Ordinanza n. 77/98

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ORDINANZA N.77

ANNO 1998

 

REPUBBLICA ITALIANA

IN NOME DEL POPOLO ITALIANO

LA CORTE COSTITUZIONALE

composta dai signori Giudici:

- Dott.   Renato GRANATA, Presidente

- Prof.    Giuliano VASSALLI

- Prof.    Francesco GUIZZI   

- Prof.    Cesare MIRABELLI

- Prof.    Fernando SANTOSUOSSO 

- Avv.    Massimo VARI         

- Dott.   Cesare RUPERTO    

- Dott.   Riccardo CHIEPPA  

- Prof.    Gustavo ZAGREBELSKY  

- Prof.    Valerio ONIDA        

- Prof.    Carlo MEZZANOTTE         

- Prof.    Guido NEPPI MODONA    

- Prof.    Piero Alberto CAPOTOSTI 

- Prof.    Annibale MARINI    

ha pronunciato la seguente

ORDINANZA

nel giudizio di legittimità costituzionale dell'art. 83, lettera a), della legge della Provincia autonoma di Trento 5 settembre 1991, n. 22 (Ordinamento urbanistico e tutela del territorio), promosso con ordinanza emessa il 25 febbraio 1997 dal Pretore di Trento, sezione distaccata di Borgo Valsugana, nel procedimento penale a carico di Massimiliano Busana, iscritta al n. 351 del registro ordinanze 1997 e pubblicata nella Gazzetta Ufficiale della Repubblica n. 26, prima serie speciale, dell'anno 1997.

  Visto l'atto di intervento della Provincia autonoma di Trento;

  udito nella camera di consiglio dell'11 febbraio 1998 il Giudice relatore Piero Alberto Capotosti.

Ritenuto che il Pretore di Trento, sezione distaccata di Borgo Valsugana, nel corso del giudizio nei confronti di persona imputata del reato previsto dall’art. 20, primo comma, lettera c) della legge 28 febbraio 1985, n. 47, per avere costruito, su terreno privato, senza concessione edilizia e in zona sottoposta a vincolo paesaggistico una "tettoia" in adiacenza di altro manufatto, ha sollevato d’ufficio questione di legittimità costituzionale dell’art. 83, comma 1, lettera a), della legge della Provincia autonoma di Trento 5 settembre 1991, n. 22 (Ordinamento urbanistico e tutela del territorio), relativamente alle parole "sono soggetti ad autorizzazione i seguenti interventi: l’occupazione di suolo pubblico o privato con ... tettoie", per contrasto con gli artt. 3, primo comma, 25, secondo comma, 116 e 117 della Costituzione, nonchè con gli artt. 4 e 8 dello statuto speciale della Regione Trentino-Alto Adige (d.P.R. 31 agosto 1972, n. 670);

che, secondo il giudice rimettente, la disposizione impugnata, subordinando la realizzazione delle tettoie ad autorizzazione anziché a concessione, introduce, in modo irragionevole, nel territorio provinciale "una disciplina dell’attività urbanistica ed edilizia più favorevole rispetto a quella vigente nel resto del territorio nazionale", nel quale l’art. 1 della legge 28 gennaio 1977, n. 10 prevede la concessione per "ogni attività comportante trasformazione urbanistica ed edilizia del territorio comunale";

che siffatta disciplina -in presenza dell’art.10 della legge 28 febbraio 1985, n. 47, che esclude la rilevanza penale degli abusi riferibili a opere per l’edificazione delle quali sia necessaria la semplice autorizzazione- determina, ad avviso del pretore, una depenalizzazione locale della specifica condotta di costruzione senza titolo abilitativo, in violazione della riserva di legge statale in materia penale;

che, sostiene ancora il giudice a quo, la competenza legislativa della Provincia di Trento nella materia urbanistica deve essere esercitata nell’osservanza della Costituzione, dei principi dell’ ordinamento giuridico dello Stato e delle norme di riforma economico-sociale della Repubblica, cioé entro i limiti espressamente contemplati dallo statuto regionale;

che é intervenuta nel giudizio la Provincia autonoma di Trento la quale ha eccepito preliminarmente il "difetto di rilevanza e di adeguata motivazione sulla rilevanza" della questione, in subordine la sua infondatezza "per errore manifesto nella ricostruzione del quadro normativo sia statale che provinciale" e, in linea ancora più gradata, "per errore nella ricostruzione della potestà legislativa provinciale";

che, in particolare, l’ interveniente eccepisce che l’ ordinanza di rimessione attribuisce decisivo rilievo al principio recato dall’art.1 della legge n.10 del 1977 ed omette di considerare che leggi successive hanno progressivamente ristretto il numero delle opere la cui realizzazione é subordinata alla concessione;

che il dubbio di legittimità costituzionale si fonda, secondo la Provincia, su un autentico "travisamento" della norma impugnata, dal momento che questa disposizione rende sufficiente la mera autorizzazione "per l’occupazione di suolo pubblico o privato con depositi di materiali, serre, tettoie quali pertinenze di attività o di residenza, attrezzature mobili, esposizione a cielo aperto di veicoli e merci in genere", sicchè disciplina soltanto le "tettoie" caratterizzate dal vincolo pertinenziale e che non integrano un manufatto autonomo;

che l’autorizzazione in esame, conclude la Provincia, per esplicita previsione della stessa legge sospettata di incostituzionalità, deve risultare comunque "espressa" e, quindi, non surrogabile dal meccanismo del silenzio-assenso.

Considerato che la disposizione denunziata consente, previa autorizzazione, l’ "occupazione di suolo [...] privato con [...] tettoie quali pertinenze di attività o di residenza";

che l’art. 7, secondo comma, del decreto-legge 23 gennaio 1982, n. 9, convertito con modificazioni in legge 25 marzo 1982, n. 94 prescrive la soggezione ad "autorizzazione gratuita" delle opere costituenti "pertinenze [...] al servizio di edifici già esistenti", tra le quali la giurisprudenza di legittimità ha espressamente ricondotto la fattispecie di tettoia costruita a ridosso dell’abitazione;

che la giurisprudenza di questa Corte ha già chiarito che "la necessità di autorizzazione, comune a tutte le opere che hanno identiche caratteristiche edilizie o urbanistiche, é correlata alla qualificazione oggettiva dell’intervento, senza che muti il tipo di provvedimento e venga richiesta la concessione anzichè l’autorizzazione quando vi sia la presenza di vincoli particolari" (sentenza n.100 del 1994; cfr. anche le sentenze nn. 178 e 200 del 1994 e le ordinanze nn. 216, 320 e 485 del 1994);

che l'espressa previsione, pure contenuta nel predetto art. 7, secondo comma, del d.l. n. 9 del 1982, che non sono soggette ad autorizzazione, tra le altre, le opere minori ricadenti nelle aree vincolate ai sensi della legge 29 giugno 1939, n. 1497 (Protezione delle bellezze naturali), rende necessaria l’adozione di "un apposito ed esplicito provvedimento, non trovando applicazione la disciplina del silenzio-assenso" (sentenza di questa Corte n. 100 del 1994);

che a siffatta disciplina si conforma l’art. 88, comma 4, della legge della Provincia autonoma di Trento n. 22 del 1991, il quale stabilisce che "la concessione edilizia e l’autorizzazione edilizia costituiscono gli atti conclusivi finali per procedere alla realizzazione delle opere richieste e sono subordinate all’avvenuto rilascio delle autorizzazioni, visti, pareri e nulla-osta previsti";

che, perciò, l’ordinamento urbanistico provinciale non elimina la necessità dell’ autorizzazione espressa per le "opere costituenti pertinenze [...] al servizio di edifici già esistenti", qualora insistano su aree protette da vincoli, prevista appunto dall’art. 7, secondo comma, del d.l. n. 9 del 1982.

Visti gli artt. 26, secondo comma, della legge 11 marzo 1953, n. 87 e 9 delle norme integrative per i giudizi davanti alla Corte costituzionale.

PER QUESTI MOTIVI

LA CORTE COSTITUZIONALE

dichiara la manifesta infondatezza della questione di legittimità costituzionale dell’art. 83, comma 1, lettera a), della legge della Provincia autonoma di Trento 5 settembre 1991, n. 22 (Ordinamento urbanistico e tutela del territorio), nella parte in cui disciplina il regime delle "tettoie quali pertinenze di attività o di residenza", sollevata, in riferimento agli artt. 3, primo comma, 25, secondo comma, 116 e 117 della Costituzione, nonchè agli artt. 4 e 8 dello statuto speciale per il Trentino-Alto Adige, approvato con d.P.R. 31 agosto 1972, n. 670, dal Pretore di Trento, sezione distaccata di Borgo Valsugana, con l’ordinanza in epigrafe.

Così deciso in Roma, nella sede della Corte costituzionale, Palazzo della Consulta, il 23 marzo 1998.

Presidente: Renato GRANATA

Redattore: Piero Alberto CAPOTOSTI

Depositata in cancelleria il 26 marzo 1998.