Ordinanza n. 301/97

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ORDINANZA N.301

ANNO 1997

 

REPUBBLICA ITALIANA

IN NOME DEL POPOLO ITALIANO

LA CORTE COSTITUZIONALE

composta dai signori Giudici:

- Dott.   Renato GRANATA, Presidente

- Prof.    Giuliano VASSALLI           

- Prof.    Cesare MIRABELLI            

- Prof.    Fernando SANTOSUOSSO

- Avv.    Massimo VARI         

- Dott.   Cesare RUPERTO    

- Dott.   Riccardo CHIEPPA  

- Prof.    Gustavo ZAGREBELSKY  

- Prof.    Valerio ONIDA        

- Prof.    Carlo MEZZANOTTE         

- Avv.    Fernanda CONTRI   

- Prof.    Guido NEPPI MODONA    

- Prof.    Piero Alberto CAPOTOSTI 

ha pronunciato la seguente

ORDINANZA

nei giudizi di legittimità costituzionale degli artt. 34, 431 e 566 del codice di procedura penale e dell'art. 138 del decreto legislativo 28 luglio 1989, n. 271 (Norme di attuazione, di coordinamento e transitorie del codice di procedura penale), promossi con ordinanze emesse il 13 novembre (n. 3 ordinanze) e il 13 dicembre 1996, dal Pretore di Roma, sezione distaccata di Tivoli, il 29 novembre 1996 dal Pretore di Roma, sezione distaccata di Castelnuovo di Porto ed il 15 gennaio 1997 dal Pretore di Roma, sezione distaccata di Tivoli, rispettivamente iscritte ai nn. 10, 11, 12, 66, 74 e 184 del registro ordinanze 1997 e pubblicate nella Gazzetta Ufficiale della Repubblica nn. 5, 9, 10 e 16, prima serie speciale, dell'anno 1997.

Visti gli atti di intervento del Presidente del Consiglio dei ministri;

udito nella camera di consiglio del 4 giugno 1997 il Giudice relatore Guido Neppi Modona.

Ritenuto che con sei ordinanze di identico contenuto, nel corso di altrettanti dibattimenti celebrati con rito direttissimo, il Pretore di Roma, sezioni distaccate di Tivoli (r.o. nn. 10, 11, 12, 66 e 184/97) e di Castelnuovo di Porto (r.o. n. 74/97), ha sollevato questione di legittimità costituzionale degli articoli 34, 431, 566 del codice di procedura penale, e dell'articolo 138 del decreto legislativo 28 luglio 1989, n. 271 (Norme di attuazione del codice di procedura penale), in riferimento agli articoli 3, primo comma, 24, secondo comma, 25, primo comma, 27, secondo comma, della Costituzione;

che le norme censurate violerebbero i suddetti princìpi costituzionali nella parte in cui non prescrivono che la relazione dell'ufficiale o dell'agente di polizia giudiziaria procedente e le dichiarazioni dell'imputato vengano assunte in sede di convalida nel rispetto delle forme dettate per la testimonianza e per l'esame dell'imputato nel dibattimento, nonchè nella parte in cui non prevedono l'inserimento di tali atti nel fascicolo per il dibattimento;

che, ad avviso dei rimettenti, il principio affermato dalla Corte costituzionale nelle numerose decisioni in tema di incompatibilità ex art. 34 cod. proc. pen. - secondo cui <<una valutazione di contenuto sulla probabile fondatezza dell'accusa>> anticipa il giudizio - combinato con quanto affermato dalla stessa Corte (sentenza n. 177 del 1996) in riferimento al giudizio direttissimo avanti al pretore, allorchè ha escluso che la decisione sulla convalida dell'arresto e sulla misura cautelare determini l'incompatibilità del giudice chiamato a celebrare il dibattimento con il rito direttissimo, dovrebbe comportare che l'acquisizione degli elementi di valutazione nella fase della convalida avvenga nel rispetto delle forme e con le garanzie proprie della fase del giudizio: in particolare per quanto <<concerne i qualificanti momenti della cosiddetta relazione orale dell'ufficiale o agente di polizia giudiziaria procedente e della dichiarazione dell'arrestato che, a norma dell'articolo 566 cod. proc. pen., viene (sentito( ai fini della convalida>>;

che infatti, secondo i giudici a quibus, solamente rispettando le forme previste per il dibattimento potrebbe essere garantita la compatibilità di tali momenti con i parametri costituzionali rappresentati dagli articoli 3, 24, secondo comma, 25, primo comma, e 27, secondo comma, della Costituzione, così salvaguardandosi anche <<l'aspetto della loro diretta utilizzabilità ai fini di giudizio>>;

che i rimettenti, avendo premesso di aver già provveduto al giudizio di convalida e alla applicazione delle misure cautelari, motivano sulla rilevanza osservando che i giudizi - nel corso dei quali la questione viene sollevata - si trovano proprio <<nella fase dibattimentale conseguente alla convalida [...], dove trovano applicazione le norme censurate>>;

che é intervenuto nei vari giudizi il Presidente del Consiglio dei ministri, rappresentato e difeso dall'Avvocatura generale dello Stato, chiedendo, con distinti ma identici atti di intervento, che la questione sia dichiarata manifestamente infondata;

che, in particolare, l'Avvocatura rileva che non si comprende perchè nella fase della convalida le dichiarazioni dell'imputato o la relazione orale degli agenti di polizia giudiziaria dovrebbero essere assunte con formalità tali da consentirne la acquisizione al fascicolo del dibattimento, visto che la fase della convalida dell'arresto, ancorchè immediatamente precedente al giudizio di merito, resta pur sempre fase distinta, e non indirizzata alla formazione della prova.

Considerato che in relazione all'identico tenore delle ordinanze deve disporsi la riunione dei relativi giudizi;

che, come emerge dalle ordinanze di rimessione, la questione é stata sollevata quando il rimettente aveva già provveduto sulla convalida dell'arresto e sulla richiesta di misura cautelare, ed aveva già avuto inizio il dibattimento;

che di conseguenza la questione, essendo volta a modificare le modalità di assunzione degli atti raccolti durante la fase della convalida dell'arresto, rispetto alla quale il giudice a quo ha oramai esaurito la sua cognizione, difetta di rilevanza in relazione al giudizio di merito nell'ambito del quale, ancorchè in limine, é stata sollevata (v., ex plurimis, ordinanze n. 148 del 1997, n. 49 del 1996 e n. 432 del 1991);

che, pertanto, la questione deve essere dichiarata manifestamente inammissibile.

Visti gli artt. 26, secondo comma, della legge 11 marzo 1953, n. 87, e 9, secondo comma, delle norme integrative per i giudizi davanti alla Corte costituzionale.

PER QUESTI MOTIVI

LA CORTE COSTITUZIONALE

riuniti i giudizi,

dichiara la manifesta inammissibilità della questione di legittimità costituzionale degli artt. 34, 431, 566 del codice di procedura penale e 138 del decreto legislativo 28 luglio 1989, n. 271 (Norme di attuazione, di coordinamento e transitorie del codice di procedura penale), sollevata, in riferimento agli artt. 3, primo comma, 24, secondo comma, 25, primo comma, e 27, secondo comma, della Costituzione, dal Pretore di Roma, sezioni distaccate di Tivoli e Castenuovo di Porto, con le ordinanze in epigrafe.

Così deciso in Roma, nella sede della Corte costituzionale, Palazzo della Consulta, il 18 luglio 1997.

Presidente: Renato GRANATA

Redattore: Guido NEPPI MODONA

Depositata in cancelleria il 30 luglio 1997.