Ordinanza n. 92

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ORDINANZA N. 92

ANNO 1997

 

REPUBBLICA ITALIANA

IN NOME DEL POPOLO ITALIANO

LA CORTE COSTITUZIONALE

composta dai signori Giudici:

- Prof. Giuliano VASSALLI, Presidente

- Prof. Francesco GUIZZI

- Prof. Cesare MIRABELLI

- Prof. Fernando SANTOSUOSSO

- Avv. Massimo VARI

- Dott. Cesare RUPERTO

- Dott. Riccardo CHIEPPA

- Prof. Gustavo ZAGREBELSKY

- Prof. Valerio ONIDA

- Prof. Carlo MEZZANOTTE  

- Avv. Fernanda CONTRI

- Prof. Guido NEPPI MODONA  

- Prof. Piero Alberto CAPOTOSTI  

ha pronunciato la seguente

ORDINANZA

nei giudizi di legittimità costituzionale dell'art. 11, commi 16 e 18, della legge 24 dicembre 1993, n. 537 (Interventi correttivi di finanza pubblica), promossi con ordinanze emesse il 9 maggio 1996 dalla Corte dei conti, sezione giurisdizionale per la Regione Emilia-Romagna, il 12 ottobre 1995 dalla Corte dei conti, sezione giurisdizionale per la Regione Puglia e il 12 ottobre 1995-17 luglio 1996 dalla Corte dei conti, sezione giurisdizionale per la Regione Liguria, rispettivamente iscritte ai nn. 977, 1019 e 1260 del registro ordinanze 1996 e pubblicate nella Gazzetta Ufficiale della Repubblica nn. 41 e 47, prima serie speciale, dell'anno 1996.

  Visto l'atto di costituzione di Andriani Giovanni ed altri nonchè gli atti di intervento del Presidente del Consiglio dei ministri;

  udito nella camera di consiglio del 25 marzo 1997 il Giudice relatore Cesare Ruperto.

  Ritenuto che la Corte dei conti, sezione giurisdizionale per la Regione Emilia-Romagna, con ordinanza emessa il 9 maggio 1996, ha sollevato questione di legittimità costituzionale dell'art. 11, commi 16 e 18, della legge 24 dicembre 1993, n. 537 (Interventi correttivi di finanza pubblica), ove si prevede per i dipendenti con un'anzianità contributiva inferiore ai 35 anni, le cui dimissioni siano state accolte dopo il 15 ottobre 1993, la riduzione del trattamento pensionistico in proporzione degli anni mancanti al raggiungimento di detto requisito contributivo secondo determinate percentuali fissate dalla stessa legge;

  che, a giudizio della Corte rimettente, le norme censurate si porrebbero in contrasto con l'art. 3 Cost.: a) per avere, in generale, disciplinato in maniera identica situazioni fra loro differenziate, in quanto regolate da specifiche disposizioni settoriali; b) per avere discriminato -- con riguardo alla posizione del ricorrente nel giudizio a quo, ex docente -- situazioni analoghe all'interno del comparto scolastico, per effetto della previsione di un concreto agire rimesso alla mera discrezionalità della pubblica amministrazione, mediante la prefigurazione in capo a questa di un adempimento (accettazione delle dimissioni) legato ad una data (quella del 15 ottobre 1993), che, al momento dell'entrata in vigore della legge, o era già stato casualmente compiuto, ovvero non avrebbe più potuto esserlo in tempo utile; c) per non avere tenuto conto della peculiare posizione giuridica del personale della scuola, il quale, a norma dell'art. 10 del decreto-legge 6 novembre 1989, n. 357, convertito, con modificazioni, nella legge n. 417 del 1989, viene necessariamente collocato a riposo solo all'inizio dell'anno successivo a quello nel quale é stata presentata la relativa istanza, qualora la stessa sia stata proposta entro il mese di marzo;

  che, secondo la prospettazione, le norme de quibus violerebbero, altresì: d) l'art. 24 Cost., per la sostanziale vanificazione, in ragione della natura retroattiva della norma, che ha introdotto un termine già spirato al momento della sua entrata in vigore, della possibilità di tutela degli interessi legittimi e dei diritti del personale interessato; e) gli artt. 36 e 38 Cost., per aver sostanzialmente rimesso alla discrezionalità amministrativa la determinazione stessa della misura dell'obbligazione pensionistica, condizionandola a seconda del tempestivo provvedere dell'ufficio competente; f) l'art. 97 Cost., in ragione della fissazione di un termine già trascorso, con conseguente attribuzione alla pubblica amministrazione, senza motivo nè garanzia di controllo e di tutela da parte dell'interessato, del potere di applicare immotivatamente un regime previdenziale non richiesto dal lavoratore ed a questi più sfavorevole;

  che in altro analogo giudizio, ugualmente promosso da ex docenti della scuola, la Corte dei conti, sezione giurisdizionale per la Regione Puglia, con ordinanza emessa il 12 ottobre 1995 (pervenuta alla Corte costituzionale il 29 agosto 1996), ha sollevato questione di legittimità costituzionale dell'art. 11, comma 18, della citata legge n. 537 del 1993, per contrasto con l'art. 3 Cost., data l'irrazionale estensione anche nei confronti del personale della scuola -- al quale si applica il menzionato peculiare procedimento di presentazione, accoglimento e decorrenza delle dimissioni -- della rilevanza della data di accettazione delle dimissioni, quale momento di discrimine per l'applicazione della disciplina pensionistica più sfavorevole;

  che, in altro giudizio, promosso da una ex dipendente delle Poste, la Corte dei conti, sezione giurisdizionale per la Regione Liguria, con ordinanza emessa il 17 luglio 1996, ha, anch'essa, sollevato questione di legittimità costituzionale dell'art. 11, comma 18, della citata legge n. 537 del 1993, per contrasto: a) con l'art. 3 Cost., essendo irragionevole e fonte di disparità di trattamento, per dipendenti in possesso di identici requisiti ai fini pensionistici, affidare alla pubblica amministrazione la libertà di influire sul loro regime pensionistico a seconda che essa stessa abbia accolto o meno la domanda di collocamento a riposo; b) con l'art. 97 Cost., potendo l'amministrazione procurare, con comportamenti non censurabili, ingenti danni o indebiti vantaggi, sol procrastinando ovvero tempestivamente accogliendo le domande di pensionamento anticipato;

  che nel giudizio promosso dalla Corte dei conti, sezione giurisdizionale per la Regione Puglia, si sono costituiti i ricorrenti nel giudizio a quo, insistendo per la dichiarazione di incostituzionalità della norma censurata, per le ragioni formulate nell'ordinanza di rimessione;

  che, in tutti i giudizi, é intervenuto il Presidente del Consiglio dei ministri, rappresentato dall'Avvocatura generale dello Stato, concludendo per l'inammissibilità o per l'infondatezza delle questioni, sostenendo la ragionevolezza del riferimento normativo alla data di accoglimento delle dimissioni (con ciò escludendo ogni differenza tra il personale della scuola ed il restante personale dello Stato), in base ad una scelta operata dal legislatore nell'ottica di dissuasione dei pensionamenti anticipati.

  Considerato che le diverse questioni, coinvolgenti la stessa disciplina, debbono essere riunite e congiuntamente decise;

  che, successivamente all'emissione delle tre ordinanze di rimessione de quibus, questa Corte, con sentenza n. 417 del 1996, ha già dichiarato non fondate questioni di costituzionalità sostanzialmente identiche a quelle prospettate in questa sede;

  che, in particolare, la Corte ha sottolineato come -- nell'àmbito del graduale processo di radicale riconsiderazione del trattamento di anzianità, realizzato dal legislatore al fine ineludibile di stabilizzare l'andamento tendenziale della spesa previdenziale, attraverso la previsione di disincentivi alla pratica delle dimissioni volontarie prima del raggiungimento dell'anzianità contributiva minima trentacinquennale -- l'adozione della data di accoglimento delle dimissioni, quale discrimine oggettivo tra il vecchio e nuovo regime, trovi plausibile spiegazione, sul piano giuridico, nella natura costitutiva del relativo provvedimento amministrativo (rispetto al quale la volontà del dipendente rappresenta soltanto il presupposto) e nel conseguente effetto estintivo del rapporto di pubblico impiego;

  che deve essere qui ribadito come l'univocità della scelta di privilegiare tale momento temporale, cui é estraneo qualsiasi riferimento alla decorrenza delle dimissioni, sia dunque idonea ad escludere tanto la prospettata disparità di trattamento tra personale appartenente a comparti diversi del pubblico impiego, quanto, in ultima analisi, la sussistenza di quelle manifeste ragioni di irrazionalità ovvero di quelle discriminazioni prive di fondamento giuridico, che sole potrebbero consentire di sindacare l'ampio potere discrezionale riservato al legislatore in materia (v. sentenza n. 185 del 1995);

  che, d'altra parte, nella menzionata sentenza n. 417 del 1996, é stato riaffermato -- con ciò escludendo ulteriormente la configurabilità delle prospettate violazioni agli artt. 3 e 97 Cost. -- il principio dell'irrilevanza, in termini di verifica della costituzionalità della norma, delle eventuali disparità di mero fatto, derivanti da circostanze contingenti ed accidentali, riferibili non già alla norma considerata nel suo contenuto precettivo, ma semplicemente alla sua applicazione concreta;

  che, inoltre, é stato dalla Corte ritenuto insussistente il vulnus agli artt. 36 e 38 Cost., in quanto la posizione del soggetto viene adeguatamente garantita dalla specifica norma di salvaguardia di cui al comma 19 del censurato art. 11: per cui la decurtazione prevista dal comma 16 deriva da un pensionamento cui l'interessato perviene per sua libera e consapevole scelta, prima nel presentare le dimissioni e poi nel non revocarle ovvero nel non richiedere la riammissione in servizio, con la qualifica e l'anzianità maturata all'atto di collocamento a riposo, nonchè con la facoltà di riscattare il periodo scoperto ai fini della previdenza e della quiescenza secondo aggiornati criteri attuariali;

  che, infine, a fronte delle considerazioni sin qui svolte, si palesa come inappropriato il riferimento all'art. 24 Cost. (unico parametro nuovo evocato dalla sezione giurisdizionale per la Regione Emilia-Romagna della Corte dei conti): infatti la retroattività della norma -- in quanto conforme e funzionale al generale ed adeguato disegno perseguito dal legislatore, nella rappresentata ottica dissuasiva dei pensionamenti anticipati -- non contrasta con il diritto di azione e di difesa, poichè, operando sul piano delle fonti, non esclude nè comprime la tutela giurisdizionale delle posizioni giuridiche di cui il soggetto é titolare (cfr. sentenze n. 455 del 1992 e n. 155 del 1990);

  che, pertanto, in mancanza di nuovi argomenti che possano indurre a discostarsi dalla decisione presa, le questioni devono essere dichiarate manifestamente infondate.

  Visti gli artt. 26, secondo comma, della legge 11 marzo 1953, n. 87 e 9, secondo comma, delle norme integrative per i giudizi davanti alla Corte costituzionale.

PER QUESTI MOTIVI

LA CORTE COSTITUZIONALE

  riuniti i giudizi,

  dichiara la manifesta infondatezza delle questioni di legittimità costituzionale dell'art. 11, commi 16 e 18, della legge 24 dicembre 1993, n. 537 (Interventi correttivi di finanza pubblica), sollevata, in riferimento agli artt. 3, 24, 36, 38 e 97 della Costituzione, dalla Corte dei conti, sezioni giurisdizionali per le Regioni Emilia- Romagna, Puglia e Liguria, con le ordinanze in epigrafe.

Così deciso in Roma, nella sede della Corte costituzionale, Palazzo della Consulta, il 25 marzo 1997.

Giuliano VASSALLI, Presidente

Cesare RUPERTO, Redattore

Depositata in cancelleria l'8 aprile 1997.