Sentenza n. 103/98

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SENTENZA N.103

ANNO 1998

 

REPUBBLICA ITALIANA

IN NOME DEL POPOLO ITALIANO

LA CORTE COSTITUZIONALE

composta dai signori Giudici:

- Dott. Renato GRANATA, Presidente

- Prof. Giuliano VASSALLI

- Prof. Francesco GUIZZI

- Prof. Cesare MIRABELLI

- Prof. Fernando SANTOSUOSSO

- Avv. Massimo VARI

- Dott. Cesare RUPERTO

- Dott. Riccardo CHIEPPA

- Prof. Gustavo ZAGREBELSKY

- Prof. Valerio ONIDA

- Prof. Carlo MEZZANOTTE

- Avv. Fernanda CONTRI

- Prof. Guido NEPPI MODONA

- Prof. Piero Alberto CAPOTOSTI

- Prof. Annibale MARINI

ha pronunciato la seguente

SENTENZA

nei giudizi di legittimità costituzionale dell’art. 90, comma 5, della legge 26 novembre 1990, n. 353 (Provvedimenti urgenti per il processo civile), come modificato dall’art. 9 del decreto-legge 18 ottobre 1995, n. 432 (Interventi urgenti sul processo civile e sulla disciplina transitoria della legge 26 novembre 1990, n. 353, relativa al medesimo processo), convertito in legge 20 dicembre 1995, n. 534, promossi con due ordinanze emesse il 6 dicembre 1996 e il 28 marzo 1997 dal Tribunale di Lecce nei procedimenti civili vertenti tra Cardone Marinella e Potì Potì Giuseppa e altra e tra Tunno Marilena e altri e il Comune di Taviano, iscritte ai nn. 131 e 462 del registro ordinanze 1997 e pubblicate nella Gazzetta Ufficiale della Repubblica, nn. 13 e 30, prima serie speciale, dell’anno 1997.

  Udito nella camera di consiglio del 28 gennaio 1998 il Giudice relatore Francesco Guizzi.

Ritenuto in fatto

 

  1. — Nel corso di due distinte cause civili, pervenute all’udienza collegiale, la parte convenuta rilevava che il collegio era costituito con la partecipazione di un vice pretore onorario ed eccepiva, in riferimento agli artt. 3, 102, 106, primo e secondo comma, e 97 della Costituzione, l’illegittimità costituzionale dell’art. 90, comma 5, della legge 26 novembre 1990, n. 353 (Provvedimenti urgenti per il processo civile), come modificato dall’art. 9 del decreto-legge 18 ottobre 1995, n. 432 (Interventi urgenti sul processo civile e sulla disciplina transitoria della legge 26 novembre 1990, n. 353, relativa al medesimo processo), convertito nella legge 20 dicembre 1995, n. 534. Tale disposizione prevede che, al fine di esaurire le controversie civili pendenti, il Presidente del Tribunale, in ragione di particolari esigenze di servizio, può disporre le supplenze di cui all’art. 105 del regio decreto n. 12 del 30 gennaio 1941 (Ordinamento giudiziario); e in assenza delle condizioni ivi contemplate - qualora non possa provvedere a norma dell’art. 97 - può nominare anche più di due vice pretori onorari per sede di pretura.

Condividendo le censure mosse, il Tribunale di Lecce ha sollevato, in riferimento ai parametri indicati, questione di legittimità costituzionale della disposizione richiamata, che lederebbe innanzitutto l’art. 3, in quanto garantisce la decisione da parte di magistrati togati soltanto nei giudizi instaurati dopo il 30 aprile 1995, mentre per quelli pendenti a tale data consente la composizione del collegio anche con vice pretori, i quali sono giudici sottratti al vaglio del concorso pubblico, all’espletamento di un congruo periodo di tirocinio e alla verifica delle funzioni svolte. In definitiva, giudici straordinari, creati ad hoc, e come tali in palese violazione dell’art. 102 della Costituzione.

   Per il rimettente, vi sarebbe altresì lesione dell’art. 106, primo e secondo comma, della Costituzione, perchè risultano vulnerate la regola del concorso e la disciplina che l’ordinamento giudiziario detta per la nomina dei magistrati onorari per tutte le funzioni attribuite a giudici singoli. Ponendosi in un rapporto di strumentalità con i principi contenuti negli artt. 101 e 104 della Costituzione, il concorso pubblico - prosegue l’ordinanza - assicura l’accesso di tutti i cittadini alle magistrature, senza alcuna discriminazione, e nel contempo permette di accertare la qualificazione professionale per l’esercizio delle funzioni giudiziarie. Per quanto attiene, poi, alla disciplina della nomina dei magistrati onorari, secundum constitutionem, essa escluderebbe la loro partecipazione ai collegi giudicanti; nè tale regola potrebbe intendersi estesa dalla sentenza n. 99 del 1964 di questa Corte, non ricorrendo nella specie le ipotesi di cui all’art. 105 della legge di ordinamento giudiziario. D’altro canto, l’art. 90, comma 5, censurato, non indica (nè potrebbe farlo) il termine in cui scade la supplenza, che non si desumerebbe altrimenti, non potendosi prevedere quando si esauriranno le controversie civili pendenti.

  Vi sarebbe infine violazione dell’art. 97 della Costituzione, perchè non risultano stabilite, per i magistrati onorari, le incompatibilità fissate per i magistrati togati, essendo loro consentito lo svolgimento della libera professione nello stesso circondario in cui esplicano la funzione giudicante.

Considerato in diritto

 

  1. — Viene all’esame della Corte la questione di legittimità costituzionale dell’art. 90, comma 5, della legge 26 novembre 1990, n. 353 (Provvedimenti urgenti per il processo civile), come modificato dall’art. 9 del decreto-legge 18 ottobre 1995, n. 432 (Interventi urgenti sul processo civile e sulla disciplina transitoria della legge 26 novembre 1990, n. 353, relativa al medesimo processo), convertito nella legge 20 dicembre 1995, n. 534, che prevede la possibilità, per tutti gli affari pendenti alla data del 30 aprile 1995, di disporre la supplenza dei magistrati professionali chiamati a comporre il collegio giudicante del Tribunale in materia civile con vice pretori onorari; questione sollevata per contrasto con i seguenti parametri costituzionali:

- art. 3, perchè discriminerebbe le parti nei processi civili a seconda della data in cui si sono instaurate le controversie (prima o dopo il 30 aprile 1995), prevedendo o escludendo la presenza di vice pretori nei collegi giudicanti;

- art. 102, perchè il collegio, composto anche da vice pretori onorari, sarebbe un giudice creato ad hoc, destinato a occuparsi di cause instaurate a partire da una certa data e a cessare dalle funzioni solo dopo che le controversie siano esaurite;

- art. 106, primo comma, perchè si aggirerebbe la regola del concorso, previsto dalla Costituzione per la nomina dei magistrati;

- art. 106, secondo comma, perchè la disciplina costituzionale della nomina dei magistrati onorari escluderebbe la possibilità che siano chiamati a comporre collegi giudicanti;

- art. 97, perchè non risulterebbero stabilite, per i magistrati onorari, le incompatibilità prescritte per i togati, essendo fra l’altro loro consentito di esercitare la libera professione nel medesimo circondario in cui svolgono le funzioni giudicanti.

  La questione é stata sollevata nel corso di due giudizi civili negli stessi termini, per cui s’impone la trattazione congiunta.

2. — La questione non é fondata.

   La disposizione censurata stabilisce che "nei giudizi pendenti alla data del 30 aprile 1995 il Tribunale giudica con il numero invariabile di tre votanti. Per sopperire alla finalità dell’esaurimento delle controversie civili pendenti, il Presidente del Tribunale può disporre le supplenze di cui all’articolo 105 del regio decreto 30 gennaio 1941, n. 12, anche in assenza delle condizioni ivi previste". Essa appare al rimettente una deroga alla previsione statuita dall’art. 105 del regio decreto n. 12 del 30 gennaio 1941 (Ordinamento giudiziario), tale da consentire la supplenza dei vice pretori onorari anche in assenza dei presupposti ivi contemplati.

  Regola generale in materia, l’articolo 105 dispone che "se in una sezione manca o é impedito il Presidente o alcuno dei giudici necessari per costituire il collegio giudicante, il Presidente del Tribunale ordinario o chi ne fa le veci, quando non può provvedere a norma dell’art. 97, delega un pretore o un vice pretore della stessa sede". Tale articolo é stato già sottoposto al vaglio di costituzionalità, ma la Corte ha dichiarato la questione non fondata, in riferimento all’art. 106, secondo comma, della Costituzione, perchè risponde a "esigenze eccezionali dell’amministrazione giudiziaria" che il vice pretore onorario possa "essere chiamato per singole udienze o singoli processi" (sentenza n. 99 del 1964).

3. — Il carattere derogatorio della disposizione censurata attinge soltanto all’ordine delle precedenze nella nomina dei supplenti per i componenti mancanti o impediti che, nell’economia dell’art. 97 dell’ordinamento giudiziario, cui fa rinvio l’art. 105, devono essere ricercati in via prioritaria nell’ambito della magistratura professionale e, precisamente, nelle altre sezioni del medesimo ufficio giudiziario.

Ne deriva la necessità d’interpretare l’art. 90, comma 5, della legge n. 353 del 1990 alla luce dei canoni elaborati nella citata sentenza n. 99 del 1964, che considerò non sospetto di illegittimità costituzionale l’art. 105 dell’ordinamento giudiziario. In quell’occasione, la Corte ha tenuto ben distinte la nomina dall’assegnazione precaria e occasionale, qual é nella sostanza la supplenza, che non può, e non deve, incidere sullo "stato" del magistrato tanto da trasformare l’incarico temporaneo in un sostanziale incardinamento in un ufficio; con il rischio dell’emergere di una nuova categoria di magistrati. Di conseguenza, anche la disposizione in esame risponde a "esigenze eccezionali dell’amministrazione della giustizia", sì che va applicata attraverso la chiamata dei vice pretori "per singole udienze o singoli processi" (v. ancora la sentenza n. 99).

4. —      Così precisato l’ambito della norma denunciata, si dissolvono i prospettati dubbi di legittimità costituzionale.

Anzitutto quello riferibile all’art. 106, secondo comma, della Costituzione, poichè si tratta comunque di supplenza che risponde a "esigenze eccezionali" al limitato scopo di esaurire i giudizi pendenti alla data del 30 aprile 1995, in modo da consentire il ripristino dell’ordinario andamento della giurisdizione civile. Tanto più che la recente legge 22 luglio 1997, n. 27 (Istituzione delle sezioni stralcio e nomina dei giudici onorari aggregati), pone un termine alla efficacia della disposizione censurata, perchè la necessità della supplenza verrà meno quando tali sezioni entreranno in funzione. Nè può dirsi violata la regola del concorso posta dal primo comma dell’art. 106, poichè la supplenza, rettamente intesa, non trasforma i magistrati onorari addetti a un ufficio monocratico, impiegati eccezionalmente, in magistrati appartenenti a un organo collegiale.

Ciò chiarito, risultano infondate sia la presunta lesione dell’art. 3 che quella dell’art. 97 della Costituzione, poichè non ridonderebbe alcuna discriminazione, sotto il profilo di entrambi i parametri invocati, a danno degli interessi dell’amministrazione giudiziaria e di quelli delle parti nei giudizi civili. L’impiego eccezionale e, insieme, limitato di questi magistrati consente, da un lato, una risposta giudiziaria (sicuramente apprezzabile, nell’attuale situazione di sovraccarico degli uffici, in funzione dell’efficienza dell’amministrazione della giustizia), e, dall’altro, garantisce pur sempre l’imparzialità della funzione giudicante attraverso gli istituti dell’astensione e della ricusazione, rimedi bastevoli a questo proposito, stante l’occasionalità delle funzioni espletate.

Non può dirsi violato, infine, neppure l’art. 102 della Costituzione con riguardo al divieto di istituzione di giudici straordinari, poichè la presenza di un solo vice pretore onorario nel collegio (dovendosi rispettare la previsione dell’art. 97, quarto comma, dell’ordinamento) non é misura che altera la natura ordinaria dell’organo giudiziario, le cui competenze e modalità di composizione sono fissate dalle leggi di procedura e di ordinamento giudiziario.

PER QUESTI MOTIVI

LA CORTE COSTITUZIONALE

riuniti i giudizi,

dichiara non fondata la questione di legittimità costituzionale dell’art. 90, comma 5, della legge 26 novembre 1990, n. 353 (Provvedimenti urgenti per il processo civile), come modificato dall’art. 9 del decreto-legge 18 ottobre 1995, n. 432 (Interventi urgenti sul processo civile e sulla disciplina transitoria della legge 26 novembre 1990, n. 353, relativa al medesimo processo), convertito nella legge 20 dicembre 1995, n. 534, sollevata, in riferimento agli artt. 3, 102, 106, primo e secondo comma, e 97 della Costituzione, dal Tribunale di Lecce, con le ordinanze in epigrafe.

Così deciso in Roma, nella sede della Corte costituzionale, Palazzo della Consulta, il 26 marzo 1998.

Presidente: Renato GRANATA

Redattore: Francesco GUIZZI

Depositata in cancelleria il 6 aprile 1998.