Ordinanza n. 422 del 1996

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ORDINANZA N. 422

ANNO 1996

 

REPUBBLICA ITALIANA

IN NOME DEL POPOLO ITALIANO

LA CORTE COSTITUZIONALE

composta dai signori Giudici:

-     Dott. Renato GRANATA, Presidente

-     Prof. Giuliano VASSALLI

-     Prof. Francesco GUIZZI

-     Prof. Cesare MIRABELLI

-     Prof. Fernando SANTOSUOSSO

-     Avv. Massimo VARI

-     Dott. Cesare RUPERTO

-     Dott. Riccardo CHIEPPA

-     Prof. Gustavo ZAGREBELSKY

-     Prof. Valerio ONIDA

-     Prof. Carlo MEZZANOTTE

-     Avv. Fernanda CONTRI

-     Prof. Guido NEPPI MODONA

-     Prof. Piero Alberto CAPOTOSTI

ha pronunciato la seguente

ORDINANZA

nel giudizio di legittimità costituzionale dell'art. 3, primo comma, della legge 13 -- esattamente: 19 -- febbraio 1981, n. 27 (Provvidenze per il personale di magistratura), dell'art. 1, comma 1, della legge 22 giugno 1988, n. 221 (Provvedimenti a favore del personale delle cancellerie e segreterie giudiziarie), e dell'art. 1, comma 1, della legge 15 febbraio 1989, n. 51 (Attribuzione dell'indennità giudiziaria al personale amministrativo delle magistrature speciali), promosso con ordinanza emessa il 12 aprile 1995 dal Tribunale amministrativo per l'Abruzzo sul ricorso proposto da Anna Paola Biordi ed altri contro il Consiglio di Stato ed altri, iscritta al n. 204 del registro ordinanze 1996 e pubblicata nella Gazzetta Ufficiale della Repubblica n. 11, prima serie speciale, dell'anno 1996.

Visto l'atto di intervento del Presidente del Consiglio dei ministri;

udito nella camera di consiglio del 27 novembre 1996 il Giudice relatore Cesare Mirabelli.

RITENUTO che il Tribunale amministrativo regionale per l'Abruzzo, con ordinanza emessa il 12 aprile 1995, ha sollevato, in riferimento all'art. 38, secondo comma, della Costituzione, questione di legittimità costituzionale dell'art. 3, primo comma, della legge 13 -- esattamente: 19 -- febbraio 1981, n. 27 (Provvidenze per il personale di magistratura), dell'art. 1, comma 1, della legge 22 giugno 1988, n. 221 (Provvedimenti a favore del personale delle cancellerie e segreterie giudiziarie), e dell'art. 1, comma 1, della legge 15 febbraio 1989, n. 51 (Attribuzione dell'indennità giudiziaria al personale amministrativo delle magistrature speciali), nella parte in cui dispongono la non pensionabilità della speciale indennità prevista dalle stesse norme;

che il dubbio di legittimità costituzionale è stato sollevato nel corso di un giudizio, promosso da personale delle segreterie giudiziarie in servizio presso lo stesso Tribunale regionale, volto ad accertare il diritto al computo dell'indennità giudiziaria nella base di calcolo per il trattamento di quiescenza e per l'indennità di buonuscita;

che, ad avviso del giudice rimettente, l'indennità giudiziaria costituirebbe elemento della retribuzione, strettamente connesso con l'effettiva prestazione del servizio, sicché la sua non pensionabilità violerebbe l'art. 38, secondo comma, della Costituzione, in quanto il trattamento di quiescenza, che della retribuzione costituisce un prolungamento a fini previdenziali, dovrebbe essere proporzionato alla quantità e qualità del lavoro prestato e, in ogni caso, dovrebbe assicurare al lavoratore e alla sua famiglia mezzi adeguati alle esigenze di vita per un'esistenza libera e dignitosa;

che il Tribunale amministrativo regionale, pur avendo presente che identica questione è stata dichiarata non fondata (sentenza n. 119 del 1991), ritiene di riproporla, in quanto l'attuazione dei principi costituzionali non potrebbe essere subordinata a scelte del legislatore che contemperino il complesso dei valori e degli interessi costituzionali coinvolti in relazione ai mezzi finanziari necessari per fronteggiare la spesa;

che nel giudizio dinanzi alla Corte è intervenuto il Presidente del Consiglio dei ministri, rappresentato e difeso dall'Avvocatura generale dello Stato, chiedendo che la questione sia dichiarata inammissibile o infondata.

CONSIDERATO che identica questione è già stata dichiarata non fondata (sentenza n. 119 del 1991), giacché il trattamento di quiescenza, che della retribuzione costituisce un prolungamento a fini previdenziali, deve essere proporzionato alla qualità e quantità del lavoro prestato, ma ciò non comporta che sia garantita in ogni caso l'integrale corrispondenza tra retribuzione e pensione (da ultimo, sentenze n. 311 del 1995, nn. 449 e 441 del 1993);

che, in considerazione del potere del legislatore di graduare i fini perseguiti anche in rapporto a valutazioni d'ordine finanziario, l'esclusione della pensionabilità dell'indennità giudiziaria non costituisce un uso arbitrario e irragionevole della discrezionalità legislativa in ordine all'attuazione dei valori espressi dall'art. 38 della Costituzione (sentenza n. 119 del 1991);

che la natura dell'indennità retributiva giudiziaria quale normale componente del trattamento economico non vale a dimostrare l'incostituzionalità della esclusione di tale indennità dal calcolo della pensione, giacché la commisurazione del trattamento pensionistico al reddito percepito in costanza di rapporto di lavoro incontra un limite nel necessario contemperamento della tutela del pensionato con le disponibilità del bilancio pubblico, a carico del quale è finanziato in buona parte il sistema previdenziale (da ultimo, sentenza n. 361 del 1996);

che nessun nuovo argomento è stato addotto dal giudice rimettente, tale da superare la precedente decisione.

Visti gli artt. 26, secondo comma, della legge 11 marzo 1953, n. 87 e 9, secondo comma, delle norme integrative per i giudizi davanti alla Corte costituzionale.

PER QUESTI MOTIVI

LA CORTE COSTITUZIONALE

dichiara la manifesta infondatezza della questione di legittimità costituzionale dell'art. 3, primo comma, della legge 19 febbraio 1981, n. 27 (Provvidenze per il personale di magistratura), dell'art. 1, comma 1, della legge 22 giugno 1988, n. 221 (Provvedimenti a favore del personale delle cancellerie e segreterie giudiziarie), e dell'art. 1, comma 1, della legge 15 febbraio 1989, n. 51 (Attribuzione dell'indennità giudiziaria al personale amministrativo delle magistrature speciali), sollevata, in riferimento all'art. 38, secondo comma, della Costituzione, dal Tribunale amministrativo regionale per l'Abruzzo con l'ordinanza indicata in epigrafe.

Così deciso in Roma, nella sede della Corte costituzionale, Palazzo della Consulta, il 12 dicembre 1996.

Renato GRANATA, Presidente

Cesare MIRABELLI, Redattore

Depositato in cancelleria il 27 dicembre 1996.