Ordinanza n. 36/98

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ORDINANZA N.36

ANNO 1998

 

REPUBBLICA ITALIANA

IN NOME DEL POPOLO ITALIANO

LA CORTE COSTITUZIONALE

composta dai signori Giudici:

- Dott.   Renato GRANATA, Presidente

- Prof.    Giuliano VASSALLI

- Prof.    Francesco GUIZZI               

- Prof.    Cesare MIRABELLI            

- Prof. Fernando SANTOSUOSSO               

- Avv.    Massimo VARI                     

- Dott.   Cesare RUPERTO                

- Dott.   Riccardo CHIEPPA             

- Prof.    Gustavo ZAGREBELSKY              

- Prof.    Valerio ONIDA                    

- Prof.    Carlo MEZZANOTTE         

- Avv.    Fernanda CONTRI               

- Prof.    Guido NEPPI MODONA                

- Prof.    Piero Alberto CAPOTOSTI 

- Prof.    Annibale MARINI               

ha pronunciato la seguente

ORDINANZA

nei giudizi di legittimità costituzionale dell’art. 17, quarto comma, della legge 13 aprile 1977, n. 114 (Modificazioni alla disciplina dell’imposta sul reddito delle persone fisiche), promossi con due ordinanze emesse il 21 ottobre 1988 dalla Commissione tributaria di secondo grado di Genova sui ricorsi proposti da Velardi Ivana contro l’Ufficio distrettuale delle imposte dirette di Sampierdarena iscritte ai nn. 549 e 596 del registro ordinanze 1997 e pubblicate nella Gazzetta Ufficiale della Repubblica nn. 37 e 39, prima serie speciale, dell’anno 1997.

Visto l’atto di intervento del Presidente del Consiglio dei ministri;

udito nella camera di consiglio del 14 gennaio 1998 il Giudice relatore Annibale Marini.

Ritenuto che nel corso di due giudizi di appello avverso due decisioni della Commissione tributaria di primo grado di Genova, la Commissione tributaria di secondo grado di Genova, con ordinanze di analogo contenuto emesse il 21 ottobre 1988, ha sollevato questione di legittimità costituzionale dell’art. 17, quarto comma, della legge 13 aprile 1977, n. 114 (Modificazioni alla disciplina dell’imposta sul reddito delle persone fisiche), in relazione agli artt. 3 e 24 della Costituzione;

che le decisioni impugnate dinanzi alla Commissione rimettente avevano dichiarato inammissibili per tardività i ricorsi proposti da una contribuente per l’annullamento di avvisi di accertamento in rettifica dei suoi redditi notificati solo al marito della ricorrente;

che, secondo la Commissione rimettente, la norma censurata, disponendo che nel caso di dichiarazione congiunta dei redditi da parte di coniugi non legalmente ed effettivamente separati, " gli accertamenti in rettifica sono effettuati a nome di entrambi i coniugi e notificati al solo marito" , sarebbe lesiva del principio di eguaglianza dei coniugi, per la disparità di trattamento tra il marito, destinatario della notifica degli atti impositivi, e la moglie, destinataria della notifica del solo avviso di mora; e sarebbe altresì lesiva del diritto di difesa della moglie, coobbligata in solido, in quanto non destinataria della notifica dei pregressi atti impositivi;

che nel giudizio promosso con ordinanza rubricata al n. 549 del registro ordinanze del 1997, é intervenuto il Presidente del Consiglio dei ministri, rappresentato e difeso dall’Avvocatura generale dello Stato, concludendo per la manifesta infondatezza della questione.

Considerato che i giudizi, pendenti tra le stesse parti e riguardanti la stessa questione devono essere riuniti;

che, in ordine alla questione sollevata, questa Corte ha già affermato che la dichiarazione congiunta dei redditi rappresenta l’esercizio di una facoltà dei contribuenti con i conseguenti oneri e vantaggi ad essa connessi e che, pertanto, la relativa disciplina, anche procedimentale, risulta riservata all’apprezzamento discrezionale del legislatore (sentenza n. 184 del 1989 e ordinanza n. 4 del 1998);

che, pertanto, deve escludersi la illegittimità, sotto il profilo della violazione dell’art. 3 Cost., della denunciata disposizione, che, nell’evidente intento di semplificazione e snellezza del procedimento tributario, prevede la notificazione degli atti impositivi al marito;

che, in ordine alla asserita violazione dell’art. 24 Cost., non sussiste alcuna valida ragione per discostarsi dalla interpretazione adeguatrice della denunciata disposizione prospettata da questa Corte nella citata sentenza n. 184 del 1989;

che, secondo siffatta interpretazione, deve ritenersi garantita dal vigente ordinamento alla moglie, coobbligata in solido, la possibilità di " tutelare i propri diritti [ ...] entro i termini decorrenti dalla notifica dell’avviso di mora nei propri confronti, nel caso in cui venga per la prima volta, attraverso tale notifica, a legale conoscenza della pretesa avanzata dall’amministrazione finanziaria in via solidale e ciò, eventualmente, anche per contestare nel merito l’obbligazione tributaria del coniuge, proponendo, attraverso l’impugnativa dell’avviso di mora, gravame avverso l’accertamento operato nei confronti del marito" ;

che nel presente giudizio non sono dedotti profili sostanzialmente nuovi o diversi, tali da indurre ad un riesame della questione, che, pertanto, deve essere dichiarata manifestamente infondata.

Visti gli art. 26, secondo comma, della legge 11 marzo 1953, n. 87 e 9, secondo comma, delle norme integrative per i giudizi davanti alla Corte costituzionale.

PER QUESTI MOTIVI

LA CORTE COSTITUZIONALE

riuniti i giudizi,

dichiara la manifesta infondatezza della questione di legittimità costituzionale dell’art. 17, quarto comma, della legge 13 aprile 1977, n. 114 (Modificazioni alla disciplina dell’imposta sul reddito delle persone fisiche), sollevata, in riferimento agli artt. 3 e 24 della Costituzione, dalla Commissione tributaria di secondo grado di Genova con le ordinanze in epigrafe.

Così deciso in Roma, nella sede della Corte costituzionale, Palazzo della Consulta, il 23 febbraio 1998.

Presidente: Renato GRANATA

Redattore: Annibale MARINI

Depositata in cancelleria il 26 febbraio 1998.