Ordinanza n. 124/98

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ORDINANZA N.124

ANNO 1998

 

REPUBBLICA ITALIANA

IN NOME DEL POPOLO ITALIANO

LA CORTE COSTITUZIONALE

composta dai signori Giudici:

- Dott. Renato GRANATA, Presidente

- Prof. Giuliano VASSALLI

- Prof. Francesco GUIZZI

- Prof. Cesare MIRABELLI

- Prof. Fernando SANTOSUOSSO

- Avv. Massimo VARI

- Dott. Cesare RUPERTO

- Dott. Riccardo CHIEPPA

- Prof. Gustavo ZAGREBELSKY

- Prof. Valerio ONIDA

- Prof. Carlo MEZZANOTTE

- Avv. Fernanda CONTRI

- Prof. Guido NEPPI MODONA         

- Prof. Piero Alberto CAPOTOSTI    

- Prof. Annibale MARINI

ha pronunciato la seguente

ORDINANZA

nel giudizio di legittimità costituzionale dell’art. 7 del codice di procedura civile, come modificato dall’art. 17 della legge 21 novembre 1991, n. 374 (Istituzione del giudice di pace), promosso con ordinanza emessa il 20 febbraio 1997 dal Giudice di pace di Anzio nel procedimento civile vertente tra Mastroddi Antonietta e il Comune di Nettuno, iscritta al n. 413 del registro ordinanze 1997 e pubblicata nella Gazzetta Ufficiale della Repubblica n. 28, prima serie speciale, dell’anno 1997.

Visto l’atto di intervento del Presidente del Consiglio dei ministri;

  udito nella camera di consiglio dell’11 marzo 1998 il Giudice relatore Fernanda Contri.

  Ritenuto che nel corso di un procedimento civile, il Giudice di pace di Anzio ha sollevato, in riferimento agli artt. 3, 24 e 25 della Costituzione questione di legittimità costituzionale dell’art. 7, secondo comma, del codice di procedura civile, come modificato dall’art. 17 della legge 21 novembre 1991, n. 374, nella parte in cui non prevede la competenza del giudice di pace per le cause di risarcimento del danno conseguente alla circolazione di pedoni o animali, in relazione agli infortuni dovuti alle insidie e ai trabocchetti del manto stradale o dei marciapiedi;

  che secondo la prospettazione del rimettente la mancata attribuzione al giudice di pace della citata competenza determinerebbe violazione del principio di eguaglianza, del diritto di azione e del principio della precostituzione del giudice, per la diversa situazione processuale in cui si viene a trovare chi alla guida di un veicolo abbia subito un danno per le insidie del manto stradale, il quale può proporre al giudice di pace domanda risarcitoria nel limite di valore di trenta milioni, rispetto al pedone che subisce il medesimo danno, in quanto quest’ultimo può proporre innanzi allo stesso giudice domanda di valore non superiore a lire cinque milioni, o addirittura non può nemmeno proporre domanda, poichè il primo comma dell’art. 7 cod. proc. civ. non menziona le cause di risarcimento tra quelle attribuite alla competenza del giudice di pace;

che é intervenuto nel giudizio il Presidente del Consiglio dei ministri, rappresentato e difeso dall’Avvocatura dello Stato, il quale ha concluso per l’inammissibilità della questione, non essendone stata indicata la rilevanza nell’ambito della concreta fattispecie, o comunque per l’infondatezza della medesima, poichè il rimettente non ha richiamato una diversa normativa, regolante fattispecie simili, che possa fungere da tertium comparationis;

  che, inoltre, a parere dell’Avvocatura, qualora dall’esame complessivo dell’ordinanza si dovesse dedurre che il parametro invocato é l’art. 3 della Costituzione, stante la genericità del riferimento ai precetti costituzionali che si ritengono lesi, occorrerebbe sottolineare che la ripartizione delle competenze appartiene alla discrezionalità del legislatore, come del resto é stato affermato dalla Corte costituzionale in relazione al riparto della giurisdizione (ordinanza n. 507 del 1987).

Considerato che l’ordinanza di rimessione é del tutto priva di motivazione in ordine alla rilevanza della questione di legittimità costituzionale nel giudizio a quo;

  che difetta altresì l’indicazione, ancorchè sommaria, degli elementi idonei ad individuare la fattispecie concreta oggetto della controversia sottoposta all’esame del giudice rimettente;

  che, pertanto, non risultando osservata la prescrizione dell’art. 23 della legge 11 marzo 1953, n. 87, in forza della quale il giudice é tenuto ad indicare nell’ordinanza i termini e i motivi della rimessione, la questione deve essere dichiarata manifestamente inammissibile (tra le altre, ordinanze n. 415 e n. 62 del 1997).

  Visti gli artt. 26, secondo comma, della legge 11 marzo 1953, n. 87, e 9, secondo comma, delle norme integrative per i giudizi davanti alla Corte costituzionale.

PER QUESTI MOTIVI

LA CORTE COSTITUZIONALE

  dichiara la manifesta inammissibilità della questione di legittimità costituzionale dell’art. 7, secondo comma, del codice di procedura civile, come modificato dall’art. 17 della legge 21 novembre 1991, n. 374, sollevata, in riferimento agli artt. 3, 24 e 25 della Costituzione, dal Giudice di pace di Anzio con l’ordinanza in epigrafe.

Così deciso in Roma, nella sede della Corte costituzionale, Palazzo della Consulta, il 9 aprile 1998.

Presidente: Renato GRANATA

Redattore: Fernanda CONTRI

Depositata in cancelleria il 16 aprile 1998.