Sentenza n. 237

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SENTENZA N.237

ANNO 1997

 

REPUBBLICA ITALIANA

IN NOME DEL POPOLO ITALIANO

LA CORTE COSTITUZIONALE

composta dai signori Giudici:

- Prof. Giuliano VASSALLI, Presidente

- Prof. Francesco GUIZZI        

- Prof. Cesare MIRABELLI

- Prof. Fernando SANTOSUOSSO

- Avv. Massimo VARI

- Dott. Cesare RUPERTO

- Dott. Riccardo CHIEPPA    

- Prof. Gustavo ZAGREBELSKY

- Prof. Valerio ONIDA

- Prof. Carlo MEZZANOTTE  

- Avv. Fernanda CONTRI

- Prof. Guido NEPPI MODONA

- Prof. Piero Alberto CAPOTOSTI

ha pronunciato la seguente

SENTENZA

nel giudizio di legittimità costituzionale dell'art. 26, primo comma, lettera d), della legge 27 luglio 1978, n. 392 (Disciplina delle locazioni di immobili urbani), promosso con ordinanza emessa il 2 maggio 1995 (e pervenuta alla Corte il 17 luglio 1996) dal Pretore di Firenze nel procedimento civile vertente tra Martine Fortemps e Pier Francesco Rosselli Del Turco ed altro, iscritta al n. 888 del registro ordinanze 1996 e pubblicata nella Gazzetta Ufficiale della Repubblica n. 39, prima serie speciale, dell'anno 1996.

Visto l'atto di costituzione di Mario Rosselli Del Turco ed altri nonchè l'atto di intervento del Presidente del Consiglio dei ministri;

udito nella camera di consiglio del 7 maggio 1997 il Giudice relatore Cesare Mirabelli.

Ritenuto in fatto

1. -- Con ordinanza emessa il 2 maggio 1995 (e pervenuta il 17 luglio 1996) nel corso di un giudizio promosso per ottenere la determinazione, secondo i criteri stabiliti dalla legge 27 luglio 1978, n. 392 (Disciplina delle locazioni di immobili urbani), del canone di locazione di una abitazione compresa in un immobile di particolare importanza storico-artistica, sottoposto alla tutela prevista dalla legge 1° giugno 1939, n. 1089, il Pretore di Firenze ha sollevato, in riferimento all'art. 3, primo comma, della Costituzione, questione di legittimità costituzionale dell'art. 26, primo comma, lettera d), della legge n. 392 del 1978, che esclude dall'ambito di applicazione dell'equo canone gli immobili inclusi nella categoria catastale A/9 (palazzi di eminente pregio artistico o storico).

Il Pretore di Firenze rileva che l'appartamento locato risulta classificato nella categoria catastale A/4 (abitazione di tipo popolare), pur essendo compreso in un palazzo dichiarato dal Ministro per i beni culturali, nel suo interno e nel suo esterno, di interesse storico artistico e sottoposto alla legge di tutela n. 1089 del 1939. Lo stesso giudice ritiene, in conformità alla giurisprudenza prevalente, che ai fini della determinazione del canone di locazione non sia vincolante la classificazione che risulta dal catasto, ma debbano essere considerate le effettive caratteristiche dell'immobile. Tuttavia, proprio l'esclusione di immobili della categoria catastale A/9 dalla disciplina di determinazione legale del canone, prevista dalla legge n. 392 del 1978, non troverebbe ragionevole giustificazione, quando la locazione riguardi una unità immobiliare di ordinaria tipologia, sia pure compresa in un palazzo di eminente interesse artistico o storico, nel quale si può trovare un appartamento di scarsissimo pregio, come quello considerato che risulta catastalmente classificato nella categoria A/4. Per tale unità abitativa sarebbe ingiustificata la possibilità di convenire contrattualmente un canone maggiore rispetto a quello che la legge stabilisce per un analogo appartamento, compreso in un attiguo palazzo non sottoposto a tutela quale immobile di interesse artistico o storico.

Per gli immobili della categoria catastale A/9 sarebbe prevista una compensazione con vantaggi, anche fiscali, in ragione dei vincoli e degli oneri imposti al proprietario. Tuttavia la finalità compensativa, legittimamente perseguita dallo Stato, non potrebbe gravare sul conduttore, estraneo al rapporto tributario, rendendo il canone di locazione liberamente contrattabile.

2. -- E' intervenuto in giudizio il Presidente del Consiglio dei ministri, rappresentato e difeso dall'Avvocatura generale dello Stato, chiedendo che sia dichiarata l'inammissibilità o l'infondatezza della questione.

L'Avvocatura ritiene che l'interpretazione letterale della disposizione denunciata consenta di affermare che l'esclusione dall'ambito di applicazione dell'equo canone operi solo in base all'atto formale di classificazione catastale; inoltre, la stessa esclusione si riferirebbe soltanto alla locazione di palazzi nella loro interezza o nella parte principale. Questa interpretazione supererebbe il dubbio di legittimità costituzionale, prospettato in base ad una interpretazione diversa, autorevolmente sostenuta ma che non costituirebbe diritto vivente, secondo la quale, per un verso, il giudice potrebbe disapplicare la classificazione dell'immobile risultante dal catasto e, per l'altro, sarebbe sottratta al regime dell'equo canone la locazione di ogni singola unità abitativa compresa in palazzi di eminente pregio artistico o storico.

Ad avviso dell'Avvocatura, anche seguendo la premessa interpretativa dalla quale muove il rimettente, la sottrazione alla disciplina del canone legale sarebbe comunque giustificata, in ragione delle particolari caratteristiche dell'immobile delle quali partecipa anche la singola unità immobiliare che di esso fa parte. Inoltre la base di calcolo dell'equo canone, che nel sistema della legge é costituita dal costo di costruzione dell'edificio, non si adatterebbe agli immobili di pregio artistico o storico.

3. -- Hanno depositato atto di costituzione, oltre il termine di 20 giorni dalla pubblicazione dell'ordinanza di rimessione nella Gazzetta Ufficiale, gli eredi del locatore dell'immobile, che era parte nel giudizio principale, chiedendo che la questione sia dichiarata inammissibile o infondata.

Considerato in diritto

1. -- La questione di legittimità costituzionale investe l'art. 26, primo comma, lettera d), della legge 27 luglio 1978, n. 392, che, nel contesto della disciplina delle locazioni di immobili urbani, esclude i palazzi di eminente pregio artistico o storico (categoria A/9) dall'ambito di applicazione delle disposizioni sulle locazioni delle abitazioni e, quindi, anche dalla determinazione dell'equo canone (art. 12).

Il Pretore di Firenze ritiene che tale esclusione riguardi ogni unità abitativa, compresa in palazzi sottoposti alla tutela prevista dalla legge 1° giugno 1939, n. 1089 per gli edifici di interesse artistico o storico; ciò determinerebbe una lesione dell'art. 3, primo comma, della Costituzione, per irragionevole disparità di trattamento rispetto alla applicazione della disciplina dell'equo canone per un appartamento con caratteristiche analoghe, ma posto in un palazzo non sottoposto a tutela.

2. -- Preliminarmente deve essere dichiarato irricevibile l'atto di costituzione in giudizio degli eredi del locatore, perchè depositato tardivamente, oltre il termine previsto dall'art. 25 della legge 11 marzo 1953, n. 87 e dall'art. 3 delle norme integrative per i giudizi davanti alla Corte costituzionale.

3. -- Secondo la premessa dalla quale muove il giudice rimettente, la classificazione dell'immobile, quale risulta dal catasto, é effetto di un atto amministrativo disapplicabile dal giudice il quale, nel decidere dell'equo canone di locazione, deve considerare l'immobile secondo la categoria corrispondente alle caratteristiche che esso effettivamente presenta. Lo stesso giudice ritiene che l'esclusione dall'ambito di applicazione dell'equo canone, prevista dalla norma denunciata, riguardi ogni unità abitativa compresa in un palazzo che nel suo insieme sia qualificato di eminente pregio artistico o storico.

L'Avvocatura dello Stato delinea una diversa interpretazione, fondata sul dato testuale della disposizione denunciata, che consentirebbe di superare il dubbio di legittimità costituzionale: la classificazione dell'immobile che risulta dal catasto sarebbe vincolante anche nel giudizio per la determinazione dell'equo canone, alla cui disciplina, in ogni caso, sarebbero sottratte le locazioni dell'intero immobile, e non quelle di singole unità abitative in esso comprese.

Sebbene sia possibile una diversa interpretazione della disposizione denunciata, non vi é ragione per discostarsi da quella fatta propria dal giudice rimettente, sostenuta dalla giurisprudenza prevalente. Una diversa interpretazione si imporrebbe solo se fosse l'unica compatibile con la Costituzione (da ultimo, sentenze n. 99 e n. 87 del 1997).

4. -- Nel merito la questione non é fondata.

Il legislatore, nel disciplinare le locazioni di immobili urbani adibiti ad uso di abitazione, ha determinato i criteri di applicazione della disciplina limitativa della libera contrattazione tra le parti, ma ha escluso da tale disciplina, tra gli altri, gli immobili di eminente pregio artistico o storico.

Questa scelta del legislatore non é in contrasto con l'art. 3 della Costituzione sia sotto il profilo della ragionevolezza che della parità di trattamento.

Rientra, difatti, nella discrezionalità del legislatore e non é manifestamente irragionevole la norma che considera, ai fini del canone di locazione, i requisiti oggettivi dell'immobile, attribuendo rilievo al particolare pregio storico o artistico che esso presenta. Caratteristica, questa, che può essere ritenuta prevalente rispetto alle caratteristiche abitative altrimenti rilevanti ai fini della determinazione dell'equo canone.

Neppure sussiste la denunciata disparità di trattamento tra il conduttore di una unità abitativa compresa in un palazzo di eminente pregio artistico o storico rispetto al conduttore di una abitazione posta in un edificio privo di tali requisiti, giacchè proprio questi ultimi costituiscono l'elemento di differenziazione, idoneo ad escludere la omogeneità e, quindi, la comparabilità delle situazioni.

PER QUESTI MOTIVI

LA CORTE COSTITUZIONALE

dichiara non fondata la questione di legittimità costituzionale dell'art. 26, primo comma, lettera d), della legge 27 luglio 1978, n. 392 (Disciplina delle locazioni di immobili urbani), sollevata, in riferimento all'art. 3, primo comma, della Costituzione, dal Pretore di Firenze con l'ordinanza indicata in epigrafe.

Così deciso in Roma, nella sede della Corte costituzionale, Palazzo della Consulta, il 19 giugno 1997.

Presidente: prof. Giuliano VASSALLI

Redattore: prof. Cesare MIRABELLI

Depositata in cancelleria il 13 luglio 1997.