Ordinanza n. 340/97

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ORDINANZA N.340

ANNO 1997

 

REPUBBLICA ITALIANA

IN NOME DEL POPOLO ITALIANO

LA CORTE COSTITUZIONALE

composta dai signori Giudici:

- Dott.   Renato GRANATA, Presidente

- Prof.    Giuliano VASSALLI

- Prof.    Francesco GUIZZI   

- Prof.    Cesare MIRABELLI

- Prof.    Fernando SANTOSUOSSO 

- Avv.    Massimo VARI         

- Dott.   Cesare RUPERTO    

- Dott.   Riccardo CHIEPPA  

- Prof.    Gustavo ZAGREBELSKY  

- Prof.    Valerio ONIDA        

- Prof.    Carlo MEZZANOTTE         

- Prof.    Guido NEPPI MODONA    

- Prof.    Piero Alberto CAPOTOSTI 

ha pronunciato la seguente

ORDINANZA

nel giudizio di legittimità costituzionale dell’art. 34, comma 2, del codice di procedura penale, promosso con ordinanza emessa l’11 novembre 1996 dal Tribunale di Verona, iscritta al n. 3 del registro ordinanze 1997 e pubblicata nella Gazzetta Ufficiale della Repubblica n. 5, prima serie speciale, dell’anno 1997.

Udito nella camera di consiglio del 18 giugno 1997 il Giudice relatore Carlo Mezzanotte.

Ritenuto che il Tribunale di Verona con ordinanza in data 11 novembre 1996 ha sollevato, in riferimento agli artt. 3, primo comma, e 24, secondo comma, della Costituzione, questione di legittimità costituzionale dell’art. 34, comma 2, del codice di procedura penale, nella parte in cui non prevede l’incompatibilità del giudice, pronunciatosi con sentenza sulla richiesta di applicazione della pena ai sensi dell’art. 444 cod. proc. pen. nei confronti di alcuni imputati, a celebrare il dibattimento nei confronti di altri concorrenti nei medesimi reati;

che, ad avviso del giudice a quo, nell’applicare ai coimputati la pena su richiesta egli avrebbe compiuto una valutazione "non solo formale, ma di contenuto circa l’idoneità delle risultanze delle indagini preliminari a fondare un giudizio di responsabilità" in ordine ai medesimi fatti, contestati agli imputati non patteggianti (corruzione, turbata libertà degli incanti, ecc.), il cui diritto di difesa risulterebbe compromesso, con conseguente vulnerazione del principio del giusto processo;

che, secondo il remittente, la sentenza n. 371 del 1996 di questa Corte non potrebbe trovare applicazione nel caso sottoposto al suo esame, poichè il decisum di quella pronuncia non parrebbe "ricomprendere l’ipotesi in cui la posizione del terzo sia stata incidentalmente valutata allo stato degli atti e con giudizio in chiave essenzialmente negativa ai sensi dell’art. 129 cod. proc. pen.".

Considerato che, secondo l’ordinanza di rimessione, la logica sottesa alla sentenza n. 371 del 1996 comporterebbe che il giudice che si sia pronunciato in un precedente giudizio sulla responsabilità di alcuni concorrenti sia per ciò solo colpito da incompatibilità in relazione al processo che venga successivamente celebrato nei confronti di altro o di altri concorrenti;

che invece quella sentenza mantiene espressamente ferma la precedente acquisizione giurisprudenziale, che risale alle sentenze n. 186 del 1992 e n. 439 del 1993: nelle ipotesi di concorso di persone nel reato, la autonomia delle posizioni di ciascun concorrente consente, pur nella naturalistica unitarietà della fattispecie, una segmen-tazione di processi e la scomposizione del fatto in una pluralità di condotte autonomamente valutabili in processi distinti, senza che la decisione dell’uno debba influenzare quella dell’altro;

che con la sentenza n. 371 del 1996 si é però affermato che il principio costituzionale del giusto processo, anche indipendentemente dalle ipotesi di concorso di persone nel reato, impedisce che uno stesso giudice valuti più volte, in sentenza, in successivi processi la responsabilità penale di una persona in relazione al medesimo reato;

che pertanto l’incompatibilità del giudice non può essere estesa a tutte le ipotesi in cui si proceda separatamente nei confronti di diversi soggetti, concorrenti o meno nel reato, ma deve essere ragionevolmente circoscritta ai casi in cui, con la sentenza che definisce il processo a carico di un imputato, vengano compiute, sia pure incidentalmente, valutazioni in ordine alla responsabilità penale di una persona formalmente estranea al processo;

che di conseguenza solo attraverso la puntuale analisi dell’effettivo contenuto della sentenza che si assuma pregiudicante può essere accertato l’eventuale compimento di una valutazione in ordine alla responsabilità del terzo, suscettibile di determinare l’incompatibilità del giudice al successivo giudizio;

che nel caso di specie non risulta che il Tribunale di Verona nelle sentenze di applicazione della pena rese nei confronti di alcuni dei concorrenti abbia espresso una valutazione, neppure superficiale o sommaria, circa la responsabilità degli ulteriori concorrenti estranei al processo, la posizione dei quali é quindi rimasta non pregiudicata;

che, pertanto, la questione deve essere dichiarata manifestamente infondata.

Visti gli artt. 26, secondo comma, della legge 11 marzo 1953, n. 87 e 9, secondo comma, delle norme integrative per i giudizi davanti alla Corte costituzionale.

PER QUESTI MOTIVI

LA CORTE COSTITUZIONALE

dichiara la manifesta infondatezza della questione di legittimità costituzionale dell’art. 34, comma 2, del codice di procedura penale, sollevata, in riferimento agli artt. 3, primo comma, e 24, secondo comma, della Costitu-zione, dal Tribunale di Verona con l’ordinanza indicata in epigrafe.

Così deciso in Roma, nella sede della Corte costituzionale, Palazzo della Consulta, il 27 ottobre 1997.

Presidente Renato GRANATA

Redattore Carlo MEZZANOTTE

Depositata in cancelleria il 7 novembre 1997.