Sentenza n. 430 del 1996

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SENTENZA N. 430

 

ANNO 1996

 

 

REPUBBLICA ITALIANA

 

IN NOME DEL POPOLO ITALIANO

 

LA CORTE COSTITUZIONALE

 

composta dai signori Giudici:

 

-     Dott. Renato GRANATA, Presidente

 

-     Prof. Giuliano VASSALLI

 

-     Prof. Francesco GUIZZI

 

-     Prof. Cesare MIRABELLI

 

-     Prof. Fernando SANTOSUOSSO

 

-     Avv. Massimo VARI

 

-     Dott. Cesare RUPERTO

 

-     Dott. Riccardo CHIEPPA

 

-     Prof. Gustavo ZAGREBELSKY

 

-     Prof. Valerio ONIDA

 

-     Prof. Carlo MEZZANOTTE

 

-     Avv. Fernanda CONTRI

 

-     Prof. Guido NEPPI MODONA

 

-     Prof. Piero Alberto CAPOTOSTI

 

ha pronunciato la seguente

 

SENTENZA

 

nel giudizio di legittimità costituzionale dell'art. 3, commi 143, 146 e 241, della legge 28 dicembre 1995, n. 549 (Misure di razionalizzazione della finanza pubblica), promosso con ricorso della Regione Siciliana notificato il 29 gennaio 1996, depositato in cancelleria il 1° febbraio 1996 ed iscritto al n. 3 del registro ricorsi 1996.

 

Visto l'atto di costituzione del Presidente del Consiglio dei ministri;

 

udito nell'udienza pubblica del 12 novembre 1996 il Giudice relatore Cesare Mirabelli;

 

uditi gli avvocati Francesco Torre e Francesco Castaldi per la Regione Siciliana e l'avvocato dello Stato Ivo M. Braguglia per il Presidente del Consiglio dei ministri.

 

Ritenuto in fatto

 

1. -- Con ricorso notificato il 29 gennaio 1996, il Presidente della Regione Siciliana ha proposto questione di legittimità costituzionale dell'art. 3, commi 143, 146 e 241, della legge 28 dicembre 1995, n. 549 (Misure di razionalizzazione della finanza pubblica), nella parte in cui -- disciplinando le modalità di pagamento (comma 143) della tassa di concessione governativa (istituita con l'art. 36 del decreto-legge 2 marzo 1989, n. 69, convertito, con modificazioni, nella legge 27 aprile 1989, n. 154) per l'attribuzione del numero di partita IVA e di quella dovuta per ciascun anno successivo, nello stabilire la decorrenza degli effetti delle nuove disposizioni (comma 146) e nel destinare all'erario (comma 241) le entrate previste per effetto di disposizioni della stessa legge per concorrere alla copertura degli oneri per il servizio del debito pubblico e per realizzare le linee di politica economica e finanziaria in funzione degli impegni di riequilibrio del bilancio assunti in sede comunitaria -- attribuisce allo Stato anche il gettito della tassa sulla partita IVA, in precedenza devoluto alla Regione per la parte riscossa nel suo territorio.

 

La ricorrente denuncia la violazione dell'art. 36 dello statuto speciale della Regione Siciliana (regio decreto legislativo 15 maggio 1946, n. 455, convertito in legge costituzionale 26 febbraio 1948, n. 2) e dell'art. 2 delle norme di attuazione dello statuto in materia finanziaria (d.P.R. 26 luglio 1965, n. 1074), che attribuisce le entrate tributarie erariali dirette e indirette, comunque denominate, riscosse nell'ambito del territorio regionale, alla Regione Siciliana, ad eccezione delle nuove entrate tributarie il cui gettito sia destinato con apposite leggi alla copertura di oneri diretti a soddisfare particolari finalità, specificate dalle leggi stesse, contingenti o continuative dello Stato.

 

La Regione osserva che le modifiche introdotte dalle disposizioni denunciate alla precedente normativa concernente la tassa sulla partita IVA non incrementano il flusso delle entrate, giacché riguardano esclusivamente le modalità di versamento della tassa, senza variare l'importo del tributo, che in precedenza è stato sempre attribuito alla Regione.

 

La stessa legge n. 549 del 1995 prevede che le disposizioni in essa contenute siano applicabili nelle Regioni a statuto speciale solo in quanto non in contrasto con le norme dei rispettivi statuti e con le relative norme di attuazione (art. 241). Non dovrebbe, quindi, operare la devoluzione allo Stato del gettito della tassa sulla partita IVA, che non è nuova e non ha subito alcuna variazione nell'importo. Tuttavia il Ministero delle finanze, con nota n. II/4/126/96 del 15 gennaio 1996, ha stabilito che, per le operazioni effettuate in Sicilia, le banche delegate alla riscossione della tassa ne versino il 50% alle competenti sezioni di tesoreria provinciale dello Stato ed il restante 50% all'Ufficio provinciale della Cassa regionale siciliana. Seguendo questa interpretazione, data dal Ministero delle finanze, la norma sarebbe, ad avviso della Regione, costituzionalmente illegittima.

 

2. -- Si è costituito in giudizio il Presidente del Consiglio dei ministri, rappresentato e difeso dall'Avvocatura generale dello Stato, chiedendo che la questione di legittimità costituzionale sia dichiarata non fondata.

 

L'Avvocatura rileva che l'art. 3 della legge n. 549 del 1995 stabilisce, al comma 143, soltanto le modalità di versamento della tassa per l'attribuzione della partita IVA e della tassa annuale, mentre il comma 243 fa salvi i diritti delle Regioni ad autonomia speciale derivanti dai rispettivi statuti, sicché rimarrebbe escluso ogni sospetto di illegittimità costituzionale.

 

Ad avviso dell'Avvocatura, inoltre, la ripartizione al 50% tra Stato e Regione del gettito dell'imposta sarebbe già contenuta nel decreto ministeriale 20 agosto 1992, che approva la nuova tariffa della tassa di concessioni governative sulla base dell'art. 10 del decreto-legge 11 luglio 1992, n. 333, convertito, con modificazioni, nella legge 8 agosto 1992, n. 359. La nuova tariffa, raddoppiando l'importo dell'imposta, consentirebbe di riservare il 50% di essa allo Stato, trattandosi di un importo che corrisponde all'incremento dell'entrata.

 

Considerato in diritto

 

1. -- La questione di legittimità costituzionale investe l'art. 3 della legge 28 dicembre 1995, n. 549 (Misure di razionalizzazione della finanza pubblica), nella parte in cui, destinando all'erario le entrate derivanti da disposizioni dello stesso articolo, per concorrere alla copertura di oneri del debito pubblico ed al riequilibrio del bilancio (comma 241), comprenderebbe, secondo l'applicazione data dal Ministero delle finanze, anche il 50% delle entrate derivanti dalla tassa di concessione governativa per la partita IVA, per la quale sono stabilite nuove modalità di pagamento (comma 143) con effetto a decorrere dal 1· gennaio 1996 (comma 146).

 

La Regione Siciliana ritiene che le disposizioni denunciate, se interpretate in conformità della applicazione data dal Ministero delle finanze, sarebbero in contrasto con l'art. 36 dello statuto speciale (approvato con regio decreto legislativo 15 maggio 1946, n. 455, convertito in legge costituzionale 26 febbraio 1948, n. 2) e con l'art. 2 delle relative norme di attuazione (d.P.R. 26 luglio 1965, n. 1074), che riserva alla Regione Siciliana tutte le entrate tributarie erariali riscosse nell'ambito del territorio regionale, ad eccezione delle nuove entrate tributarie il cui gettito sia stato dalla legge specificamente destinato a finalità particolari dello Stato. Nel caso considerato si sarebbe in presenza di una tassa non nuova, né variata nel suo ammontare.

 

2. -- L'art. 3 della legge n. 549 del 1995, nell'apportare modifiche alla disciplina delle tasse sulle concessioni governative, tra le quali rientra quella sulla partita IVA (introdotta dall'art. 36 del decreto-legge 2 marzo 1989, n. 69, convertito, con modificazioni, nella legge 27 aprile 1989, n. 154), ha inserito una clausola generale di salvaguardia, stabilendo (comma 243) che le disposizioni della stessa legge sono applicabili nelle Regioni a statuto speciale in quanto non contrastino con le norme dei rispettivi statuti e con le relative norme di attuazione.

 

Rimane così preclusa, in via generale, la devoluzione allo Stato di entrate tributarie erariali, riscosse nel territorio della Regione siciliana, ma prive del carattere di novità. Se, dunque, l'importo della tassa di concessione governativa sulla partita IVA non è stato variato dalla legge n. 549 del 1995, il gettito di tale imposta non può, in forza della stessa legge, essere attribuito neppure in parte allo Stato.

 

La questione proposta dalla Regione siciliana si risolve, pertanto, nell'ambito interno all'interpretazione della legge denunciata, la quale non prevede e non consente, essa stessa, l'attribuzione allo Stato di entrate tributarie erariali in contrasto con le norme di attuazione dello statuto siciliano in materia finanziaria e, dunque, se non quando si tratti di una nuova entrata tributaria, il cui gettito sia stato specificamente destinato dalla legge a soddisfare particolari finalità dello Stato.

 

La questione non è, dunque, fondata, essendo erroneo il presupposto interpretativo dal quale muove.

 

PER QUESTI MOTIVI

 

LA CORTE COSTITUZIONALE

 

dichiara non fondata la questione di legittimità costituzionale dell'art. 3, commi 143, 146 e 241, della legge 28 dicembre 1995, n. 549 (Misure di razionalizzazione della finanza pubblica), proposta, in riferimento all'art. 36 dello statuto speciale della Regione Siciliana (regio decreto legislativo 15 maggio 1946, n. 455, convertito in legge costituzionale 26 febbraio 1948, n. 2) ed all'art. 2 delle norme di attuazione dello statuto in materia finanziaria (d.P.R. 26 luglio 1965, n. 1074), dalla Regione Siciliana con il ricorso in epigrafe.

 

Così deciso in Roma, nella sede della Corte costituzionale, Palazzo della Consulta, il 12 dicembre 1996.

 

Renato GRANATA, Presidente

 

Cesare MIRABELLI, Redattore

 

Depositata in cancelleria il 30 dicembre 1996.