Ordinanza n. 155

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ORDINANZA N. 155

ANNO 1997

 

REPUBBLICA ITALIANA

IN NOME DEL POPOLO ITALIANO

LA CORTE COSTITUZIONALE

composta dai signori:

- Dott.   Renato GRANATA, Presidente

- Prof.    Giuliano VASSALLI

- Prof.    Francesco GUIZZI

- Prof.    Cesare MIRABELLI

- Prof.    Fernando SANTOSUOSSO

- Avv.    Massimo VARI

- Dott.   Cesare RUPERTO

- Dott.   Riccardo CHIEPPA

- Prof.    Gustavo ZAGREBELSKY

- Prof.    Valerio ONIDA

- Prof.    Carlo MEZZANOTTE

- Prof. Guido NEPPI MODONA  

- Prof. Piero Alberto CAPOTOSTI

ha pronunciato la seguente

ORDINANZA

nel giudizio di legittimità costituzionale dell'art. 160 del codice penale, promosso con ordinanza emessa il 21 marzo 1996 dal Pretore di Lecce nel procedimento penale a carico di Zollino Mario, iscritta al n. 618 del registro ordinanze 1996 e pubblicata nella Gazzetta Ufficiale della Repubblica n. 28, prima serie speciale, dell'anno 1996.

Visto l'atto di intervento del Presidente del Consiglio dei ministri;

udito nella camera di consiglio del 12 marzo 1997 il Giudice relatore Giuliano Vassalli.

Ritenuto che il Pretore di Lecce, dopo aver premesso di procedere nei confronti di persona imputata di contravvenzione commessa l'8 maggio 1992 e che il decreto di citazione a giudizio é stato emesso dal pubblico ministero il 28 marzo 1995 (depositato in segreteria il 6 settembre 1995) e notificato all'imputato in data 15 settembre 1995, ha sollevato questione di legittimità costituzionale dell'art. 160 del codice penale, nella parte in cui prevede che il corso della prescrizione é interrotto dall'emissione del decreto di citazione a giudizio;

che, a parere del giudice a quo, l'interpretazione adottata dalle Sezioni unite della Corte di cassazione nella sentenza n. 3760 del 16 marzo 1994, secondo la quale al fine di individuare il momento nel quale si produce l'interruzione della prescrizione del reato occorre aver riguardo a quello della emissione di uno degli atti indicati nell'art. 160 cod. pen., e non a quello della sua notificazione, porrebbe la norma censurata in contrasto:

a) con l'art. 3 della Costituzione, in quanto si determina una irragionevole disparità di trattamento per i destinatari degli atti interruttivi, giacchè soltanto alcuni di essi sono portati a conoscenza dei destinatari medesimi e perchè in taluni casi l'effetto interruttivo scaturisce dalla semplice emissione o deposito in segreteria di atti del pubblico ministero;

b) con l'art. 24 della Costituzione, in quanto l'imputato non é posto in condizione di verificare il momento in cui si é realizzata la prescrizione del reato in relazione ad un termine processualmente certo (notificazione o deposito) e rilevante (quale non é, a parere del rimettente, quello della semplice emissione del decreto di citazione), nonchè in relazione ad una effettiva manifestazione - all'esterno - della volontà punitiva dello Stato;

che nel giudizio é intervenuto il Presidente del Consiglio dei ministri, rappresentato e difeso dall'Avvocatura generale dello Stato, chiedendo che la questione sia dichiarata non fondata.

Considerato che l'art. 555 del codice di procedura penale, nel disciplinare i requisiti del decreto di citazione a giudizio nel procedimento davanti al pretore, espressamente prevede, al comma 1, lettera h), la data e la sottoscrizione, non soltanto del pubblico ministero, ma anche dell'ausiliario che lo assiste, e che a tal proposito la giurisprudenza di legittimità ha avuto modo di ribadire anche di recente come la sottoscrizione dell'ausiliario sia volta a certificare l'autenticità dell'atto "anche riguardo alla data" (Cass., Sez. I, 15 novembre 1996, Battista), sicchè é soltanto con quest'ultima sottoscrizione che l'atto medesimo può dirsi perfezionato nei suoi requisiti di sostanza e di forma e spiegare, quindi, gli effetti che ad esso l'ordinamento riconnette;

che nella specie, risultando apposta il 6 settembre 1995 la sottoscrizione dell'ausiliario, ancorchè sotto l'impropria attestazione di "deposito", é a quella data che occorre riferirsi per individuare il momento in cui il decreto di citazione può dirsi emesso e assumere, dunque, le connotazioni di atto idoneo a determinare l'interruzione del corso della prescrizione;

che, pertanto, essendosi già verificata, come lo stesso giudice a quo sottolinea, senza d'altra parte indicare alcun motivo di rilevanza della questione sollevata, la prescrizione triennale del reato contravvenzionale per cui si procede alla data in cui l'ausiliario ha apposto al decreto di citazione a giudizio la propria sottoscrizione, la questione si appalesa manifestamente irrilevante agli effetti della decisione che il rimettente é chiamato ad adottare.

Visti gli artt. 26, secondo comma, della legge 11 marzo 1953, n. 87, e 9, secondo comma, delle norme integrative per i giudizi davanti alla Corte costituzionale.

PER QUESTI MOTIVI

LA CORTE COSTITUZIONALE

dichiara la manifesta inammissibilità della questione di legittimità costituzionale dell'art. 160 del codice penale, sollevata, in riferimento agli artt. 3 e 24 della Costituzione, dal Pretore di Lecce con l'ordinanza in epigrafe.

Così deciso in Roma, nella sede della Corte costituzionale, Palazzo della Consulta, il 21 maggio 1997.

Renato GRANATA: Presidente

Giuliano VASSALLI: Redattore

Depositata in cancelleria il 29 maggio 1997.