Ordinanza n.57/98

 CONSULTA ONLINE 

ORDINANZA N.57

ANNO 1998

 

REPUBBLICA ITALIANA

IN NOME DEL POPOLO ITALIANO

LA CORTE COSTITUZIONALE

composta dai signori Giudici:

- Dott.   Renato GRANATA, Presidente

- Prof.    Giuliano VASSALLI

- Prof.    Francesco GUIZZI   

- Prof.    Cesare MIRABELLI

- Prof.    Fernando SANTOSUOSSO 

- Avv.    Massimo VARI         

- Dott.   Cesare RUPERTO    

- Dott.   Riccardo CHIEPPA  

- Prof.    Gustavo ZAGREBELSKY  

- Prof.    Valerio ONIDA        

- Prof.    Carlo MEZZANOTTE         

- Avv.    Fernanda CONTRI   

- Prof.    Guido NEPPI MODONA    

- Prof.    Piero Alberto CAPOTOSTI

- Prof.    Annibale MARINI    

ha pronunciato la seguente

ORDINANZA

nel giudizio di legittimità costituzionale dell’art. 12, comma 5, del decreto-legge 27 aprile 1990, n. 90 (Disposizioni in materia di determinazione del reddito ai fini delle imposte sui redditi, di rimborsi dell’imposta sul valore aggiunto e di contenzioso tributario, nonchè altre disposizioni urgenti), convertito in legge, con modificazioni, dalla legge 26 giugno 1990, n. 165 promosso con ordinanza emessa il 19 marzo 1997 dal Pretore di Genova nei procedimenti civili riuniti vertenti tra Livraghi Silvano ed altri contro il Ministero delle finanze – D.G. Demanio iscritta al n. 327 del registro ordinanze 1997 e pubblicata nella Gazzetta Ufficiale della Repubblica n. 25, prima serie speciale, dell’anno 1997.

Visto l’atto di intervento del Presidente del Consiglio dei ministri;

udito nella camera di consiglio dell’11 febbraio 1998 il Giudice relatore Fernando Santosuosso.

Ritenuto che nel corso di alcuni giudizi civili tra loro riuniti, promossi contro l'Amministrazione delle Finanze da conduttori di immobili ad uso diverso da quello di abitazione, rientranti nel patrimonio disponibile dello Stato, il Pretore di Genova ha sollevato, in riferimento all'art. 3 della Costituzione, questione di legittimità costituzionale, dell'art. 12, comma 5, del decreto-legge 27 aprile 1990, n. 90 (Disposizioni in materia di determinazione del reddito ai fini delle imposte sui redditi, di rimborsi dell’imposta sul valore aggiunto e di contenzioso tributario, nonchè altre disposizioni urgenti), convertito in legge, con modificazioni, dalla legge 26 giugno 1990, n. 165;

che il giudice a quo ha premesso che una questione identica a quella odierna é già stata da lui sollevata nel corso del medesimo giudizio, e che questa Corte l'ha dichiarata inammissibile, per carenza di motivazione, con ordinanza n. 202 del 1996;

che la norma impugnata, nel prevedere un aumento dei canoni per l'utilizzazione dei beni immobili facenti parte del demanio e del patrimonio disponibile ed indisponibile dello Stato, espressamente esclude da tale aumento i canoni "per immobili concessi o locati ad uso alloggio e determinati sulla base della L. 27 luglio 1978, n. 392"; e poichè il termine "alloggio" é sempre stato usato per definire le civili abitazioni, non pare che la deroga possa valere per i contratti oggetto di causa, relativi appunto a locazioni per uso diverso da quello abitativo;

che tuttavia - prosegue il giudice a quo - siffatta normativa solleva seri dubbi di legittimità costituzionale perchè, essendo gli aumenti in esame stati richiesti con decorrenza 1° gennaio 1990, é pacifico che gli stessi sono svincolati dalle normali vicende contrattuali e vengono imposti in modo estraneo alle regole privatistiche sulla locazione;

che la norma impugnata, pertanto, viola l'art. 3 Cost., creando un'ingiustificata disparità di trattamento tra i conduttori di immobili di proprietà pubblica ed i conduttori di immobili di proprietà privata, istituendo un regime di favore per la pubblica amministrazione senza alcun bilanciamento delle posizioni dei privati;

che nel giudizio davanti alla Corte costituzionale é intervenuto il Presidente del Consiglio dei ministri, rappresentato e difeso dall'Avvocatura generale dello Stato, chiedendo che la questione venga dichiarata inammissibile o infondata.

Considerato che la norma impugnata dispone che i criteri per la rideterminazione dei canoni in questione siano stabiliti con decreto del Ministro delle finanze, di concerto col Ministro del tesoro;

che tale decreto, effettivamente emanato in data 20 luglio 1990, é stato successivamente annullato con sentenza 16 marzo 1993, n. 34, del Tribunale superiore delle acque pubbliche; e che il ricorso avverso questa pronuncia é stato respinto dalle Sezioni unite della Corte di cassazione (sent. 18 novembre 1994, n. 9685);

che pertanto, mancando in concreto il riferimento esatto a criteri in base ai quali commisurare l'aumento dei canoni oggetto di causa, la questione di legittimità costituzionale non può essere ancora posta e deve ritenersi manifestamente inammissibile, dal momento che l'assenza del predetto decreto interministeriale rende sostanzialmente inoperante la disposizione impugnata ed inattuale la lamentata lesione.

Visti gli artt. 26, secondo comma, della legge 11 marzo 1953, n. 87, e 9, secondo comma, delle norme integrative per i giudizi davanti alla Corte costituzionale.

PER QUESTI MOTIVI

LA CORTE COSTITUZIONALE

dichiara la manifesta inammissibilità della questione di legittimità costituzionale dell'art. 12, comma 5, del decreto-legge 27 aprile 1990, n. 90 (Disposizioni in materia di determinazione del reddito ai fini delle imposte sui redditi, di rimborsi dell’imposta sul valore aggiunto e di contenzioso tributario, nonchè altre disposizioni urgenti), convertito in legge, con modificazioni, dalla legge 26 giugno 1990, n. 165, sollevata dal Pretore di Genova, in riferimento all'art. 3 Cost., con l'ordinanza di cui in epigrafe.

Così deciso in Roma, nella sede della Corte costituzionale, Palazzo della Consulta, il 9 marzo 1998.

Presidente: Renato GRANATA

Redattore: Fernando SANTOSUOSSO

Depositata in cancelleria il 12 marzo 1998.