Sentenza n. 372/97

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SENTENZA N.372

ANNO 1997

 

REPUBBLICA ITALIANA

IN NOME DEL POPOLO ITALIANO

LA CORTE COSTITUZIONALE

composta dai signori Giudici:

- Dott. Renato GRANATA, Presidente

- Prof. Giuliano VASSALLI

- Prof. Francesco GUIZZI

- Prof. Cesare MIRABELLI

- Prof. Fernando SANTOSUOSSO

- Avv. Massimo VARI

- Dott. Cesare RUPERTO

- Dott. Riccardo CHIEPPA

- Prof. Gustavo ZAGREBELSKY

- Prof. Valerio ONIDA

- Prof. Carlo MEZZANOTTE

- Avv. Fernanda CONTRI

- Prof. Piero Alberto CAPOTOSTI    

- Prof. Annibale MARINI

ha pronunciato la seguente

SENTENZA

nei giudizi di legittimità costituzionale dell’art. 18, sesto comma, della legge 20 settembre 1980, n. 576 (Riforma del sistema previdenziale forense), promossi con nn. 5 ordinanze emesse il 24 giugno, il 19 luglio, il 20 agosto (n. 2 ordinanze) ed il 21 giugno 1996 del Tribunale di Napoli rispettivamente iscritte ai nn. 1110, 1111, 1241, 1242 e 1243 del registro ordinanze 1996 e pubblicate nella Gazzetta Ufficiale della Repubblica nn. 42 e 46, prima serie speciale, dell’anno 1996.

Udito nella camera di consiglio del 15 ottobre 1997 il Giudice relatore Fernanda Contri.

Ritenuto in fatto

1. - Nel corso di un procedimento di reclamo avverso l’ordinanza con la quale il Pretore di Napoli aveva dichiarato il proprio difetto di giurisdizione a pronunciarsi sull’istanza di provvedimento d’urgenza, proposta da un avvocato per ottenere la sospensione dell’esecuzione della cartella esattoriale relativa a contributi, interessi e sanzioni iscritti a ruolo dalla Cassa nazionale di previdenza ed assistenza per gli avvocati ed i procuratori, il Tribunale di Napoli, con ordinanza in data 24 giugno 1996, ha sollevato, in riferimento agli artt. 3 e 24 della Costituzione, questione di legittimità costituzionale dell’art. 18, sesto comma, della legge 20 settembre 1980, n. 576 (Riforma del sistema previdenziale forense), nella parte in cui, rinviando per la riscossione dei contributi insoluti alla disciplina delle imposte dirette, dettata dal d.P.R. 29 settembre 1973, n. 602 (Disposizioni sulla riscossione delle imposte sul reddito), esclude il potere cautelare dell’autorità giudiziaria ordinaria di sospendere l’esecuzione, allorchè il soggetto passivo contesti l’esistenza o l’ammontare del credito.

Il giudice remittente, premesso che la riscossione dei contributi previdenziali insoluti, consistenti in crediti di natura non tributaria, si attua con le modalità previste dal sistema di riscossione delle imposte dirette, cui fa rinvio la legge n. 576 del 1980, osserva che gli artt. 53 e 54 del d.P.R. n. 602 del 1973 riservano esclusivamente all’intendente di finanza, in sede di ricorso contro gli atti esecutivi dell’esattore, il potere di sospendere la procedura esecutiva, sussistendo in materia un difetto assoluto di giurisdizione ordinaria; tale carenza di giurisdizione é tuttavia mitigata dalla possibilità di proporre opposizione di terzi, ex art. 619 cod. proc. civ., innanzi all’autorità giudiziaria ordinaria, cui, solo in tale ipotesi, é consentito esercitare il potere sospensivo, non essendo ammesse le opposizioni regolate dagli articoli da 615 a 618 del codice di procedura civile.

Ad avviso del giudice a quo, la norma censurata si porrebbe in contrasto con il principio di eguaglianza, per la evidente disparità di trattamento che, sotto il profilo della tutela giurisdizionale, si determina tra i soggetti passivi di obbligazioni di natura non tributaria, secondo che il sistema di riscossione dei rispettivi crediti si attui o meno attraverso il rinvio alla procedura esattoriale, nonchè per il trattamento deteriore cui é assoggettata la riscossione delle entrate di natura non tributaria quando si contesti l’esistenza o l’entità del credito, poichè non trova applicazione il sistema automatico della gradualità dell’esazione, previsto dall’art. 15 del citato d.P.R. n. 602 del 1973 in relazione alle imposte.

Il remittente prospetta poi un ulteriore profilo di incostituzionalità della norma in esame, consistente nella violazione dell’art. 24 della Costituzione, in quanto per i crediti di natura non tributaria, la cui riscossione avviene attraverso la richiamata procedura esattoriale, non é riconosciuta la pienezza della tutela giurisdizionale, essendo irragionevolmente escluso il profilo cautelare.

2. - Con ordinanze emesse nelle date del 19 luglio 1996, del 20 agosto 1996 e del 21 giugno 1996, nel corso di analoghi procedimenti di reclamo, il medesimo Tribunale di Napoli ha sollevato identiche questioni di legittimità costituzionale dell’art. 18, sesto comma, della legge 20 settembre 1980, n. 576.

Considerato in diritto

1. - Con cinque distinte ordinanze il Tribunale di Napoli ha sollevato questione di legittimità costituzionale dell’art. 18, sesto comma, della legge 20 settembre 1980, n. 576, nella parte in cui, rinviando per la soddisfazione coattiva dei crediti non tributari della Cassa nazionale di previdenza ed assistenza per gli avvocati ed i procuratori alla disciplina della riscossione delle imposte dirette, di cui al d.P.R. n. 602 del 1973, esclude il potere cautelare dell’autorità giudiziaria ordinaria di sospendere l’esecuzione, allorchè il soggetto passivo contesti l’esistenza o l’ammontare del credito. Poichè le anzidette ordinanze sollevano una identica questione di legittimità costituzionale, i relativi giudizi devono riunirsi per essere decisi con un’unica sentenza.

2. - Ad avviso del giudice remittente, la indicata norma, disciplinante il sistema di soddisfazione coattiva dei contributi previdenziali attraverso il rinvio alle norme sulla riscossione delle imposte dirette, violerebbe il principio di eguaglianza, determinando un trattamento discriminatorio, sotto il profilo della difesa giurisdizionale, tra i soggetti passivi di obbligazioni aventi la medesima natura non tributaria, secondo che il sistema di riscossione previsto per ciascun credito rinvii o meno a quello esattoriale; inoltre, allorchè sia contestata l’esistenza o l’entità del credito, la riscossione di entrate di natura non tributaria é assoggettata ad un trattamento deteriore, non potendo operare il principio automatico di gradualità dell’esazione, previsto, invece, in relazione alle imposte dirette, dall’art. 15 del d.P.R. n. 602 del 1973.

La indicata disciplina si porrebbe poi in contrasto con la garanzia di pienezza della tutela giurisdizionale, in quanto per i crediti di natura non tributaria é irragionevolmente escluso da essa il profilo cautelare.

3. - La questione é fondata.

L’art. 18, sesto comma, della legge n. 576 del 1980 prevede che la riscossione dei contributi della Cassa previdenziale forense possa essere attuata "a mezzo di ruoli da essa compilati, resi esecutivi dall’intendenza di finanza competente e da porre in riscossione secondo le norme previste per la riscossione delle imposte dirette". Attraverso tale rinvio alle norme sulle imposte dirette trovano applicazione, in particolare, gli artt. 53 e 54 del d.P.R. n. 602 del 1973, che consentono soltanto all’intendente di finanza di sospendere la procedura, in sede di ricorso contro gli atti esecutivi dell’esattore, ed escludono l’esercizio di analogo potere da parte dell’autorità giudiziaria ordinaria, con la sola eccezione dell’ipotesi in cui sia stata proposta opposizione di terzi. Onde il debitore che contesti l’esistenza o l’ammontare dei contributi previdenziali non può invocare un provvedimento giurisdizionale di sospensione della riscossione, trattandosi di un potere attribuito in via esclusiva all’intendente di finanza, nè può beneficiare del sistema di gradualità della esazione, di cui all’art. 15 del d.P.R. n. 602 del 1973, poichè esso opera solo in relazione alle imposte e quindi ad entrate di natura diversa da quelle previdenziali in esame.

L’esclusione del potere di sospensione della riscossione da parte dell’autorità giudiziaria ordinaria, in relazione ad entrate di natura non tributaria, era stata già ritenuta da questa Corte contraria ai precetti costituzionali dell’eguaglianza e della garanzia di effettività della tutela giurisdizionale; con la sentenza n. 318 del 1995 si era infatti sottolineato "il discriminatorio regime al quale risulta assoggettata la riscossione delle entrate di natura non tributaria quando l’utente avanzi contestazioni circa la esistenza o l’entità del credito", poichè per tali riscossioni, attuate, come quella in oggetto, attraverso il rinvio alla procedura esattoriale, non solo si priva il debitore della possibilità di invocare innanzi al giudice il potere di sospensione cautelare, la cui esclusione "nell’ambito del sistema della tutela giurisdizionale, per considerarsi legittima deve pur sempre risultare ispirata a motivi di ragionevolezza", ma "neppure é prevista quella " graduazione" della esecutività", che, "nell’ambito della disciplina positiva della riscossione delle stesse entrate tributarie, bilancia la mancata previsione di misure cautelari giurisdizionali".

Con la sentenza n. 239 del 1997 questa Corte ha posto ancora in risalto l’aspetto discriminatorio ed irragionevole della carenza di " graduazione" dell’esecutività nel sistema di riscossione delle entrate di natura non tributaria, attuato con la tecnica del rinvio alle norme sulla riscossione delle imposte dirette, in quanto esso non solo "impone al debitore un sacrificio assolutamente sproporzionato rispetto alle finalità ed alla natura dell’ente creditore, ma comporta altresì, anche in considerazione di taluni effetti di " irreversibilità" tipici del processo esecutivo, una inammissibile limitazione della tutela alla proponibilità di sole iniziative risarcitorie", giungendo alla conclusione che in subiecta materia sono "carenti idonei strumenti di difesa giurisdizionale del debitore, nei cui confronti si procede a riscossione coattiva, cosicchè é evidente la violazione anche del principio di cui all’art. 24 della Costituzione".

In forza dei principi testè esposti, che trovano piena applicazione in relazione alla questione in oggetto, deve dichiararsi la illegittimità costituzionale dell’art. 18, sesto comma, della legge 20 settembre 1980, n. 576, nella parte in cui, rinviando alle norme previste per la riscossione delle imposte dirette, non consente all’autorità giudiziaria ordinaria - nell’ipotesi in cui il debitore contesti l’esistenza o l’entità del credito - di sospendere l’esecuzione dei ruoli esattoriali relativi ad entrate di natura non tributaria.

PER QUESTI MOTIVI

LA CORTE COSTITUZIONALE

riuniti i giudizi,

dichiara l’illegittimità costituzionale dell’art. 18, sesto comma, della legge 20 settembre 1980, n. 576 (Riforma del sistema previdenziale forense), nella parte in cui, rinviando alle norme previste per la riscossione delle imposte dirette, non consente all’autorità giudiziaria ordinaria - nell’ipotesi in cui il debitore contesti l’esistenza o l’entità del credito - di sospendere l’esecuzione dei ruoli esattoriali relativi ad entrate di natura non tributaria.

Così deciso in Roma, nella sede della Corte costituzionale, Palazzo della Consulta, il 26 novembre 1997.

Presidente: Renato GRANATA

Redattore: Fernanda CONTRI

Depositata in cancelleria il 5 dicembre 1997.