successivamente con le ordinanze n. 401 del 1997 e n. 59 del 1998), con la quale si é rilevato che la questione era stata sollevata nel corso del dibattimento, quando il rimettente aveva oramai già provveduto sulla convalida dell’arresto e sulla richiesta di misura cautelare, e che di conseguenza la questione, essendo volta a modificare le modalità di assunzione degli atti raccolti durante la fase della convalida dell’arresto, rispetto alla quale il giudice a quo aveva oramai esaurito la sua cognizione, difettava di rilevanza in relazione al giudizio di merito nell’ambito del quale, ancorchè in limine, era stata sollevata;

  che anche la questione oggetto dei presenti giudizi riuniti é stata sollevata dopo che il giudice a quo aveva già provveduto sulla convalida dell’arresto e sulla richiesta di misura cautelare, ed aveva già avuto inizio il dibattimento, sicchè essa, per le considerazioni sopra richiamate, difetta di rilevanza;

  che, pertanto, la questione deve essere dichiarata manifestamente inammissibile.

  Visti gli artt. 26, secondo comma, della legge 11 marzo 1953, n. 87, e 9, secondo comma, delle norme integrative per i giudizi davanti alla Corte costituzionale.

PER QUESTI MOTIVI

LA CORTE COSTITUZIONALE

  riuniti i giudizi,

  dichiara la manifesta inammissibilità della questione di legittimità costituzionale degli artt. 34, 431, 566 del codice di procedura penale e 138 del decreto legislativo 28 luglio 1989, n. 271 (Norme di attuazione, di coordinamento e transitorie del codice di procedura penale), sollevata, in riferimento agli artt. 3, primo comma, 24, secondo comma, 25, primo comma, e 27, secondo comma, della Costituzione, dal Pretore di Roma, sezione distaccata di Tivoli e sezione distaccata di Castelnuovo di Porto, con le ordinanze in epigrafe.

Così deciso in Roma, nella sede della Corte costituzionale, Palazzo della Consulta, il 6 maggio 1998.

Presidente: Renato GRANATA

Redattore: Guido NEPPI MODONA

Depositata in cancelleria il 13 maggio 1998.