Sentenza n. 74/98

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SENTENZA N.74

ANNO 1998

 

REPUBBLICA ITALIANA

IN NOME DEL POPOLO ITALIANO

LA CORTE COSTITUZIONALE

composta dai signori Giudici:

- Dott.   Renato GRANATA, Presidente

- Prof.    Giuliano VASSALLI             

- Prof.    Francesco GUIZZI   

- Prof.    Cesare MIRABELLI

- Prof.    Fernando SANTOSUOSSO 

- Avv.    Massimo VARI         

- Dott.   Cesare RUPERTO    

- Dott.   Riccardo CHIEPPA  

- Prof.    Gustavo ZAGREBELSKY  

- Prof.    Valerio ONIDA        

- Prof.    Carlo MEZZANOTTE         

- Avv.    Fernanda CONTRI   

- Prof.    Guido NEPPI MODONA    

- Prof.    Piero Alberto CAPOTOSTI 

- Prof.    Annibale MARINI    

ha pronunciato la seguente

SENTENZA

nel giudizio di legittimità costituzionale dell’art. 3, comma 1, del decreto legge 5 giugno 1986, n. 233 (Norme urgenti sulla liquidazione coatta amministrativa delle società fiduciarie e delle società fiduciarie e di revisione e disposizioni sugli enti di gestione fiduciaria), convertito, con modificazioni, in legge 1° agosto 1986, n. 430 (come sostituito dall’art. 4-bis del decreto-legge 16 febbraio 1987, n. 27, convertito, con modificazioni, in legge 13 aprile 1987, n. 148), promosso con ordinanza emessa il 13 marzo 1997 dal Tribunale di Roma sul ricorso proposto da Valentini Maria Gabriella iscritta al n. 428 del registro ordinanze 1997 e pubblicata nella Gazzetta Ufficiale della Repubblica n. 28, prima serie speciale, dell’anno 1997.

Visto l’atto di costituzione di Valentini Maria Gabriella nonchè l’atto di intervento del Presidente del Consiglio dei ministri;

udito nell’udienza pubblica del 13 gennaio 1998 il Giudice relatore Fernando Santosuosso;

udito l’Avvocato dello Stato Gaetano Zotta per il Presidente del Consiglio dei ministri.

Ritenuto in fatto

1.— Con ricorso depositato il 2 aprile 1996, il presidente del Consiglio di amministrazione della Immobiliare Le Dune s.r.l., Maria Gabriella Valentini, chiedeva – ai sensi dell’art. 3 del decreto-legge 5 giugno 1986, n. 233 (Norme urgenti sulla liquidazione coatta amministrativa delle società fiduciarie e delle società fiduciarie e di revisione e disposizioni sugli enti di gestione fiduciaria), convertito, con modificazioni, in legge 1° agosto 1986, n. 430 (come sostituito dall’art. 4-bis del decreto-legge 16 febbraio 1987, n. 27, convertito, con modificazioni, in legge 13 aprile 1987, n. 148) – la conversione in liquidazione coatta amministrativa del fallimento di tale società, dichiarato dal Tribunale di Roma con sentenza del 30 marzo 1995, sul presupposto del collegamento con la società fiduciaria I.F.I.R. s.p.a., posta in liquidazione coatta amministrativa con decreto ministeriale del 9 gennaio 1995.

2.— Il Tribunale di Roma, ritenuta la sussistenza dell’anzidetto collegamento, ha sollevato d’ufficio questione di legittimità costituzionale – in riferimento all’art. 3, primo comma, della Costituzione – dell’art. 3, comma 1, del suddetto decreto-legge, nella parte in cui non prevede – per le società indicate nell’art. 2, comma 1 (e cioé società controllanti o controllate o collegate ad una società fiduciaria) – la conversione del fallimento dichiarato successivamente alla data di pubblicazione del provvedimento di liquidazione coatta amministrativa della società fiduciaria con la quale sono collegate.

Secondo il giudice rimettente la norma impugnata prevedeva inizialmente la conversione delle sole procedure di fallimento alle quali fossero già sottoposte, alla data di entrata in vigore del citato decreto-legge n. 233 del 1986, le società collegate alla società fiduciaria successivamente posta in liquidazione coatta: tale interpretazione restrittiva é stata condivisa dalla stessa Corte costituzionale, che nella sentenza n. 19 del 1991 – dopo aver escluso la possibilità di una interpretazione adeguatrice – ha dichiarato l’incostituzionalità del medesimo articolo 3, comma 1, oggi impugnato, nella parte in cui non prevede la conversione del fallimento dichiarato dopo l’entrata in vigore del decreto-legge, ma pur sempre prima del provvedimento di liquidazione coatta della società fiduciaria.

Nel caso di specie, invece, é avvenuto il contrario, dato che la dichiarazione di fallimento della Immobiliare Le Dune s.r.l., pur se non avrebbe dovuto essere adottata, é stata ugualmente pronunciata ed ha seguito nel tempo la messa in liquidazione coatta della società fiduciaria I.F.I.R. s.p.a. Ora la sentenza dichiarativa é diventata inoppugnabile, non essendo stata proposta opposizione ai sensi dell’art. 18 della legge fallimentare, per cui non é, allo stato, previsto alcun rimedio processuale atto a consentire l’assoggettamento della società fallita alla liquidazione coatta amministrativa.

Ciò comporta, a giudizio del Tribunale di Roma, una violazione del principio di ragionevolezza, essendo frustrata l’esigenza di unificazione delle procedure concorsuali riguardanti uno stesso gruppo di società, perseguito dalla norma impugnata: poichè tale esigenza riveste natura pubblicistica, appare irragionevole consentire che – allorchè la dichiarazione di fallimento segua la messa in liquidazione coatta della società fiduciaria collegata a quella fallita – l’esigenza suddetta possa venire soddisfatta solo mediante un rimedio attivabile ad esclusiva istanza di parte e, per di più, entro ristretti termini di decadenza.

3.— Nel giudizio avanti la Corte costituzionale si é costituita la ricorrente Maria Gabriella Valentini ed é intervenuto il Presidente del Consiglio dei ministri, rappresentato e difeso dall’Avvocatura generale dello Stato.

La difesa della ricorrente chiede che la questione sia dichiarata inammissibile, ritenendo che la norma impugnata sia chiara ed inequivocabile: là dove essa dispone che "le procedure di fallimento alle quali sono già assoggettate le società di cui agli artt. 1 e 2 sono convertite in procedura di liquidazione coatta amministrativa", si riferisce a procedure che esistono in quanto ci sia già la sentenza dichiarativa di fallimento. Perciò ogni discorso sulla possibilità o meno dell’opposizione viene ad essere estraneo, tanto più che il tribunale non é tenuto a revocare il fallimento, ma é chiamato a stabilire la necessità della sua conversione sulla base dei collegamenti previsti dal decreto-legge n. 233 del 1986. Aggiunge la parte privata che il momento in cui i fallimenti sono dichiarati é indifferente, perchè sono convertite le procedure e non i fallimenti in se stessi, e che proprio perchè la finalità della norma impugnata é l’unificazione delle procedure ed é di natura pubblicistica, "ogni indagine introspettiva sulle società (a parte l’acquisizione della loro qualitas di controllate, controllanti, unidirezionali o finanziate) é un fuor d’opera".

4.— L’Avvocatura dello Stato chiede, invece, che la questione sia dichiarata infondata.

La difesa erariale ritiene – come il giudice rimettente – che la norma impugnata impedisca la conversione delle società collegate dichiarate fallite dopo la messa in liquidazione coatta della società fiduciaria "madre", ma – al contrario di quest’ultimo – considera tale impedimento ragionevole, poichè rappresenta il risultato di un bilanciamento discrezionale, operato dal legislatore, con il principio dell’intangibilità del giudicato. Infatti, "nei procedimenti fallimentari in cui il collegamento avrebbe potuto essere ab origine efficacemente dedotto (quelli relativi a collegate a fiduciarie già poste in liquidazione), la deduzione (proposta o non) viene preclusa dal giudicato. In quelli in cui non avrebbe potuto essere dedotto (società collegate a fiduciarie non ancora in liquidazione), la deduzione viene resa di contro proponibile" sotto forma di conversione.

Considerato in diritto

1.— Il Tribunale di Roma ritiene irragionevole, e perciò contrastante con l’art. 3, primo comma, della Costituzione, l’art. 3, comma 1, del decreto-legge 5 giugno 1986, n. 233 (Norme urgenti sulla liquidazione coatta amministrativa delle società fiduciarie e delle società fiduciarie e di revisione e disposizioni sugli enti di gestione fiduciaria), convertito, con modificazioni, in legge 1° agosto 1986, n. 430 (come sostituito dall’art. 4-bis del decreto-legge 16 febbraio 1987, n. 27, convertito, con modificazioni, in legge 13 aprile 1987, n. 148), nella parte in cui non prevede – per le società indicate nell’art. 2, comma 1, dello stesso decreto-legge (e cioé società controllanti o controllate o collegate ad una società fiduciaria) – la conversione del fallimento dichiarato successivamente alla data di pubblicazione del provvedimento di liquidazione coatta amministrativa della società fiduciaria con la quale sono collegate.

2.— La questione é inammissibile.

Il decreto-legge n. 233 del 1986 dispone che le società fiduciarie e le società fiduciarie e di revisione che versino in stato di insolvenza – o per le quali sia stata pronunciata la revoca dell’autorizzazione prevista dall’art. 2 della legge 23 novembre 1939, n. 1966 (Disciplina delle società fiduciarie e di revisione) – siano assoggettate a liquidazione coatta amministrativa, con esclusione del fallimento (art. 1); alla medesima procedura devono essere sottoposte le società controllanti o controllate o collegate ad esse (art. 2).

La norma ora impugnata (art. 3) prevede, poi, per le società collegate ad una società fiduciaria che siano già sottoposte a fallimento, che questo sia convertito in procedura di liquidazione coatta amministrativa allorchè successivamente venga posta in liquidazione coatta la società fiduciaria "madre". Ciò al fine di realizzare la finalità ispiratrice dell’intero decreto-legge, nel senso che tutte le società appartenenti ad uno stesso gruppo siano sottoposte al medesimo tipo di procedura concorsuale voluta dal legislatore, e cioé la liquidazione coatta.

Questa Corte, con la sentenza n. 19 del 1991, é intervenuta per eliminare l’irragionevole esclusione dalla possibilità di conversione delle procedure relative alle società collegate ad una fiduciaria, che siano dichiarate fallite dopo l’entrata in vigore del citato decreto-legge. Il Tribunale di Roma invoca con la presente ordinanza un analogo intervento, per correggere un ulteriore elemento di irrazionalità che reputa presente nella stessa norma, e cioé la mancata previsione della conversione delle procedure relative alle società dichiarate fallite dopo la sottoposizione a liquidazione coatta della società "madre".

3.— Nel caso di specie, peraltro, si verte in una situazione diversa da quella sottesa alla citata pronuncia di questa Corte, che riguardava l’ipotesi di conversione prevista nell’art. 3 per i fallimenti legittimamente pronunciati in precedenza; si é, ora, verificata un’altra ipotesi per la mancata applicazione di una diversa norma (l’art. 2 della legge in esame), in quanto – dopo che la società fiduciaria "madre" era stata posta in liquidazione coatta amministrativa – la società collegata alla precedente é stata dichiarata fallita anzichè essere posta anch’essa in liquidazione coatta, come chiaramente stabilito dal citato art. 2.

E’ determinante, quindi, rilevare che nel presente caso non si tratta di una intrinseca irrazionalità della norma denunziata (art. 3), ma della violazione di fatto del disposto dell’art. 2, a cui si poteva rimediare proponendo tempestivamente contro la sentenza l’opposizione prevista dall’art. 18 della legge fallimentare.

Poichè ciò non é avvenuto, la sentenza dichiarativa di fallimento, che non doveva essere pronunciata, é tuttavia divenuta inoppugnabile, producendo una situazione patologica per la quale il legislatore non ha disposto altri specifici strumenti correttivi.

4.— Tale situazione dev’essere risolta non dalla Corte costituzionale, che non può essere chiamata a intervenire su corrette norme giuridiche al fine di fornire ulteriori rimedi alla loro errata applicazione, ma dai giudici ordinari, cui spetta stabilire quale natura e quali effetti debbano riconoscersi – in base alla normativa speciale ed al sistema complessivo, nonchè alla luce degli orientamenti giurisprudenziali e dottrinali – alla sentenza dichiarativa di fallimento, erroneamente emessa nella predetta fattispecie.

PER QUESTI MOTIVI

LA CORTE COSTITUZIONALE

dichiara inammissibile la questione di legittimità costituzionale dell’art. 3, comma 1, del decreto-legge 5 giugno 1986, n. 233 (Norme urgenti sulla liquidazione coatta amministrativa delle società fiduciarie e delle società fiduciarie e di revisione e disposizioni sugli enti di gestione fiduciaria), convertito, con modificazioni, in legge 1° agosto 1986, n. 430 (come sostituito dall’art. 4-bis del decreto-legge 16 febbraio 1987, n. 27, convertito, con modificazioni, in legge 13 aprile 1987, n. 148), sollevata, in riferimento all’art. 3, primo comma, della Costituzione, dalla sezione fallimentare del Tribunale di Roma con l’ordinanza indicata in epigrafe.

Così deciso in Roma, nella sede della Corte costituzionale, Palazzo della Consulta, il 23 marzo 1998.

Presidente: Renato GRANATA

Redattore: Fernando SANTOSUOSSO

Depositata in cancelleria il 26 marzo 1998.