Sentenza n. 214

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SENTENZA N. 214

ANNO 1997

 

REPUBBLICA ITALIANA

IN NOME DEL POPOLO ITALIANO

LA CORTE COSTITUZIONALE

composta dai signori Giudici:

- Dott.   Renato GRANATA, Presidente

- Prof.    Giuliano VASSALLI

- Prof.    Francesco GUIZZI               

- Prof.    Cesare MIRABELLI            

- Prof. Fernando SANTOSUOSSO               

- Avv.    Massimo VARI                     

- Dott.   Cesare RUPERTO                

- Dott.   Riccardo CHIEPPA             

- Prof.    Gustavo ZAGREBELSKY              

- Prof.    Valerio ONIDA                    

- Prof.    Guido NEPPI MODONA                

- Prof.    Piero Alberto CAPOTOSTI             

ha pronunciato la seguente

SENTENZA

nel giudizio di legittimità costituzionale dell'art. 38, secondo comma, della legge 28 febbraio 1985, n. 47 (Norme in materia di controllo dell'attività urbanistico-edilizia, sanzioni, recupero e sanatoria delle opere edilizie), promosso con ordinanza emessa il 10 gennaio 1996 dal Pretore di Udine, sezione distaccata di Cervignano del Friuli, nel procedimento penale a carico di Peressin Livio ed altre, iscritta al n. 273 del registro ordinanze 1996 e pubblicata nella Gazzetta Ufficiale della Repubblica n. 14, prima serie speciale, dell'anno 1996.

Visto l'atto di intervento del Presidente del Consiglio dei ministri;

udito nella camera di consiglio del 9 aprile 1997 il Giudice relatore Riccardo Chieppa.      

Ritenuto in fatto

 

1. Nel corso di un procedimento penale per violazioni edilizie a carico degli amministratori delegati da una ditta che aveva eseguito una costruzione abusiva, la difesa di uno di essi richiedeva, a seguito dell'avvenuto rilascio della concessione in sanatoria, la declaratoria di estinzione del reato per avvenuto pagamento della oblazione. Il Pretore di Udine, sezione distaccata di Cervignano del Friuli, rilevato che la estinzione del reato si sarebbe potuta pronunciare solo nei confronti dell'imputato che aveva richiesto l'oblazione ed effettuato il pagamento, con ordinanza del 10 gennaio 1996 (r.o. n. 273 del 1996), ha sollevato questione di legittimità costituzionale dell'art. 38, secondo comma, della legge 28 febbraio 1985, n. 47, nella parte in cui non prevede l'effetto estintivo del reato a favore di tutti i legali rappresentanti della società qualora uno solo di essi abbia versato l'oblazione.

Ad avviso del giudice rimettente, tale disciplina si porrebbe in contrasto con l'art. 3 della Costituzione sotto il profilo della disparità di trattamento rispetto al caso in cui siano imputati i comproprietari. In tale ipotesi, infatti, l'oblazione versata da uno dei contitolari giova anche agli altri, alla stregua dello stesso art. 38, secondo comma, nel testo risultante a seguito dell'aggiunta apportata dall'art. 6 del d.l. 12 gennaio 1988, n. 2, convertito, con modificazioni, nella legge 13 marzo 1988, n. 68.

Questa norma, rileva il Pretore, é stata introdotta al fine di ovviare alle iniquità derivanti dall'applicazione del principio generale della necessità del pagamento dell'intera oblazione nella ipotesi di coniugi in regime di comunione di beni.

La differenziazione evidenziata non sarebbe giustificata, in quanto fondata esclusivamente sul diverso status rivestito dal soggetto imputato, senza che ad esso siano ricollegabili distinti valori da tutelare.

Il Pretore, pur dando atto che la comunione é una collettività organizzata, la cui capacità é minore di un ente morale e la cui finalità é quella della gestione della cosa, esclude che tali diversità possano incidere sulla realtà di cui si tratta, in quanto la comunione agisce all'interno e all'esterno attraverso il gruppo dei comunisti, così come i rappresentanti della società agiscono per la persona giuridica: e la responsabilità personale e individuale "si incentra su chi fa vivere, fa agire una pluralità organizzata, sia essa persona giuridica, sia essa comunione a scopo di godimento".

2. Nel giudizio é intervenuto il Presidente del Consiglio dei ministri, rappresentato e difeso dall'Avvocatura generale dello Stato, che ha concluso per la inammissibilità o la manifesta infondatezza della questione.

Sotto il primo profilo, ha osservato l'autorità intervenuta che la questione investe una scelta rimessa alla discrezionalità politica del legislatore, tanto più ove si consideri che si tratta di materia penale. Del resto, la norma che estende a tutti i comproprietari l'effetto estintivo del reato oggetto di oblazione, introduce una deroga al principio generale per il quale l'estinzione del reato ha carattere personale, avendo effetto solo per coloro ai quali la causa di estinzione si riferisce.

Nel merito, la diversità di trattamento evidenziata dal giudice a quo si ricollegherebbe alle caratteristiche fiscali del condono edilizio. Nè la posizione degli amministratori della società appaltatrice dei lavori sarebbe pienamente confrontabile con quella dei comproprietari. Lo scopo perseguito dal legislatore sarebbe da individuare nell'ordinato ed omogeneo assetto della comunione di proprietà soprattutto nell'ambito familiare, finalità estranea all'intento strettamente speculativo dell'impresa edilizia.

Considerato in diritto

 

1. La questione di legittimità costituzionale sottoposta all'esame della Corte concerne l'art. 38, secondo comma, della legge 28 febbraio 1985, n. 47 (Norme in materia di controllo dell'attività urbanistico-edilizia, sanzioni, recupero e sanatoria delle opere edilizie), nella parte in cui non prevede l'effetto estintivo del reato a favore di tutti i legali rappresentanti di impresa esecutrice di lavori edilizi abusivi, qualora uno solo di essi abbia versato l'oblazione. Secondo il Pretore rimettente, tale norma si porrebbe in contrasto con l'art. 3 della Costituzione, sotto il profilo della ingiustificata disparità di trattamento rispetto al caso dei comproprietari, nel quale l'oblazione versata da uno solo di essi giova anche agli altri.

2. La questione non é fondata.

Sul piano generale deve anzitutto essere riconfermato il principio alla stregua del quale rientra nella scelta discrezionale del legislatore la previsione di cause di estinzione del reato, sindacabile quando integri arbitrio perchè irrazionale o non giustificata (sentenze n. 148 del 1994; n. 211 del 1993).

In secondo luogo, il principio in materia di conseguenze dell'oblazione nel campo penale é che l'effetto estintivo di quest'ultima si verifica nei soli confronti del soggetto che si avvale dell'oblazione stessa, e non si estende, di norma, nei confronti degli altri coimputati, in quanto l'estinzione del reato, salvo che la legge disponga altrimenti, ha effetto soltanto per coloro ai quali la causa di estinzione si riferisce (art. 182 cod. pen.). In altri termini, la causa estintiva derivante dalla effettuata oblazione ha carattere personale.

Tale principio é stato ribadito, con specifico riferimento al condono-oblazione nel campo edilizio, dall'art. 38, quinto e sesto comma, della legge 28 febbraio 1985, n. 47, per quanto riguarda i soggetti responsabili indicati dall'art. 6 della stessa legge (titolare della concessione, committente, costruttore e direttore dei lavori) diversi dal proprietario, pur prevedendosi una misura ridotta al 30% rispetto a quella applicabile al proprietario.

3. La posizione del proprietario, in armonia con la legittimazione dello stesso (o del comproprietario nel rispetto della volontà della maggioranza) a chiedere la concessione edilizia (art. 4, primo comma, della legge 28 gennaio 1977, n. 10) e con l'impostazione del condono edilizio (art. 31, primo e terzo comma, della legge n. 47 del 1985), é stata differenziata, perchè il suo rapporto con l'immobile abusivo é sistematicamente diverso e privilegiato nella richiesta di domanda di sanatoria diretta ad ottenere sia la concessione edilizia in sanatoria, con la regolarizzazione del bene dal punto di vista urbanistico-edilizio (per l'interesse a conservare il bene ed escludere gli eventuali effetti reali delle sanzioni amministrative, anche nel caso che il proprietario non sia autore dell'illecito edilizio), sia gli altri effetti, compresi quelli estintivi penali, derivanti dalla presentazione della domanda e dal pagamento della oblazione, rimanendo egli esposto a rivalsa da parte degli altri soggetti, abilitati in via concorrente a presentare la domanda, ove ne sussistano i presupposti.

Inoltre gli altri responsabili diversi dal proprietario, normalmente, sono interessati solo ad una autonoma domanda diretta a conseguire i semplici effetti penali dell'oblazione, beneficiando di una sostanziale riduzione della somma dovuta al 30%, rapportata a quella cui sarebbe tenuto il proprietario, anche se questi non presenti domanda.

La ulteriore particolare facilitazione introdotta a favore delle posizioni dei beni in comunione, quale che sia l'origine della comproprietà (art. 6 del d.l. 12 gennaio 1988, n. 2, convertito in legge 13 marzo 1988, n. 68), é stata espressamente prevista per evitare una sostanziale iniquità di separati adempimenti di sanatoria e di distinti ed autonomi pagamenti di oblazione (come del resto pone in rilievo il giudice a quo) in caso di pluralità di proprietari, ed in particolare nei casi frequenti di comunione di beni tra coniugi, cui si può aggiungere quello di comunione nell'ambito familiare o ereditario o di altro genere.

La posizione dei comproprietari é del tutto diversa da quella di pluralità degli amministratori di società che debbano rispondere (non nella qualità di proprietari) quali soggetti che hanno agito (in concorso tra loro) nella attività dell'impresa, che ha eseguito i lavori edilizi abusivi, o per un altro titolo previsto dall'art. 6 della legge n. 47 del 1985.

4. Nè si opera una discriminazione tra soggetto individuale e soggetto societario, in quanto anche quest'ultimo può avvalersi dei particolari benefici in discussione ovviamente al di fuori degli effetti esclusivamente penali quando rivesta la qualifica di comproprietario del bene abusivo e vi sia stata l'oblazione da parte di altro comproprietario. Ipotesi che certamente non si verifica quando gli amministratori di società hanno agito come nella specie sottolinea l'Avvocatura dello Stato nell'esercizio di impresa, che ha semplicemente eseguito i lavori, e così in tutte le altre ipotesi che beneficiano della riduzione dell'oblazione al 30%.

5. Infine non si può operare alcun raffronto con la estinzione del reato ex art. 13 della medesima legge n. 47 che si comunica ai compartecipi, in considerazione della particolare natura della sanatoria stessa, che é semplice sanatoria formale e non condono, e che viene concessa (in via ordinaria e permanente) a seguito dell' accertamento dell'inesistenza del danno urbanistico, e cioé della inesistenza ab origine dell'antigiuridicità sostanziale del fatto (sentenza n. 370 del 1988), mentre il capo IV della legge n. 47 del 1985 riguarda il condono-sanatoria di opere abusive anche sotto il profilo sostanziale (art. 31 della legge n. 47 del 1985) ed una serie di tipologie di abusi (Tabella allegata alla stessa legge).

6. Pertanto non può ritenersi arbitraria la mancata estensione dell'effetto estintivo del reato edilizio a favore di tutti i legali rappresentanti della società esecutrice dei lavori abusivi, qualora uno solo di essi abbia effettuato l'oblazione, in difformità dalla previsione dell'art. 38, secondo comma, della legge n. 47 del 1985 riferita al caso diverso di imputati comproprietari.

PER QUESTI MOTIVI

LA CORTE COSTITUZIONALE

dichiara non fondata la questione di legittimità costituzionale dell'art. 38, secondo comma, della legge 28 febbraio 1985, n. 47 (Norme in materia di controllo dell'attività urbanistico-edilizia, sanzioni, recupero e sanatoria delle opere edilizie), sollevata, in riferimento all'art. 3 della Costituzione, dal Pretore di Udine, sezione distaccata di Cervignano del Friuli, con l'ordinanza in epigrafe.

Così deciso in Roma, nella sede della Corte costituzionale, Palazzo della Consulta, il 19 giugno 1997.

Presidente: Renato GRANATA

Redattore: Riccardo CHIEPPA

Depositata in cancelleria il 3 luglio 1997.