Ordinanza n. 436 del 1996

 CONSULTA ONLINE 

ORDINANZA N. 436

ANNO 1996

 

REPUBBLICA ITALIANA

IN NOME DEL POPOLO ITALIANO

LA CORTE COSTITUZIONALE

composta dai signori Giudici:

-     Dott. Renato GRANATA, Presidente

-     Prof. Giuliano VASSALLI

-     Prof. Francesco GUIZZI

-     Prof. Cesare MIRABELLI

-     Prof. Fernando SANTOSUOSSO

-     Avv. Massimo VARI

-     Dott. Cesare RUPERTO

-     Dott. Riccardo CHIEPPA

-     Prof. Gustavo ZAGREBELSKY

-     Prof. Valerio ONIDA

-     Prof. Carlo MEZZANOTTE

-     Avv. Fernanda CONTRI

-     Prof. Guido NEPPI MODONA

ha pronunciato la seguente

ORDINANZA

nel giudizio di legittimità costituzionale degli artt. 2, comma 1, 18, comma 2 e 29, comma 2, del decreto legislativo 27 gennaio 1992, n. 109 (Attuazione delle direttive 89/395/CEE e 89/396/CEE concernenti l'etichettatura, la presentazione e la pubblicità dei prodotti alimentari), promosso con ordinanza emessa il 15 aprile 1996 dal Pretore di Udine nel procedimento penale a carico di Pucar Milenco ed altro, iscritta al n. 626 del registro ordinanze 1996 e pubblicata nella Gazzetta Ufficiale della Repubblica n. 28, prima serie speciale, dell'anno 1996.

Udito nella camera di consiglio dell'11 dicembre 1996 il Giudice relatore Gustavo Zagrebelsky.

RITENUTO che, nel corso di un procedimento penale a carico di due soggetti, imputati della contravvenzione di cui all'art. 13 della legge 30 aprile 1962, n. 283 - per avere, nella qualità di legali rappresentanti di ditte commerciali, posto in vendita e pubblicizzato yogurt con la denominazione di "biologico", in modo da indurre in errore gli acquirenti circa la natura, la sostanza e la qualità del prodotto - il Pretore di Udine, con ordinanza del 15 aprile 1996, ha sollevato, in riferimento all'art. 76 della Costituzione, questione di legittimità costituzionale degli artt. 2, comma 1, 18, comma 2, e 29, comma 2, del decreto legislativo 27 gennaio 1992, n. 109 (Attuazione delle direttive 89/395/ CEE e 89/396/CEE concernenti l'etichettatura, la presentazione e la pubblicità dei prodotti alimentari), "nella parte in cui abrogano parzialmente l'art. 13 della legge 30 aprile 1962, n. 283, in contrasto con l'art. 2, punto d) [recte: comma 1, lettera d)], della legge 29 dicembre 1990, n. 428";

che, accertata la materialità dei fatti contestati, il giudice a quo dubita della vigenza della norma incriminatrice (art. 13 cit.), dal momento che il decreto legislativo n. 109 del 1992 avrebbe introdotto una fattispecie di illecito amministrativo (artt. 2, comma 1, e 18, comma 2) "che appare quasi perfettamente sovrapponibile alla fattispecie sanzionata penalmente dall'art. 13 in esame", mentre ha abrogato tutte le disposizioni precedentemente vigenti in materia di etichettatura, presentazione e pubblicità dei prodotti alimentari (art. 29, comma 2), con la conseguenza che il contestato reato dovrebbe essere ormai depenalizzato;

che pertanto le norme impugnate, avendo determinato l'abrogazione implicita per incompatibilità della fattispecie contravvenzionale di cui all'art. 13 della legge n. 283 del 1962, si porrebbero in contrasto con l'art. 76 della Costituzione, perché inosservanti della legge 29 dicembre 1990, n. 428 che, nel conferire delega al Governo per l'attuazione di direttive comunitarie, all'art. 2, comma 1, lettera d), autorizza l'introduzione di sanzioni amministrative e penali, fatte comunque salve le norme penali vigenti, tra le quali va ricompreso anche l'art. 13 della legge del 1962.

CONSIDERATO che la stessa questione, riferita agli artt. 18, comma 2, e 29, comma 2 del decreto legislativo 27 gennaio 1992, n. 109, è stata già esaminata da questa Corte e ritenuta inammissibile con la sentenza n. 356 del 1996, in primo luogo perché alla ricostruzione normativa effettuata dal giudice rimettente "è possibile contrapporne un'altra che conduce ad esiti opposti e cioè alla perdurante vigenza della norma penale ... con argomenti almeno altrettanto plausibili", essendo ipotizzabile un concorso tra illeciti (penale e amministrativo) con il cumulo delle sanzioni;

che, d'altra parte, è possibile sostenere che la clausola di salvaguardia con cui si apre l'art. 18 ("Salvo che il fatto costituisca reato") si riferisce "non solo alle ipotesi indicate al primo comma, ma a tutte quelle previste in tale articolo" (di cui è impugnato solo il comma 2), rispondendo inoltre tale interpretazione ai principi della delega;

che anche l'art. 9 della legge n. 689 del 1981, dopo aver affermato al primo comma il principio di specialità nella concorrenza tra disposizioni penali e disposizioni che prevedono sanzioni amministrative, al terzo comma fa salve le norme penali della legge n. 283 del 1962, tra cui l'art. 13;

che, pertanto, è ingiustificata la richiesta pronuncia di incostituzionalità, quando è possibile dare delle norme denunciate una interpretazione secundum constitutionem, risolvendosi altrimenti la questione di legittimità costituzionale in "un improprio tentativo di ottenere dalla Corte costituzionale l'avallo a favore di una interpretazione contro un'altra interpretazione", attività questa rimessa al giudice che deve applicare le norme;

che le medesime considerazioni valgono anche in relazione all'art. 2, comma 1, del decreto legislativo n. 109 del 1992, che è un'altra delle norme ora impugnate (mentre non formava oggetto della questione di legittimità costituzionale decisa con la ricordata sentenza n. 356 del 1996), e ciò in quanto essa è norma meramente definitoria della fattispecie di illecito punita con sanzione amministrativa;

che, in conclusione, la questione è manifestamente inammissibile.

Visti gli artt. 26, secondo comma, della legge 11 marzo 1953, n. 87, e 9, secondo comma, delle norme integrative per i giudizi davanti alla Corte costituzionale.

PER QUESTI MOTIVI

LA CORTE COSTITUZIONALE

dichiara la manifesta inammissibilità della questione di legittimità costituzionale degli artt. 2, comma 1, 18, comma 2 e 29, comma 2, del decreto legislativo 27 gennaio 1992, n. 109 (Attuazione delle direttive 89/395/CEE e 89/396/CEE concernenti l'etichettatura, la presentazione e la pubblicità dei prodotti alimentari), sollevata, in riferimento all'articolo 76 della Costituzione e in relazione all'articolo 2, comma 1, lettera d), della legge 29 dicembre 1990, n. 428, dal Pretore di Udine con l'ordinanza indicata in epigrafe.

Così deciso in Roma, nella sede della Corte costituzionale, Palazzo della Consulta, il 12 dicembre 1996.

Renato GRANATA, Presidente

Gustavo ZAGREBELSKY, Redattore

Depositata in cancelleria il 30 dicembre 1996.