Ordinanza n. 423/97

 CONSULTA ONLINE 

 

ORDINANZA N. 423

 

ANNO 1997

 

 

REPUBBLICA ITALIANA

IN NOME DEL POPOLO ITALIANO

LA CORTE COSTITUZIONALE

composta dai signori Giudici:

- Prof.    Francesco GUIZZI, Presidente

- Prof.    Cesare MIRABELLI

- Prof.    Fernando SANTOSUOSSO 

- Avv.    Massimo VARI         

- Dott.   Cesare RUPERTO    

- Dott.   Riccardo CHIEPPA  

- Prof.    Gustavo ZAGREBELSKY  

- Prof.    Valerio ONIDA        

- Prof.    Carlo MEZZANOTTE         

- Avv.    Fernanda CONTRI   

- Prof.    Guido NEPPI MODONA                           

- Prof.    Piero Alberto CAPOTOSTI 

- Prof.    Annibale MARINI               

ha pronunciato la seguente

ORDINANZA

nei giudizi di legittimità costituzionale dell'art. 2, numero 12, della legge 16 febbraio 1987, n. 81 (Delega legislativa al Governo della Repubblica per l'emanazione del nuovo codice di procedura penale), e dell'art. 7, comma 2, lettere a), b), f), g) ed i), del codice di procedura penale, promossi con ordinanze emesse il 17 dicembre ed il 3 ottobre 1996 dal Pretore di Enna, il 23 settembre 1996 dal Pretore di Enna, sezione distaccata di Piazza Armerina, ed il 17 ottobre 1996 dal Pretore di Enna, rispettivamente iscritte ai nn. 123, 126, 234 e 415 del registro ordinanze 1997 e pubblicate nella Gazzetta Ufficiale della Repubblica nn. 13, 19 e 28, prima serie speciale, dell'anno 1997.

Visti gli atti di intervento del Presidente del Consiglio dei ministri;

udito nella camera di consiglio del 12 novembre 1997 il Giudice relatore Cesare Mirabelli.

Ritenuto che con ordinanza emessa il 17 dicembre 1996 (reg. ord. n. 123 del 1997) nel corso di un procedimento penale promosso con le imputazioni di violenza a un pubblico ufficiale e rissa aggravata, il Pretore di Enna ha sollevato, in riferimento all'art. 3 della Costituzione, questione di legittimità costituzionale dell'art. 2, numero 12, della legge 16 febbraio 1987, n. 81 (Delega legislativa al Governo della Repubblica per l'emanazione del nuovo codice di procedura penale), e dell'art. 7, comma 2, lettere a) e g), del codice di procedura penale, che attribuisce al pretore la competenza per tali reati, puniti con una pena detentiva superiore a quella che, secondo il generale criterio quantitativo, segna il limite della competenza del pretore (pena edittale sino a quattro anni);

che, ad avviso del giudice rimettente, la ripartizione della competenza tra corte d'assise, tribunale e pretore é stata determinata seguendo un criterio misto, che vede il sistema basato sulla quantità della pena edittale derogato in numerosi casi, in relazione alla rilevanza del bene giuridico tutelato od alla pericolosità del reato. In particolare la competenza del pretore sarebbe stata ampliata, rispetto a quella prevista dal precedente codice di procedura penale, per sottrarre un elevato numero di processi ai tribunali ed alle corti d'assise, riservando ad essi reati nei quali é ritenuta necessaria la cognizione di un organo collegiale, che offrirebbe, secondo il giudice rimettente, maggiori garanzie in ordine alla decisione, da adottare con una procedura non semplificata, quale é invece quella pretorile, nella quale non vi é l'udienza preliminare;

che il Pretore di Enna ritiene che il rapporto tra competenza in ordine ad un reato e composizione monocratica o collegiale dell'organo giudicante non possa prescindere dalla gravità del reato stesso, sicchè vi sarebbe disparità di trattamento, in violazione dell'art. 3 della Costituzione, tra chi é imputato del delitto di violenza a un pubblico ufficiale o di rissa aggravata, giudicato dal pretore, e chi é imputato di un delitto di pari gravità per il quale sia prevista la competenza del tribunale;

che analoghe questioni sono state sollevate, con ordinanze emesse il 3 ottobre 1996 (reg. ord. n. 126 del 1997), il 23 settembre 1996 (reg. ord. n. 234 del 1997) ed il 17 ottobre 1996 (reg. ord. n. 415 del 1997), la prima e l'ultima dal Pretore di Enna, la seconda dal Pretore di Enna, sezione distaccata di Piazza Armerina, i quali, in altrettanti procedimenti penali per i delitti di violazione di domicilio aggravata, maltrattamenti in famiglia e resistenza a un pubblico ufficiale, hanno dubitato, in riferimento all'art. 3 della Costituzione, della legittimità costituzionale delle norme che attribuiscono al pretore, in deroga al criterio quantitativo, la competenza anche in ordine a questi reati (art. 2, numero 12, della legge n. 81 del 1987 e art. 7, comma 2, lettere i), f) e b), cod. proc. pen.);

che in tutti i giudizi é intervenuto il Presidente del Consiglio dei ministri, chiedendo che le questioni di legittimità costituzionale siano dichiarate non fondate.

Considerato che tutte le questioni investono la disciplina della competenza per materia nel processo penale e denunciano, per contrasto con il principio di eguaglianza, le norme (art. 2, numero 12, della legge 16 febbraio 1987, n. 81 e art. 7, comma 2, lettere a), b), f), g) ed i), cod. proc. pen.) che attribuiscono al pretore la competenza a giudicare i delitti di violenza a un pubblico ufficiale (art. 336 cod. pen.), resistenza a un pubblico ufficiale (art. 337 cod. pen.), maltrattamenti in famiglia (art. 572 cod. pen.), rissa aggravata (art. 588, secondo comma, cod. pen.) e violazione di domicilio aggravata (art. 614, quarto comma, cod. pen.), puniti tutti con una pena detentiva superiore nel massimo a quattro anni di reclusione, limite entro cui, secondo il criterio basato sulla quantità della pena edittale, é competente il giudice monocratico;

che le ordinanze di rimessione sollevano un analogo dubbio di legittimità costituzionale concernente le norme che attribuiscono alla competenza del pretore alcuni delitti specificamente indicati, denunciando la violazione dello stesso parametro costituzionale e prospettando identici profili ed argomentazioni, sicchè i relativi giudizi possono essere riuniti per essere decisi con unica pronuncia;

che la delega legislativa per l'emanazione del nuovo codice di procedura penale ha previsto, nella determinazione della competenza per materia, l'adozione di un criterio che tenga conto sia della quantità della pena edittale sia della qualità del reato, comprendendo nella competenza del pretore, oltre ai reati per i quali la legge stabilisce una pena detentiva, sola o congiunta con una pena pecuniaria, non superiore nel massimo a quattro anni, anche altri delitti da indicare specificamente, tra i quali il codice di procedura penale ha inserito i reati presi in considerazione dai giudici rimettenti;

che la asserita disparità di trattamento, prospettata dalle ordinanze di rimessione senza indicare specificamente rispetto a quali delitti attribuiti alla competenza del tribunale si affermi la pari gravità dei reati nominativamente riservati alla competenza del pretore, tenderebbe in realtà ad escludere la compatibilità con il principio di eguaglianza della deroga, in base alla qualità del reato, al criterio della pena edittale nella determinazione della competenza per materia;

che - come ha già affermato la Corte nel dichiarare la manifesta infondatezza di analoghe questioni di legittimità costituzionale aventi ad oggetto le norme che attribuiscono al pretore la competenza a giudicare i delitti di truffa aggravata, omicidio colposo, furto aggravato e ricettazione (ordinanze n. 257 del 1995 e n. 139 del 1997) - rientra nelle valutazioni discrezionali del legislatore la ripartizione, effettuata nei limiti della ragionevolezza, della competenza per materia tra i diversi giudici, senza che determini una disparità di trattamento tra cittadini la differente composizione dell'organo giudicante per i diversi reati o la semplificazione del procedimento;

che non sono stati prospettati dai Pretori di Enna e della sezione distaccata di Piazza Armerina profili o argomenti nuovi rispetto a quelli già esaminati dalla Corte e pertanto le questioni di legittimità costituzionale devono essere dichiarate manifestamente infondate.

Visti gli artt. 26, secondo comma, della legge 11 marzo 1953, n. 87 e 9, secondo comma, delle norme integrative per i giudizi davanti alla Corte costituzionale.

PER QUESTI MOTIVI

LA CORTE COSTITUZIONALE

riuniti i giudizi,

dichiara la manifesta infondatezza delle questioni di legittimità costituzionale dell'art. 2, numero 12, della legge 16 febbraio 1987, n. 81 (Delega legislativa al Governo della Repubblica per l'emanazione del nuovo codice di procedura penale), e dell'art. 7, comma 2, lettere a), b), f), g) ed i), del codice di procedura penale, sollevate, in riferimento all'art. 3 della Costituzione, dai Pretori di Enna e della sezione distaccata di Piazza Armerina con le ordinanze indicate in epigrafe.

Così deciso in Roma, nella sede della Corte costituzionale, Palazzo della Consulta il 16 dicembre 1997.

Presidente: Francesco GUIZZI

Redattore: Cesare MIRABELLI

Depositata in cancelleria il 18 dicembre 1997.