Ordinanza n. 252

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ORDINANZA N.252

 

ANNO 1997

 

 

REPUBBLICA ITALIANA

IN NOME DEL POPOLO ITALIANO

LA CORTE COSTITUZIONALE

composta dai signori Giudici:

- Prof. Giuliano VASSALLI, Presidente

- Prof. Francesco GUIZZI

- Prof. Cesare MIRABELLI

- Prof. Fernando SANTOSUOSSO

- Avv. Massimo VARI

- Dott. Cesare RUPERTO

- Dott. Riccardo CHIEPPA

- Prof. Gustavo ZAGREBELSKY

- Prof. Valerio ONIDA

- Prof. Carlo MEZZANOTTE

- Avv. Fernanda CONTRI

- Prof. Guido NEPPI MODONA

- Prof. Piero Alberto CAPOTOSTI

ha pronunciato la seguente

ORDINANZA

nei giudizi di legittimità costituzionale degli artt. 7-ter, 7-quater, 7-quinquies, 7-sexies e 7-septies del decreto-legge 30 dicembre 1989, n. 416 (Norme urgenti in materia di asilo politico, di ingresso e soggiorno dei cittadini extracomunitari e di regolarizzazione dei cittadini extracomunitari ed apolidi già presenti nel territorio dello Stato), convertito nella legge 28 febbraio 1990, n. 39, introdotti dai decreti-legge 18 novembre 1995 n. 489 (Disposizioni urgenti in materia di politica dell'immigrazione e per la regolamentazione dell'ingresso e soggiorno nel territorio nazionale dei cittadini dei Paesi non appartenenti all'Unione europea), 18 gennaio 1996, n. 22, e 17 gennaio 1966, n. 269; dell'art. 7, comma 1, del decreto-legge n. 416 del 1989 come modificato dal decreto-legge n. 489 del 1995; degli artt. 7, 8 e 9 del decreto-legge n. 489 del 1995; dell'art. 7 del decreto-legge 19 marzo 1996, n. 132, e 13 settembre 1996, n. 477 (Disposizioni urgenti in materia di politica dell'immigrazione e per la regolamentazione dell'ingresso e soggiorno nel territorio nazionale dei cittadini dei Paesi non appartenenti all'Unione europea); del decreto-legge 18 novembre 1995, n. 489; dell'art. 7-bis del decreto-legge n. 416 del 1989 come modificato dal decreto-legge 16 luglio 1996, n. 376, e dell'art. 15, comma 2, lett. c), della legge 23 agosto 1988, n. 400 (Disciplina dell'attività di Governo e ordinamento della Presidenza del Consiglio dei ministri), promossi con ordinanze emesse l'11 dicembre 1995 dal Pretore di Grosseto, il 27 novembre 1995 dal Pretore di Macerata, il 29 novembre 1995 (con successiva ordinanza di correzione di errore materiale del 22 dicembre 1995) ed altra emessa sempre il 29 novembre 1995 dal Giudice per l'udienza preliminare presso il Tribunale per i minorenni di Ancona, il 18 dicembre 1995 dal Pretore di Palermo, il 1° dicembre 1995 dal Pretore di Ragusa, il 23 gennaio 1996 (sei ordinanze) dal Pretore di Roma, il 26 gennaio 1996 (tre ordinanze) dal Pretore di Ancona, sezione distaccata di Fabriano, il 23 gennaio 1996 dal Pretore di Roma, il 27 febbraio 1996 dal Pretore di Genova, il 18 giugno 1996 (quattro ordinanze) dal T.A.R. della Toscana, il 22 agosto e il 21 agosto 1996 (due ordinanze) dal Pretore di Perugia, il 7 agosto e il 5 agosto (tre ordinanze) dal Pretore di Biella, l'8 giugno 1996 dal Pretore di Roma, il 19 aprile 1996 dal Giudice per le indagini preliminari presso la Pretura di Pisa, il 1° ottobre, il 3 ottobre (tre ordinanze) ed il 5 ottobre 1996 dal Pretore di Roma, rispettivamente iscritte ai nn. 111, 154, 171, 172, 197, 284, da 302 a 307, da 366 a 368, 439, 467, da 1102 a 1105, da 1204 a 1206, da 1225 a 1228, 1251, 1330, da 1362 a 1366 del registro ordinanze 1996 e pubblicate nella Gazzetta Ufficiale della Repubblica nn. 8, 9, 10, 11, 14, 15, 19, 21, 22, 42, 45 e 46, prima serie speciale, dell'anno 1996, e nn. 1 e 3, prima serie speciale, dell'anno 1997.

Visti gli atti di intervento del Presidente del Consiglio dei ministri;

udito nella camera di consiglio del 25 marzo 1997 il Giudice relatore Francesco Guizzi.

Ritenuto che il giudice per l'udienza preliminare presso il Tribunale per i minorenni di Ancona, con ordinanza del 29 novembre 1995, il Pretore di Palermo, con ordinanza del 18 dicembre 1995, il Pretore di Biella, con quattro ordinanze di identico contenuto, una del 7 agosto 1996 e tre del 5 agosto 1996, hanno sollevato questione di legittimità costituzionale dell'intero testo del decreto-legge 18 novembre 1995, n. 489 (Disposizioni urgenti in materia di politica dell'immigrazione e per la regolamentazione dell'ingresso e soggiorno nel territorio nazionale dei cittadini dei Paesi non appartenenti all'Unione europea), con riferimento all'art. 77 della Costituzione, per difetto del presupposto della straordinaria necessità e urgenza di provvedere in materia di soggiorno nel territorio nazionale di cittadini appartenenti a Paesi extracomunitari;

che il      Giudice per le indagini preliminari presso la Pretura di Pisa, con ordinanza del 19 aprile 1996, ha sollevato questione di legittimità costituzionale degli artt. da 7 a 7-septies del decreto-legge 19 marzo 1996, n. 132 (Disposizioni urgenti in materia di politica dell'immigrazione e per la regolamentazione dell'ingresso e soggiorno nel territorio nazionale dei cittadini dei Paesi non appartenenti all'Unione europea) [recte: dell'art. 7 del decreto-legge n. 132 del 1996, in quanto sostituisce e introduce, nel corpo del decreto-legge 30 dicembre 1989, n. 416 (Norme urgenti in materia di asilo politico, di ingresso e soggiorno dei cittadini extracomunitari e di regolarizzazione dei cittadini extracomunitari ed apolidi già presenti nel territorio dello Stato), convertito, con modificazioni, nella legge 28 febbraio 1990, n. 39, gli artt. da 7 a 7-septies], in riferimento agli artt. 25, secondo e terzo comma, e 77 della Costituzione, in base alla considerazione secondo cui le scelte di politica criminale sarebbero riservate esclusivamente al Parlamento e il fenomeno migratorio dai Paesi extracomunitari rappresenterebbe un dato sociale ormai stabile;

che il Pretore di Perugia, con tre ordinanze di identico contenuto, due del 21 agosto 1996, e una del 22 agosto 1996, ha sollevato questione di legittimità costituzionale dell'art. 15, comma 2, lettera c), della legge 23 agosto 1988, n. 400 (Disciplina dell'attività di Governo e ordinamento della Presidenza del Consiglio dei Ministri), in riferimento agli artt. 3 e 77 della Costituzione, in quanto - inibendo al Governo di "rinnovare le disposizioni di decreti-legge dei quali sia stata negata la conversione in legge con il voto di una delle due Camere" - consentirebbe un uso improprio del potere normativo attribuito all'Esecutivo, perchè non vieterebbe di reiterare incondizionatamente un decreto-legge non convertito nei termini;

che il Pretore di Macerata, con ordinanza del 27 novembre 1995, ha sollevato questione di legittimità costituzionale dell'art. 7, comma 1, del decreto-legge n. 416 del 1989, convertito nella legge n. 39 del 1990, come sostituito dall'art. 7, comma 1, del citato decreto-legge 18 novembre 1995, n. 489, in riferimento agli artt. 3 e 27 della Costituzione;

che il Pretore di Ancona, sezione distaccata di Fabriano, con tre ordinanze del 26 gennaio 1996, ha sollevato, in relazione agli artt. 3, 25 e 27, primo e terzo comma, della Costituzione, questione di legittimità costituzionale dell'art. 7-septies, commi 4 e 5, del decreto-legge 18 gennaio 1996, n. 22 (Disposizioni urgenti in materia di politica dell'immigrazione e per la regolamentazione dell'ingresso e soggiorno nel territorio nazionale dei cittadini dei Paesi non appartenenti all'Unione europea) [recte: dell'art. 7 del decreto-legge n. 22 del 1996, nella parte in cui introduce l'art. 7-septies nel citato decreto-legge n. 416 del 1989], atteso che, comminando sanzioni anche a coloro che non hanno padronanza della lingua italiana, determinerebbe quei casi di ignoranza inevitabile della legge penale, secondo quanto affermato da questa Corte con la sentenza n. 364 del 1988;

che il Pretore di Grosseto, con ordinanza dell'11 dicembre 1995, e il Pretore di Palermo, con la già richiamata ordinanza del 18 dicembre 1995, hanno sollevato questione di legittimità costituzionale dell'art. 7-septies, comma 5, come introdotto dal citato decreto-legge n. 489 del 1995, in relazione all'art. 3, il primo, e agli artt. 2, 13, 24, 29 e 30, della Costituzione, il secondo, per l'ingiusta discriminazione fra lo straniero e il cittadino, in riferimento, fra l'altro, al limite minimo di pena per l'applicazione della misura coercitiva di cui all'art. 280 del codice di procedura penale e per l'attribuzione alla polizia giudiziaria di un potere del tutto estraneo al sistema delineato dal codice di rito;

che il Pretore di Palermo, con la menzionata ordinanza, ha sollevato, in riferimento all'art. 3 della Costituzione, questione di legittimità costituzionale dell'art. 7 del decreto-legge n. 489 del 1995, in quanto ha introdotto l'art. 7-septies, comma 1, nel decreto-legge n. 416 del 1989, convertito nella legge n. 39 del 1990, che ha istituito una figura di reato punita con l'arresto fino a sei mesi e l'ammenda fino a lire 800.000 per lo straniero, il quale - sebbene richiestone dall'autorità di pubblica sicurezza - non esibisca senza giustificato motivo il passaporto o altro documento di identificazione, e l'art. 7-septies, comma 2, che punisce con la reclusione fino a tre anni lo stesso fatto commesso dallo straniero al quale é stato notificato un provvedimento di espulsione; a quest'ultimo riguardo il giudice a quo osserva che il provvedimento amministrativo potrebbe essere impugnato e, dunque, sospeso o annullato, per cui verrebbe meno il presupposto per la punibilità del fatto senza che l'ordinamento preveda un rimedio;

che il Pretore di Ragusa, con ordinanza del 1° dicembre 1995, ha sollevato questione di legittimità costituzionale del citato art. 7-septies, commi 1, 2 e 4, come introdotto dal citato decreto-legge n. 489 del 1995, in relazione all'art. 25, secondo comma, della Costituzione, perchè sarebbe riservato alla legge in senso formale introdurre reati;

che il Pretore di Roma, con sei ordinanze, del 1°, 3 e 5 ottobre 1996, ha sollevato questione di legittimità costituzionale dell'art. 7 del decreto-legge 13 settembre 1996, n. 477 (Disposizioni urgenti in materia di politica dell'immigrazione e per la regolamentazione dell'ingresso e soggiorno nel territorio nazionale dei cittadini dei Paesi non appartenenti all'Unione europea), in riferimento all'art. 77, per l'ennesima reiterazione del decreto-legge in difetto dei requisiti di straordinaria necessità e urgenza, e agli artt. 2, 13, 24 e 25 della Costituzione;

che il Pretore di Perugia, con le tre ordinanze sopra indicate, ha sollevato questione di legittimità costituzionale dell'art. 7, comma 5, del decreto-legge 16 luglio 1996, n. 376 (Disposizioni urgenti in materia di politica dell'immigrazione e per la regolamentazione dell'ingresso e soggiorno nel territorio nazionale dei cittadini dei Paesi non appartenenti all'Unione europea) [recte: art. 7, nella parte in cui sostituisce l'art. 7-bis, comma 5, del citato decreto-legge n. 416 del 1989], in riferimento agli artt. 13, 24, 25 e 77 della Costituzione, sia per la reiterazione non legittima nella materia penale, sia perchè consentirebbe di applicare alcune misure coercitive cautelari anche al di fuori dei limiti di pena stabiliti dagli artt. 274, comma 1, lettera b), e 280, comma 1, del codice di procedura penale, impedendo la verifica giudiziale della legittimità del provvedimento adottato;

che il Giudice per l'udienza preliminare presso il Tribunale per i minorenni di Ancona, con ordinanza del 29 novembre 1995, e successiva correzione di errore materiale del 22 dicembre, ha sollevato questione di legittimità costituzionale dell'art. 7 del decreto-legge n. 489 del 1995, in riferimento agli artt. 2, 3, 35 e 31 della Costituzione, per disconoscimento della competenza del tribunale per i minorenni con riguardo alle valutazioni relative alla devianza minorile;

che il Pretore di Grosseto, con ordinanza dell'11 dicembre 1995, il Pretore di Macerata, con ordinanza del 27 novembre 1995, il Pretore di Palermo, con la già citata ordinanza del 18 dicembre 1995, il Pretore di Roma, con ordinanza del 23 gennaio 1996, e il Pretore di Genova, con ordinanza del 27 febbraio 1996, hanno sollevato, in riferimento agli artt. 3, 24, 25, 27 e 77 della Costituzione, questione di legittimità costituzionale dell' art. 7-ter, comma 3, del citato decreto-legge n. 416 del 1989, come sostituito dall'art. 7 dei decreti-legge n. 489 del 1995 e n. 22 del 1996, perchè, trattandosi di una figura di espulsione anticipata, applicabile anche in mancanza d'un accertamento definitivo ed incontrovertibile della responsabilità penale dell'imputato, si porrebbe in contrasto con l'art. 27 della Costituzione, così rispondendo a una illegittima funzione di prevenzione e repressione del fenomeno immigratorio, in totale spregio della presunzione di innocenza di cui al predetto parametro costituzionale, creando altresì una palese disparità di trattamento tra il cittadino e lo straniero extracomunitario; in particolare il Pretore di Roma insiste sugli artt. 3, 13, 24, 25 e 77 della Costituzione, e sull'art. 8 della Convenzione europea per la salvaguardia dei diritti dell'uomo, in relazione all'art. 10 della Costituzione, dal momento che il provvedimento cautelare dovrebbe essere applicabile pure in caso di sentenza non ancora irrevocabile e, anche a voler qualificare l'atto come misura di sicurezza, questa sarebbe applicata senza la valutazione di pericolosità (presupposto, invece, previsto dall'art. 7, comma 1, suddetto, e costantemente affermato dalla giurisprudenza costituzionale, da ultimo con la sentenza n. 58 del 1995); il Pretore di Genova lamenta, a sua volta, la lesione degli artt. 25 e 77 della Costituzione, per la violazione del principio della riserva di legge in materia penale e per il difetto dei requisiti di necessità e di urgenza del decreto-legge;

che il Tribunale amministrativo regionale della Toscana, con quattro ordinanze di identico contenuto, tutte del 18 giugno 1996, ha sollevato questione di legittimità costituzionale dell'art. 7, comma 5, del decreto-legge 17 maggio 1996, n. 269 [recte: art. 7, comma 3, che introduce l'art. 7- quinquies, comma 5, nel citato decreto-legge n. 416 del 1989], in riferimento agli artt. 10, 24 e 113 della Costituzione, nella parte in cui stabilisce il termine di sette giorni per la presentazione del ricorso avverso i provvedimenti di espulsione dal territorio nazionale, stante la brevità del termine per la impugnativa del provvedimento;

che il Pretore di Palermo, con la più volte richiamata ordinanza, ha sollevato, in relazione agli artt. 2, 3, 29 e 30 della Costituzione, questione di legittimità costituzionale dell'art. 7 del decreto-legge n. 489 del 1995, in quanto ha introdotto l'art. 7-sexies nel citato decreto-legge n. 416 del 1989, in tal modo esonerando dalle misure ivi previste soltanto gli stranieri con parenti di nazionalità italiana;

che il Pretore di Roma, con sei ordinanze di identico contenuto, tutte del 23 gennaio 1996, ha sollevato questione di legittimità costituzionale dell'art. 7-sexies, commi 5, 6 e 7, del citato decreto-legge n. 416 del 1989, come introdotti dall'art. 7 del citato decreto-legge del 1996, n. 22, in relazione agli artt. 3, 13 e 16 della Costituzione, perchè il provvedimento amministrativo emesso dal questore, ai sensi del comma 6, sarebbe del tutto svincolato da qualsiasi parametro normativo predeterminato e dal giudizio di pericolosità, nella parte in cui impone allo straniero di presentarsi periodicamente a un ufficio di polizia;

che il Pretore di Roma, con ordinanza dell'8 giugno 1996, ha sollevato, in riferimento all'art. 3 della Costituzione, questione di legittimità costituzionale dell'art. 7 del decreto-legge n. 269 del 1996, citato, nella parte in cui introduce, nel più volte richiamato decreto-legge n. 416 del 1989, l'art. 7-sexies, perchè - nello stabilire l'obbligo di presentazione presso gli uffici di polizia - assimilerebbe ingiustificatamente il cittadino extracomunitario sprovvisto di documenti di identità a coloro che sono gravati da seri indizi di colpevolezza.

Considerato che le ordinanze citate riguardano le disposizioni urgenti in materia di politica dell'immigrazione e la regolamentazione dell'ingresso e soggiorno nel territorio nazionale di cittadini dei Paesi non appartenenti all'Unione europea, emanate con i decreti-legge nn. 489 del 1995 e 22, 132, 269, 376 e 477 del 1996, mentre una riguarda anche l'art. 15, lettera c), della legge n. 400 del 1988;

che, pertanto, i relativi giudizi vanno riuniti per essere decisi congiuntamente;

che tutti i decreti-legge oggetto di censura non sono stati convertiti in legge entro il prescritto termine di sessanta giorni, per cui hanno perso efficacia sin dall'inizio;

che ai menzionati decreti-legge, non più reiterati, ha fatto seguito l'art. 1 della legge 9 dicembre 1996, n. 617, che ha stabilito la validità degli atti e dei provvedimenti adottati, e ha fatto salvi gli effetti e i rapporti giuridici sorti sulla base di detti decreti, disponendo in particolare la salvezza delle cause di non punibilità e di estinzione dei reati e quelle che escludono l'applicazione di altri tipi di sanzioni;

che la questione di legittimità costituzionale relativa all'art. 15, lettera c), della legge n. 400 del 1988 é stata sollevata in relazione al decreto-legge n. 376 del 1996;

che é necessario restituire gli atti ai giudici a quibus affinchè valutino se le questioni siano tuttora rilevanti nei giudizi principali.

PER QUESTI MOTIVI

LA CORTE COSTITUZIONALE

riuniti i giudizi,

ordina la restituzione degli atti ai giudici rimettenti indicati in epigrafe.

Così deciso in Roma, nella sede della Corte costituzionale, Palazzo della Consulta, il 18 luglio 1997.

Presidente: Giuliano VASSALLI

Redattore: Francesco GUIZZI

Depositata in cancelleria il 18 luglio 1997.