Ordinanza n. 186

 CONSULTA ONLINE 

Anno 1997

Ordinanza n. 186

 

REPUBBLICA ITALIANA

IN NOME DEL POPOLO ITALIANO

LA CORTE COSTITUZIONALE

composta dai signori Giudici:

- Dott.   Renato GRANATA, Presidente

- Prof.    Giuliano VASSALLI

- Prof.    Cesare MIRABELLI

- Prof.    Fernando SANTOSUOSSO

- Avv.    Massimo VARI

- Dott.   Cesare RUPERTO

- Dott.   Riccardo CHIEPPA

- Prof.    Gustavo ZAGREBELSKY

- Prof.    Valerio ONIDA

- Prof.    Carlo MEZZANOTTE

- Avv. Fernanda CONTRI

- Prof. Guido NEPPI MODONA

- Prof. Piero Alberto CAPOTOSTI  

ha pronunciato la seguente

ORDINANZA

nei giudizi di legittimità costituzionale dell'art. 81, secondo comma, del codice penale, promossi con ordinanze emesse il 27 maggio 1995 dal Pretore di Brescia nel procedimento penale a carico di Falardi Gian Pietro ed altro, iscritta al n. 955 del registro ordinanze 1996 e pubblicata nella Gazzetta Ufficiale della Repubblica n. 40, prima serie speciale, dell'anno 1996 ed il 4 dicembre 1996 dal Pretore di Milano sull'istanza proposta da Magnoni Santina, iscritta al n. 78 del registro ordinanze 1997 e pubblicata nella Gazzetta Ufficiale della Repubblica n. 10, prima serie speciale, dell'anno 1997.

Visti gli atti di intervento del Presidente del Consiglio dei ministri;

udito nella camera di consiglio del 21 maggio 1997 il Giudice relatore Giuliano Vassalli.

Ritenuto che il Pretore di Brescia, con ordinanza del 27 maggio 1995, ha sollevato, in riferimento all'art. 3 della Costituzione, questione di legittimità dell'art. 81, secondo comma, del codice penale, "nei limiti in cui non consente l'applicazione del beneficio della continuazione ai reati colposi";

che un'analoga questione ha sollevato pure il Pretore di Milano, con ordinanza del 4 dicembre 1996, sempre denunciando, per violazione del principio di eguaglianza, l'art. 81, secondo comma, del codice penale, "nella parte in cui non consente l'applicazione del vincolo continuativo anche a fattispecie colpose, ove riconducibili ad un unitario atteggiamento inerte e negligente, sotto il profilo squisitamente psicologico";

che in entrambi i giudizi é intervenuto il Presidente del Consiglio dei ministri, rappresentato e difeso dall'Avvocatura generale dello Stato, chiedendo la dichiarazione di inammissibilità o di infondatezza della questione.

Considerato che le ordinanze di rimessione sollevano una identica questione e che, dunque, i giudizi devono essere riuniti;

che i giudici a quibus, preso atto dell'interpretazione giurispruden-ziale, costante nell'escludere il ricorso all'istituto della continuazione fra reati colposi, richiedono a questa Corte un intervento che, muovendo dalla asserita compatibilità tra i delitti colposi e il detto istituto, pervenga ad una pronuncia di tipo additivo che, in contrasto con l'interpretazione propria del "diritto vivente", consenta l'applicazione del regime del reato continuato pure nella materia dei reati colposi, così da eliminare dal sistema un'irragionevole disparità di trattamento tra chi commetta intenzionalmente plurime violazioni della legge penale, assoggettato al più mite regime del cumulo giuridico, e chi commetta, invece, non intenzionalmente le stesse violazioni, assoggettato, invece, al più severo regime del cumulo materiale;

che, però, le situazioni poste a confronto sono profondamente diverse non risultando ipotizzabile in materia di reati colposi l'identità del disegno criminoso che costituisce l'elemento unificatore delle singole violazioni e che, quindi, giustifica l'applicabilità del cumulo giuridico anzichè del cumulo materiale;

che la questione é, quindi, manifestamente infondata perchè l'inoperatività della disciplina della continuazione in materia di reati colposi trova una giustificazione non irragionevole proprio nella incompatibilità tra reato colposo e medesimo disegno criminoso, quale dato unificante le singole violazioni nel reato commesso con dolo.

Visti gli artt. 26, secondo comma, della legge 11 marzo 1953, n. 87, e 9, secondo comma, delle norme integrative per i giudizi davanti alla Corte costituzionale.

PER QUESTI MOTIVI

LA CORTE COSTITUZIONALE

riuniti i giudizi,

dichiara la manifesta infondatezza della questione di legittimità costituzionale dell'art. 81, secondo comma, del codice penale, sollevata, in riferimento all'art. 3 della Costituzione, dal Pretore di Brescia e dal Pretore di Milano con le ordinanze in epigrafe.

Così deciso in Roma, nella sede della Corte costituzionale, Palazzo della Consulta, il 5 giugno 1997.

Renato GRANATA: Presidente

Giuliano VASSALLI: Redattore.

Depositata in cancelleria il 18 giugno 1997.