Ordinanza n. 416/97

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ORDINANZA N.416

ANNO 1997

 

REPUBBLICA ITALIANA

IN NOME DEL POPOLO ITALIANO

LA CORTE COSTITUZIONALE

composta dai signori Giudici:

- Dott.   Renato GRANATA, Presidente

- Prof.    Giuliano VASSALLI

- Prof.    Francesco GUIZZI               

- Prof.    Cesare MIRABELLI            

- Prof.    Fernando SANTOSUOSSO            

- Avv.    Massimo VARI                     

- Dott.   Cesare RUPERTO                

- Dott.   Riccardo CHIEPPA             

- Prof.    Gustavo ZAGREBELSKY              

- Prof.    Valerio ONIDA                    

- Prof.    Carlo MEZZANOTTE                     

- Avv.    Fernanda CONTRI               

- Prof.    Guido NEPPI MODONA                

- Prof.    Piero Alberto CAPOTOSTI             

- Prof.    Annibale MARINI               

ha pronunciato la seguente

ORDINANZA

nel giudizio di legittimità costituzionale dell'art. 660 del codice di procedura penale, promosso con ordinanza emessa l'11 dicembre 1996 dal Pretore di Brescia nel procedimento penale a carico di Minelli Gianfranco, iscritta al n. 89 del registro ordinanze 1997 e pubblicata nella Gazzetta Ufficiale della Repubblica n. 10, prima serie speciale, dell'anno 1997.

Visto l'atto di intervento del Presidente del Consiglio dei ministri;

udito nella camera di consiglio del 26 novembre 1997 il Giudice relatore Giuliano Vassalli.

Ritenuto che il Pretore di Brescia, dopo aver rilevato che le Sezioni unite della Corte di cassazione, nel dirimere il precedente contrasto sul punto, hanno affermato che la conversione delle pene pecuniarie per insolvibilità del condannato non può aver luogo in ipotesi di irreperibilità del medesimo, ha sollevato questione di legittimità costituzionale dell'art. 660 del codice di procedura penale, nella parte in cui, appunto, non consente la conversione delle pene pecuniarie non recuperate per insolvibilità del condannato nel caso in cui quest'ultimo risulti irreperibile;

che a parere del giudice a quo la norma impugnata si porrebbe in contrasto:

a.                        con l'art. 3 della Costituzione, in quanto determina una disparità di trattamento tra chi non si sottrae alla esecuzione della pena e chi si é reso irreperibile, generando al tempo stesso un trattamento deteriore per il condannato irreperibile destinatario di un ordine di carcerazione, rispetto al condannato a pena pecuniaria ugualmente irreperibile;

b.                       con gli artt. 27 e 112 della Costituzione, giacchè produce di fatto una sospensione sine die della esecuzione della pena, in ragione di una scelta libera e insindacabile del condannato;

c.                        con l'art. 112 della Costituzione, in quanto tanto la richiesta che il procedimento di conversione finiscono per essere condizionati da circostanze eteroprocessuali che rendono l'uno e l'altra di fatto discrezionali;

che nel giudizio é intervenuto il Presidente del Consiglio dei ministri, rappresentato e difeso dall'Avvocatura generale dello Stato, chiedendo che la questione si dichiarata non fondata.

Considerato che la competenza a provvedere in ordine alla conversione delle pene pecuniarie non eseguite per insolvibilità del condannato spetta, in via esclusiva, al magistrato di sorveglianza, sicchè solo quest'ultimo organo é chiamato a fare applicazione della norma oggetto di impugnativa;

che, d'altra parte, come emerge dalla stessa ordinanza di rimessione, gli atti sono stati nella specie trasmessi alla cancelleria del giudice dell'esecuzione al limitato "fine di reiterare le ricerche per il rintraccio del condannato", con l'ovvia conseguenza che il giudice a quo non risulta investito di alcun giudizio nè é tenuto ad adottare alcuna decisione rispetto alla quale sola potrebbe profilarsi il pur dedotto nesso di pregiudizialità costituzionale;

che, pertanto, la questione proposta deve essere dichiarata manifestamente inammissibile.

Visti gli artt. 26, secondo comma, della legge 11 marzo 1953, n. 87 e 9, secondo comma, delle norme integrative per i giudizi davanti alla Corte costituzionale.

PER QUESTI MOTIVI

LA CORTE COSTITUZIONALE

dichiara la manifesta inammissibilità della questione di legittimità costituzionale dell'art. 660 del codice di procedura penale, sollevata, in riferimento agli artt. 3, 27 e 112 della Costituzione, dal Pretore di Brescia con l'ordinanza in epigrafe.

Così deciso in Roma, nella sede della Corte costituzionale, Palazzo della Consulta, il 10 dicembre 1997.

Presidente: Renato GRANATA

Redattore: Giuliano VASSALLI

Depositata in cancelleria il 17 dicembre 1997.