Ordinanza n. 115/98

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ORDINANZA N. 115

ANNO 1998

 

REPUBBLICA ITALIANA

IN NOME DEL POPOLO ITALIANO

LA CORTE COSTITUZIONALE

composta dai signori Giudici:

- Dott.   Renato GRANATA, Presidente

- Prof. Giuliano VASSALLI  

- Prof.    Francesco GUIZZI   

- Prof.    Cesare MIRABELLI

- Prof.    Fernando SANTOSUOSSO 

- Avv.    Massimo VARI         

- Dott.   Cesare RUPERTO    

- Dott.   Riccardo CHIEPPA  

- Prof.    Gustavo ZAGREBELSKY  

- Prof.    Valerio ONIDA        

- Prof.    Carlo MEZZANOTTE         

- Avv.    Fernanda CONTRI   

- Prof.    Guido NEPPI MODONA    

- Prof.    Piero Alberto CAPOTOSTI 

- Prof.    Annibale MARINI               

ha pronunciato la seguente

ORDINANZA

nel giudizio di legittimità costituzionale dell’art. 9, sesto comma, ultimo periodo, della legge 16 aprile 1973, n. 171 (Interventi per la salvaguardia di Venezia) - come sostituito dall'art. 1-ter del decreto-legge 10 agosto 1976, n. 544, convertito, con modificazioni, nella legge 8 ottobre 1976, n. 690 - , promosso con ordinanza emessa il 1° marzo 1997 dal Pretore di Venezia, sezione distaccata di Mestre, nel procedimento penale a carico di Ettore Longo, iscritta al n. 309 del registro ordinanze 1997 e pubblicata nella Gazzetta Ufficiale della Repubblica n. 24, prima serie speciale, dell’anno 1997.

  Visto l’atto di intervento del Presidente del Consiglio dei ministri;

  udito nella camera di consiglio del 14 gennaio 1998 il Giudice relatore Cesare Mirabelli.

  Ritenuto che con ordinanza emessa il 1° marzo 1997 nel corso di un procedimento penale promosso nei confronti del titolare di un impianto di sollevamento di acque provenienti da un sistema fognario che aveva scaricato nella laguna di Venezia reflui contenenti elementi inquinanti che superavano i limiti di accettabilità, il Pretore di Venezia, sezione distaccata di Mestre, ha sollevato, in riferimento all'art. 3, primo comma, della Costituzione, questione di legittimità costituzionale dell'art. 9, sesto comma, ultima parte (più correttamente: ultimo periodo), della legge 16 aprile 1973, n. 171 (Interventi per la salvaguardia di Venezia) - come sostituito dall'art. 1-ter del decreto-legge 10 agosto 1976, n. 544, convertito, con modificazioni, nella legge 8 ottobre 1976, n. 690 - nella parte in cui prevede come illecito penale l'immissione nella laguna veneta di scarichi provenienti da pubblica fognatura che superino i valori limite tabellari;

  che la tutela dell’equilibrio ecologico del corpo idrico della laguna di Venezia - costituita dal bacino marittimo nella estensione indicata dall’art. 1 della legge 5 marzo 1963, n. 366 - era già assistita da sanzione penale (ammenda), quando ancora mancava una normativa generale in materia di inquinamento; nell’attuale disciplina, la disposizione denunciata prevede che chiunque effettui in tale laguna uno scarico che superi i limiti di accettabilità indicati nella tabella allegata al d.P.R. 20 settembre 1973, n. 962, é punito con la pena detentiva dell’arresto;

  che la medesima condotta anche per scarichi effettuati fuori della fascia di salvaguardia lagunare era egualmente sanzionata con la pena detentiva dell’arresto dall’art. 21, terzo comma, della legge 10 maggio 1976, n. 319;

  che la successiva degradazione da illecito penale ad illecito amministrativo dell’immissione di reflui provenienti da impianti di pubblica fognatura che superino i valori limite tabellari - disposta dal decreto-legge 17 marzo 1995, n. 79, convertito, con modificazioni, nella legge 17 maggio 1995, n. 172, che ha modificato l’art. 21, terzo comma, della legge n. 319 del 1976 - avrebbe determinato l’assoggettamento a trattamenti sanzionatori diversi di condotte da considerare identiche, relative a scarichi con le stesse caratteristiche, a seconda che confluiscano nella laguna immediatamente prima o immediatamente dopo la linea che ne delimita i confini;

  che l’art. 9, sesto comma, della legge n. 171 del 1973, continuando a prevedere come reato una condotta che, al di fuori dell’area della laguna veneziana, costituisce illecito amministrativo, violerebbe il principio costituzionale di eguaglianza;

  che nel giudizio dinanzi alla Corte é intervenuto il Presidente del Consiglio dei ministri, rappresentato e difeso dall'Avvocatura generale dello Stato, chiedendo che la questione sia dichiarata inammissibile o comunque manifestamente infondata.

  Considerato che il dubbio di legittimità costituzionale investe l’illecito costituito dallo scarico nella laguna di Venezia di acque fognarie che superino i limiti di accettabilità, che il Pretore di Venezia, sezione distaccata di Mestre, considera ancora reato, ritenendo che sia da applicare la norma compresa nella disciplina degli interventi per la salvaguardia di Venezia (art. 9, sesto comma, ultimo periodo, della legge 16 aprile 1973, n. 171, come sostituito dall’art. 1-ter del decreto-legge 10 agosto 1976, n. 544, convertito, con modificazioni, nella legge 8 ottobre 1976, n. 690);

che viene denunciata la violazione del principio costituzionale di eguaglianza, giacchè la medesima condotta, tenuta fuori della laguna, era in precedenza configurata come reato e punita con la stessa pena, mentre costituisce ora illecito amministrativo (art. 21, terzo comma, della legge 10 maggio 1976, n. 319, come modificato dall’art. 3, comma 1, del decreto-legge 17 marzo 1995, n. 79, convertito, con modificazioni, nella legge 17 maggio 1995, n. 172);

  che la diversità di disciplina può trovare giustificazione nell’esigenza, discrezionalmente ma non irrazionalmente apprezzata dal legislatore, di tutelare in modo particolare la laguna di Venezia, costituita da un bacino a limitato e lento ricambio delle acque, per il quale anche i limiti tabellari da osservare (d.P.R. 20 settembre 1973, n. 962) sono più rigorosi di quelli fissati dalla legge n. 319 del 1976;

  che l’esigenza di un trattamento più severo nelle aree sensibili, che comprendono i bacini chiusi "con scarso ricambio e ove possono verificarsi fenomeni di accumulazione", é riconosciuta dalla normativa comunitaria (v. direttiva 91/271/CEE del Consiglio del 21 maggio 1991 concernente il trattamento delle acque reflue urbane: in particolare, il 4° considerando e l’allegato II);

  che, comunque, la configurazione dei reati e la previsione della qualità e della quantità delle sanzioni penali appartengono alla politica legislativa e, quindi, alla discrezionalità del legislatore, che, nel caso in esame, non l’ha esercitata in modo manifestamente irragionevole (ordinanza n. 456 del 1997; sentenze n. 84 del 1997, n. 370 del 1996 e n. 25 del 1994);

  che, pertanto, la questione di legittimità costituzionale deve essere dichiarata manifestamente infondata.

  Visti gli artt. 26, secondo comma, della legge 11 marzo 1953, n. 87 e 9, secondo comma, delle norme integrative per i giudizi davanti alla Corte costituzionale.

PER QUESTI MOTIVI

LA CORTE COSTITUZIONALE

  dichiara la manifesta infondatezza della questione di legittimità costituzionale dell’art. 9, sesto comma, ultimo periodo, della legge 16 aprile 1973, n. 171 (Interventi per la salvaguardia di Venezia) - come sostituito dall’art. 1-ter del decreto-legge 10 agosto 1976, n. 544, convertito, con modificazioni, nella legge 8 ottobre 1976, n. 690 - sollevata, in riferimento all’art. 3, primo comma, della Costituzione, dal Pretore di Venezia, sezione distaccata di Mestre, con l’ordinanza indicata in epigrafe.

Così deciso in Roma, nella sede della Corte costituzionale, Palazzo della Consulta, il 9 aprile 1998.

Presidente: Renato GRANATA

Redattore: Cesare MIRABELLI

Depositata in cancelleria il 16 aprile 1998.