Ordinanza n. 208

 CONSULTA ONLINE 

ORDINANZA N. 208

ANNO 1997

 

REPUBBLICA ITALIANA

 

IN NOME DEL POPOLO ITALIANO

 

LA CORTE COSTITUZIONALE

 

composta dai signori Giudici:

- Dott. Renato GRANATA, Presidente

- Prof. Giuliano VASSALLI

- Prof. Francesco GUIZZI        

- Prof. Cesare MIRABELLI

- Prof. Fernando SANTOSUOSSO

- Avv. Massimo VARI

- Dott. Cesare RUPERTO

- Dott. Riccardo CHIEPPA    

- Prof. Gustavo ZAGREBELSKY

- Prof. Valerio ONIDA

- Prof. Guido NEPPI MODONA

- Prof. Piero Alberto CAPOTOSTI

ha pronunciato la seguente

ORDINANZA

nel giudizio di legittimità costituzionale dell'art. 56 del d.P.R. 3 maggio 1957, n. 686 (Norme di esecuzione del testo unico delle disposizioni sullo statuto degli impiegati civili dello Stato, approvato con decreto del Presidente della Repubblica 10 gennaio 1957, n. 3), promosso con ordinanza emessa il 22 novembre 1995 dal Tribunale amministrativo regionale della Lombardia sul ricorso proposto da Armando Abbate contro il Ministero della difesa, iscritta al n. 283 del registro ordinanze 1996 e pubblicata nella Gazzetta Ufficiale della Repubblica n. 14, prima serie speciale, dell'anno 1996.

Udito nella camera di consiglio del 9 aprile 1997 il Giudice relatore Cesare Mirabelli.

Ritenuto che con ordinanza emessa il 22 novembre 1995 nel corso di un giudizio promosso da un ufficiale dell'Aeronautica militare, che chiedeva l'annullamento del provvedimento con il quale il Ministero della difesa aveva respinto la sua domanda, presentata oltre il termine di cinque anni dalla concessione dell'equo indennizzo, di revisione dell'indennizzo stesso per il sopravvenuto aggravamento della menomazione dell'integrità fisica dovuta a causa di servizio, il Tribunale amministrativo regionale della Lombardia ha sollevato, in riferimento agli artt. 3 e 38 della Costituzione, questione di legittimità costituzionale dell'art. 56 del d.P.R. 3 maggio 1957, n. 686 (Norme di esecuzione del testo unico delle disposizioni sullo statuto degli impiegati civili dello Stato, approvato con decreto del Presidente della Repubblica 10 gennaio 1957, n. 3);

che la disposizione denunciata prevede che entro cinque anni dalla comunicazione del decreto di liquidazione dell'equo indennizzo, nel caso di aggravamento della menomazione dell'integrità fisica per la quale sia stato concesso il beneficio, l'amministrazione può provvedere, per una sola volta, alla revisione dell'indennizzo stesso;

che il Tribunale amministrativo regionale della Lombardia ritiene che la decorrenza del termine, entro cui é possibile proporre istanza di revisione, dalla data di concessione dell'equo indennizzo e non dalla data in cui sono insorti i denunziati aggravamenti, violerebbe: a) l'art. 3 della Costituzione, perchè sarebbe irragionevole riconoscere l'indennizzabilità dell'aggravamento di uno stato morboso fissando illogicamente un termine entro il quale l'evento si debba verificare; b) l'art. 38 della Costituzione, non venendo assicurati al cittadino mezzi adeguati in caso di malattia e invalidità.

Considerato che l'art. 56 del d.P.R. 3 maggio 1957, n. 686 é inserito in un regolamento di esecuzione del testo unico delle disposizioni sullo statuto degli impiegati civili dello Stato (d.P.R. 10 gennaio 1957, n. 3, emanato in forza della delega concessa al Governo con la legge 20 dicembre 1954, n. 1181);

che la legge 23 dicembre 1970, n. 1094, peraltro non denunciata dal giudice rimettente, nell'estendere l'equo indennizzo al personale militare, stabilisce che, per la concessione del beneficio, si applicano anche al personale militare le norme previste per gli impiegati civili dello Stato dagli articoli da 50 a 60 del d.P.R. n. 686 del 1957, senza che, tuttavia, risulti mutata la natura regolamentare di tali norme;

che il giudizio di legittimità costituzionale ha ad oggetto leggi o atti aventi forza di legge, mentre i regolamenti, emanati dal Governo quali atti di normazione secondaria, non riconducibili all'esercizio del potere legislativo, sono sottoposti a verifica di legittimità da parte del giudice chiamato ad applicarli (sentenze n. 199 del 1993 e n. 23 del 1989), rimanendo sempre riservato alla Corte costituzionale il sindacato sulla legge alla quale, in ipotesi, sia riferibile il fondamento o il contenuto espresso dalla disposizione regolamentare;

che la questione di legittimità costituzionale sollevata dal Tribunale amministrativo regionale della Lombardia deve essere dichiarata manifestamente inammissibile, avendo ad oggetto una disposizione regolamentare che, per la sua natura di norma secondaria, non é suscettibile di essere diretto oggetto del giudizio incidentale di costituzionalità (tra le molte, sentenze n. 220 del 1995, n. 456 del 1994 e n. 94 del 1964).

Visti gli artt. 26, secondo comma, della legge 11 marzo 1953, n. 87 e 9, secondo comma, delle norme integrative per i giudizi davanti alla Corte costituzionale.

PER QUESTI MOTIVI

LA CORTE COSTITUZIONALE

dichiara la manifesta inammissibilità della questione di legittimità costituzionale dell'art. 56 del d.P.R. 3 maggio 1957, n. 686 (Norme di esecuzione del testo unico delle disposizioni sullo statuto degli impiegati civili dello Stato, approvato con decreto del Presidente della Repubblica 10 gennaio 1957, n. 3), sollevata, in riferimento agli artt. 3 e 38 della Costituzione, dal Tribunale amministrativo regionale della Lombardia con l'ordinanza indicata in epigrafe.

Così deciso in Roma, nella sede della Corte costituzionale, Palazzo della Consulta, il 17 giugno 1997.

Renato GRANATA: Presidente

Cesare MIRABELLI: Redattore

Depositata in cancelleria il 27 giugno 1997.