Ordinanza n. 158

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ORDINANZA N. 158

ANNO 1997

 

REPUBBLICA ITALIANA

IN NOME DEL POPOLO ITALIANO

LA CORTE COSTITUZIONALE

composta dai signori Giudici:

- Dott.   Renato GRANATA, Presidente

- Prof.    Giuliano VASSALLI

- Prof.    Francesco GUIZZI   

- Prof.    Cesare MIRABELLI

- Prof.    Fernando SANTOSUOSSO 

- Avv.    Massimo VARI         

- Dott.   Cesare RUPERTO    

- Dott.   Riccardo CHIEPPA  

- Prof.    Gustavo ZAGREBELSKY  

- Prof.    Valerio ONIDA        

- Avv.    Fernanda CONTRI   

- Prof.    Guido NEPPI MODONA    

- Prof.    Piero Alberto CAPOTOSTI 

ha pronunciato la seguente

ORDINANZA

nel giudizio di legittimità costituzionale dell'art. 2-octies, comma 7, della legge 31 maggio 1965, n. 575 (Disposizioni contro la mafia), introdotto dall'art. 3 del decretolegge 14 giugno 1989, n. 230 (Disposizioni urgenti per l'amministrazione e la destinazione dei beni confiscati ai sensi della legge 31 maggio 1965, n. 575), convertito, con modificazioni, nella legge 4 agosto 1989, n. 282, promosso con ordinanza emessa il 27 febbraio 1996 dalla Corte di cassazione sul ricorso proposto dal Ministero delle Finanze contro Fiocco Andrea, iscritta al n. 776 del registro ordinanze 1996 e pubblicata nella Gazzetta Ufficiale della Repubblica n. 36, prima serie speciale, dell'anno 1996.

Udito nella camera di consiglio del 23 aprile 1997 il Giudice relatore Gustavo Zagrebelsky.                                 

Ritenuto che la Corte di cassazione, con ordinanza del 27 febbraio 1996, ha sollevato, in riferimento agli artt. 3 e 24 della Costituzione, questione di legittimità costituzionale dell'art. 2octies, comma 7, della legge 31 maggio 1965, n. 575 (Disposizioni contro la mafia), introdotto dall'art. 3 del decretolegge 14 giugno 1989, n. 230 (Disposizioni urgenti per l'amministrazione e la destinazione dei beni confiscati ai sensi della legge 31 maggio 1965, n. 575), convertito, con modificazioni, nella legge 4 agosto 1989, n. 282, nella parte in cui non prevede che, oltre l'interessato, anche l'amministrazione finanziaria possa proporre ricorso alla corte d'appello avverso il provvedimento del tribunale che, in base al comma 4 dell'art. 2octies citato, dispone la liquidazione del compenso e il rimborso delle spese in favore dell'amministratore dei beni sequestrati nel corso del procedimento per l'applicazione della misura di prevenzione patrimoniale della confisca;

che, secondo quanto riferisce l'ordinanza di rinvio, l'amministrazione finanziaria, tenuta all'erogazione dell'importo dovuto a titolo di compenso per l'incarico e di rimborso delle spese in favore dell'amministratore dei beni sequestrati, aveva proposto ricorso dinanzi alla Corte d'appello di Lecce, in base al citato art. 2-octies della legge n. 575 del 1965, avverso il decreto di liquidazione al riguardo emesso dal Tribunale di Lecce;

che la Corte d'appello di Lecce, rilevando la mancanza di una previsione attributiva della facoltà di impugnazione anche in favore dell'amministrazione erariale, aveva qualificato il ricorso come incidente di esecuzione, rimettendo pertanto gli atti al Tribunale anzidetto, competente al riguardo a norma dell'art. 665 cod. proc. pen.;

che il Tribunale di Lecce aveva dichiarato inammissibile il ricorso, osservando che in sede di incidente non é consentito rimettere in discussione il merito di un provvedimento posto in esecuzione, neppure da parte di un soggetto - nella specie l'amministrazione finanziaria - che sia interessato di riflesso, e non come titolare di autonoma posizione soggettiva, dal provvedimento medesimo;

che, quindi, l'amministrazione finanziaria aveva proposto ricorso per cassazione avverso l'anzidetta pronuncia di inammissibilità del Tribunale, deducendo violazione e falsa applicazione dell'art. 665 cod. proc. pen., in relazione all'art. 606, comma 1, lettera c), dello stesso codice;

che nel corso del giudizio in tal modo instaurato la Corte di cassazione solleva la questione di costituzionalità dell'art. 2-octies, comma 7, della legge n. 575 del 1965, poichè, ad avviso della Corte rimettente, la mancanza di una facoltà di impugnazione per l'amministrazione, simmetrica a quella riconosciuta all'interessato, violerebbe l`art. 3 della Costituzione, per difetto di razionale giustificazione di tale differenziato trattamento a fronte della stretta interrelazione tra le due rispettive posizioni di credito e debito, nonchè l'art. 24 della Costituzione, perchè il provvedimento che liquida il compenso e le spese, e determina nel quantum l'obbligazione, incide su diritti patrimoniali dell'amministrazione finanziaria, cui non può dunque non riconoscersi la correlativa tutela in sede giurisdizionale.

Considerato che, secondo quanto risulta dall'ordinanza di rimessione, la Corte di cassazione ha sollevato la predetta questione di costituzionalità nel giudizio instaurato a seguito di ricorso dell'amministrazione finanziaria contro il provvedimento del Tribunale di Lecce che ha dichiarato inammissibile l'incidente di esecuzione proposto dalla medesima amministrazione contro un precedente decreto del Tribunale con il quale, a norma dell'art. 2-octies, comma 4, della legge 31 maggio 1965, n. 575 (Disposizioni contro la mafia), era stata disposta la liquidazione del compenso e delle spese in favore dell'amministratore di beni sequestrati, nominato a norma dell'art. 2-sexies della medesima legge;

che di fronte al giudice rimettente si controverte pertanto dell'interpretazione degli articoli 665 e seguenti del codice di procedura penale, al fine di stabilire l'esperibilità da parte della ricorrente del rimedio processuale ivi previsto, contro il decreto del Tribunale;

che quindi il censurato art. 2-octies, comma 7, della legge n. 575 del 1965 - concernente il diverso strumento del ricorso dinanzi alla corte d'appello contro il provvedimento di liquidazione del tribunale, previsto a favore dell'amministratore e non invece anche a favore dell'amministrazione finanziaria obbligata, e per questo ritenuto dal giudice rimettente lesivo degli articoli 3 e 24 della Costituzione - é estraneo al giudizio nel quale la presente questione di costituzionalità é stata proposta, perchè di esso il giudice rimettente non deve fare applicazione, cosicchè nessun effetto sul giudizio principale potrebbe derivare da un'eventuale decisione di accoglimento di tale questione (al contrario di quel che sarebbe stato di fronte alla Corte d'appello - secondo quanto riferito circa gli svolgimenti processuali precedenti il giudizio di cassazione - ove in quella sede fosse stata prospettata tale questione di costituzionalità);

che la circostanza, avanzata dal giudice rimettente, secondo la quale l'eventuale accoglimento della questione proposta, relativa all'art. 2-octies, comma 7, della legge n. 575 del 1965, nella parte in cui non riconosce all'amministrazione finanziaria il potere di interporre ricorso alla corte d'appello secondo le procedure ivi previste, comportando il riconoscimento di una situazione soggettiva propria della ricorrente, tutelabile in giudizio, sarebbe tale da far cadere l'argomento su cui il provvedimento impugnato davanti alla Corte di cassazione si basa, con il conseguente accoglimento del ricorso di cui tale giudice é investito, é circostanza inconferente, essendo inesatto ritenere che l'esistenza della posizione soggettiva tutelabile dell'amministrazione sia la conseguenza e non invece la premessa interpretativa della pronuncia richiesta a questa Corte, premessa che qualunque giudice é abilitato a valutare nell'ambito e per il fine del proprio giudizio;

che pertanto la dedotta questione di costituzionalità é priva del requisito della rilevanza, necessario a norma dell'art. 23 della legge 11 marzo 1953, n. 87.

Visti gli artt. 26, secondo comma, della legge 11 marzo 1953, n. 87 e 9, secondo comma, delle norme integrative per i giudizi davanti alla Corte costituzionale.

PER QUESTI MOTIVI

LA CORTE COSTITUZIONALE

dichiara la manifesta inammissibilità della questione di legittimità costituzionale dell'art. 2-octies, comma 7, della legge 31 maggio 1965, n. 575 (Disposizioni contro la mafia), introdotto dall'art. 3 del decreto-legge 14 giugno 1989, n. 230 (Disposizioni urgenti per l'amministrazione e la destinazione dei beni confiscati ai sensi della legge 31 maggio 1965, n. 575), convertito, con modificazioni, nella legge 4 agosto 1989, n. 282, sollevata, in riferimento agli artt. 3 e 24 della Costituzione, dalla Corte di cassazione con l'ordinanza indicata in epigrafe.

Così deciso in Roma, nella sede della Corte costituzionale, Palazzo della Consulta, il 21 maggio 1997.

Renato GRANATA: Presidente

Gustavo ZAGREBELSKY: Redattore

Depositata in cancelleria il 29 maggio 1997.