Ordinanza n. 389/97

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ORDINANZA N.389

ANNO 1997

 

REPUBBLICA ITALIANA

IN NOME DEL POPOLO ITALIANO

LA CORTE COSTITUZIONALE

composta dai signori Giudici:

- Dott. Renato GRANATA, Presidente

- Prof. Francesco GUIZZI

- Prof. Cesare MIRABELLI

- Prof. Fernando SANTOSUOSSO

- Avv. Massimo VARI

- Dott. Cesare RUPERTO

- Dott. Riccardo CHIEPPA

- Prof. Gustavo ZAGREBELSKY

- Prof. Valerio ONIDA

- Prof. Carlo MEZZANOTTE

- Avv. Fernanda CONTRI

- Prof. Guido NEPPI MODONA

- Prof. Piero Alberto CAPOTOSTI

- Prof. Annibale MARINI

ha pronunciato la seguente

ORDINANZA

nel giudizio di legittimità costituzionale dell’art. 9 del decreto-legge 28 giugno 1995, n. 248 (Disposizioni urgenti in materia di ordinamento della Corte dei conti), promosso con ordinanza emessa il 23 giugno e l’11 luglio 1995 dalla Corte dei conti, Sezione giurisdizionale per la Regione Lombardia, nel giudizio di responsabilità amministrativa, instaurato nei confronti di Lama Benedetto ed altro, iscritta al n. 685 del registro ordinanze 1996 e pubblicata nella Gazzetta Ufficiale della Repubblica n. 29, prima serie speciale, dell’anno 1996.

Udito nella camera di consiglio del 15 ottobre 1997 il Giudice relatore Massimo Vari.

Ritenuto che, con ordinanza 23 giugno e 11 luglio 1995 (r.o. n. 685 del 1996), la Sezione giurisdizionale della Corte dei conti per la Regione Lombardia ha sollevato — nel corso di un giudizio di responsabilità proposto dal Procuratore regionale nei confronti di Lama Benedetto e Villardita Giuseppe — questione di legittimità costituzionale dell’art. 9 del decreto-legge 28 giugno 1995, n. 248 (Disposizioni urgenti in materia di ordinamento della Corte dei conti), nella parte in cui, nell’interdire "l’utilizzo del principio della solidarietà passiva", dispone che, in caso di concorso di azioni colpose, la Corte dei conti, valutate le singole responsabilità, condanna ciascuno per la parte che vi ha preso;

che, ad avviso del rimettente, la disposizione denunciata, precludendo la pronunzia di condanne in solido e l’uso del potere riduttivo, si pone in contrasto con gli artt. 3, 24, primo comma, 28 e 97, primo e secondo comma, della Costituzione.

Considerato che la disposizione denunciata é contenuta nel decreto-legge 28 giugno 1995, n. 248, il quale é decaduto per mancata conversione nei termini;

che, successivamente, é stato emanato il decreto-legge 23 ottobre 1996, n. 543, convertito nella legge 20 dicembre 1996, n. 639;

che quest’ultima legge, nel disporre (art. 1, comma 2) che "restano validi gli atti ed i provvedimenti adottati" e che "sono fatti salvi gli effetti prodottisi ed i rapporti giuridici sorti sulla base", tra l’altro, del decreto-legge n. 248 del 1995, ha introdotto (modificando, in sede di conversione, l’art. 3 del decreto-legge n. 543 del 1996) due nuove disposizioni, con le quali si é stabilito che, "se il fatto dannoso é causato da più persone, la Corte dei conti, valutate le singole responsabilità, condanna ciascuno per la parte che vi ha preso", e che, in questo caso, "i soli concorrenti che abbiano conseguito un illecito arricchimento o abbiano agito con dolo sono responsabili solidalmente";

che le nuove disposizioni, secondo quanto previsto dalla medesima legge di conversione, si applicano "anche per i fatti accertati con sentenza passata in giudicato pronunciata in giudizio pendente alla data di entrata in vigore del decreto-legge 28 giugno 1995, n. 248";

che, essendo mutato il complessivo quadro normativo applicabile in rapporto alla fattispecie dedotta nel processo principale, occorre restituire gli atti al giudice a quo perchè valuti se, alla luce della nuova disciplina, la questione sollevata sia tuttora rilevante.

PER QUESTI MOTIVI

LA CORTE COSTITUZIONALE

ordina la restituzione degli atti al giudice rimettente.

Così deciso in Roma, nella sede della Corte costituzionale, Palazzo della Consulta, il 27 novembre 1997.

Presidente: Renato GRANATA

Redattore: Massimo VARI

Depositata in cancelleria il 11 dicembre 1997.