Ordinanza n.47/98

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ORDINANZA N.47

ANNO 1998

 

REPUBBLICA ITALIANA

IN NOME DEL POPOLO ITALIANO

LA CORTE COSTITUZIONALE

composta dai signori Giudici:

- Dott.   Renato GRANATA, Presidente

- Prof.    Giuliano VASSALLI

- Prof.    Francesco GUIZZI

- Prof.    Cesare MIRABELLI

- Prof.    Fernando SANTOSUOSSO 

- Avv.    Massimo VARI         

- Dott.   Cesare RUPERTO    

- Dott.   Riccardo CHIEPPA  

- Prof.    Gustavo ZAGREBELSKY  

- Prof.    Valerio ONIDA        

- Prof.    Carlo MEZZANOTTE         

- Avv.    Fernanda CONTRI   

- Prof.    Guido NEPPI MODONA    

- Prof.    Piero Alberto CAPOTOSTI 

- Prof.    Annibale MARINI    

ha pronunciato la seguente

ORDINANZA

nel giudizio di legittimità costituzionale degli artt. 2 e 35 della legge 11 febbraio 1994, n. 109 (Legge quadro in materia di lavori pubblici), promosso con ordinanza emessa il 10 dicembre 1996 dal Tribunale amministrativo per l'Emilia-Romagna, sede di Bologna, sul ricorso proposto dalla Teknogest s.r.l. ed altra contro l'Azienda trasporti consorziali di Bologna, iscritta al n. 194 del registro ordinanze 1997 e pubblicata nella Gazzetta Ufficiale della Repubblica n. 17, prima serie speciale, dell'anno 1997.

Visto l'atto di costituzione della Teknogest s.r.l. ed altra;

udito nell'udienza pubblica del 10 febbraio 1998 il Giudice relatore Carlo Mezzanotte;

uditi gli avvocati Rinaldo Geremia e Filippo Lattanzi per la Teknogest s.r.l. ed altra.

Ritenuto che il Tribunale amministrativo regionale dell’Emilia-Romagna, sede di Bologna, nel corso del giudizio proposto dalla Teknogest s.r.l., in proprio e nella qualità di capogruppo del raggruppamento temporaneo con la Fahrleintungsbau G.m.b.H., e dalla Elektra s.p.a. nei confronti dell’Azienda trasporti consorziali di Bologna, per ottenere l’annullamento della nota del Direttore generale di quest’ultima, con la quale si comunicava alle ricorrenti la valutazione della irrilevanza della cessione del contratto di appalto tra di loro intervenuta, quale effetto della cessione dalla Elektra s.p.a. alla Teknogest s.r.l. del ramo di azienda al quale inerivano i rapporti con le pubbliche amministrazioni, dopo aver disposto, con separata ordinanza e in via interinale, la sospensione della nota impugnata, ha sollevato, in riferimento agli articoli 3, 41 e 97 della Costituzione, questione di legittimità costituzionale degli articoli 2 e 35 della legge 11 febbraio 1994, n. 109 (Legge quadro in materia di lavori pubblici);

che, secondo il giudice a quo, le disposizioni censurate, le quali concernono, rispettivamente, l’ambito oggettivo e soggettivo di applicazione delle disposizioni della legge n. 109 del 1994 e la disciplina degli effetti della cessione di azienda e degli atti di trasformazione, di fusione o di scissione relativi ad imprese che eseguono opere pubbliche, comportando l’esclusione della applicabilità dell’art. 35, espressamente indicato dall’art. 2, comma 3, tra le disposizioni che non si applicano ad alcuni dei soggetti individuati dall’art. 2, comma 2, senza che tale esclusione, determinata unicamente dalle qualità soggettive dell’appaltante e non anche da quelle del soggetto subentrante, sia imposta da norme comunitarie, sarebbero lesive dei predetti parametri costituzionali, in quanto in tali disposizioni si "discriminano le fattispecie di subentro in aggiudicazione del tipo di quella di cui trattasi in ragione di circostanze che (siccome non afferenti al subentrando) non sembrano rilevanti ed anzi sembrano sostanziare una contestuale antinomia col principio di libertà di iniziativa economica in combinato con un ipotizzabile pregiudizio del principio di buon andamento dell’attività amministrativa";

che si sono costituite nel presente giudizio le parti private del giudizio a quo, le quali insistono per la dichiarazione di illegittimità costituzionale delle disposizioni censurate;

che le stesse parti, nella memoria depositata in prossimità dell’udienza, rilevano che la disciplina derivante dall’applicazione dell’art. 2, comma 3, della legge n. 109 del 1994 sarebbe priva di qualsiasi razionalità, dal momento che, una volta ammessa, in via di principio, la efficacia nei confronti dell’appaltante della cessione dell’azienda o delle altre trasformazioni che riguardino l’impresa aggiudicataria, non troverebbe giustificazione la previsione di deroghe a quel principio così numerose da vanificarne la operatività;

che, inoltre, sempre ad avviso delle parti private, la normativa censurata non apparrebbe giustificata neanche alla luce dei lavori preparatori, dai quali, anzi, emergerebbe che, con ogni probabilità, la indicazione dell’art. 35 nel corpo dell’art. 2, comma 3, sarebbe frutto di un difetto di coordinamento in sede di approvazione definitiva del provvedimento legislativo, posto che, allorquando venne approvato l’articolo 2, l’articolo 35 conteneva la disciplina del subappalto.

Considerato che l’art. 2 della legge 11 febbraio 1994, n. 109, oltre a delimitare l’ambito oggettivo di operatività della legge (comma 1), individua (comma 2) tre categorie di soggetti destinatari della legge stessa: a) amministrazioni dello Stato anche ad ordinamento autonomo, enti pubblici, compresi quelli economici, enti e amministrazioni locali, loro associazioni e consorzi, nonchè altri organismi di diritto pubblico; b) concessionari di lavori pubblici, concessionari di esercizio di infrastrutture destinate a pubblico servizio, società con capitale pubblico in misura anche non prevalente, che abbiano ad oggetto della propria attività la produzione di beni o servizi non destinati ad essere collocati sul mercato in regime di libera concorrenza, nonchè, qualora operino in virtù di diritti speciali o esclusivi, i concessionari di servizi pubblici e i soggetti di cui alla direttiva 93/38/CEE del Consiglio del 14 giugno 1993; c) i soggetti privati relativamente ai lavori di cui all’allegato A del decreto legislativo 19 dicembre 1991, n. 406, nonchè ai lavori civili relativi ad ospedali, impianti sportivi, ricreativi per il tempo libero, edifici scolastici e universitari, edifici destinati a scopi amministrativi ed edifici industriali, di importo superiore a 1 milione di ECU, per la cui realizzazione sia previsto, da parte dei soggetti di cui alla lettera a), un contributo diretto e specifico, in conto interessi o in conto capitale che, attualizzato, superi il 50 per cento dell’importo dei lavori;

che il medesimo articolo 2, al comma 3, stabilisce che ai soggetti di cui alla lettera a) si applicano, allorquando affidino concessioni di lavori pubblici, solo alcune disposizioni della citata legge n. 109 del 1994, tra le quali non é ricompresa quella di cui all’art. 35 concernente il regime della cessione di azienda e delle fusioni, e che, del pari, ai soggetti di cui alla lettera c), si applicano soltanto alcune disposizioni, ma non quella relativa alle cessioni e alle fusioni, mentre per i soggetti di cui alla lettera b) é espressamente previsto che non si applichi quest’ultima disposizione;

che, pertanto, proprio al fine di motivare in ordine alla rilevanza della questione, sarebbe stato necessario, nel giudizio a quo, qualificare in primo luogo la natura del soggetto aggiudicatore, nella specie Azienda trasporti consorziali di Bologna, diverso essendo l’ambito di applicazione della legge proprio in relazione alle fattispecie di cessione di azienda e di fusione di società;

che neanche la qualificazione della natura del rapporto che era scaturito dall'atto di aggiudicazione avrebbe potuto essere pretermessa, ai fini della corretta valutazione della pregiudizialità della questione di legittimità costituzionale, poichè anche da essa discendono conseguenze in ordine all'applicabilità dell'art. 35;

che, viceversa, l’ordinanza di remissione appare del tutto carente di specificazioni su tali aspetti, essendosi il giudice a quo limitato ad affermare, ma senza motivazione alcuna, che all'utile subingresso della Teknogest s.r.l. alla Elektra s.p.a., in conseguenza della cessione del ramo di azienda tra loro intercorsa, si opporrebbe unicamente, stando alla fattispecie concreta, la disposizione di cui all’art. 2, comma 3, nella parte in cui sottrae alla disciplina dell’art. 35, i soggetti indicati nella lettera b) del precedente comma 2;

che, inoltre, la irragionevole discriminazione della fattispecie di subentro nel caso dei soggetti di cui alla lettera b) viene ipotizzata dal giudice remittente senza la precisa individuazione di alcun tertium comparationis;

che, conseguentemente, non appare neppure chiaro se l’ordinanza consideri l’art. 35 espressivo di un principio generale rispetto al quale l’esclusione censurata costituisca una deroga ingiustificata o se, al contrario, ad avviso del giudice remittente, l’intera legge 11 febbraio 1994, n. 109, sia incardinata su un generale divieto di subingresso nei lavori pubblici e se in tal caso a questa Corte sia stata sottoposta una questione concernente la ragionevolezza della limitazione dell’ambito di applicazione di una deroga ;

che, pertanto, la questione di legittimità costituzionale degli articoli 2 e 35 della legge 11 febbraio 1994, n. 109, sollevata in riferimento agli articoli 3, 41 e 97 della Costituzione, deve essere dichiarata manifestamente inammissibile.

Visti gli artt. 26, secondo comma, della legge 11 marzo 1953, n. 87 e 9, secondo comma, delle norme integrative per i giudizi davanti alla Corte costituzionale.

PER QUESTI MOTIVI

LA CORTE COSTITUZIONALE

dichiara la manifesta inammissibilità della questione di legittimità costituzionale degli articoli 2 e 35 della legge 11 febbraio 1994, n. 109 (Legge quadro in materia di lavori pubblici), sollevata, in riferimento agli articoli 3, 41 e 97 della Costituzione, dal Tribunale amministrativo regionale dell’Emilia-Romagna, sede di Bologna, con l’ordinanza indicata in epigrafe.

Così deciso in Roma, nella sede della Corte costituzionale, Palazzo della Consulta, il 25 febbraio 1998.

Presidente: Renato GRANATA

Redattore: Carlo MEZZANOTTE

Depositata in cancelleria il 5 marzo 1998.