Sentenza n. 407 del 1996

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SENTENZA N.407

ANNO 1996

 

REPUBBLICA ITALIANA

IN NOME DEL POPOLO ITALIANO

LA CORTE COSTITUZIONALE

composta dai signori Giudici:

-     Dott. Renato GRANATA, Presidente

-     Prof. Giuliano VASSALLI

-     Prof. Francesco GUIZZI

-     Prof. Cesare MIRABELLI

-     Prof. Fernando SANTOSUOSSO

-     Avv. Massimo VARI

-     Dott. Cesare RUPERTO

-     Dott. Riccardo CHIEPPA

-     Prof. Gustavo ZAGREBELSKY

-     Prof. Valerio ONIDA

-     Prof. Carlo MEZZANOTTE

-     Avv. Fernanda CONTRI

-     Prof. Guido NEPPI MODONA

-     Prof. Piero Alberto CAPOTOSTI

ha pronunciato la seguente

SENTENZA

nel giudizio di legittimità costituzionale dell'art. 3, primo comma, della legge 19 febbraio 1981, n. 27 (Provvidenze per il personale di magistratura), promosso con ordinanza emessa il 6 dicembre 1994 dal Tribunale amministrativo regionale per la Sardegna sui ricorsi proposti da Buttiglione Fiorentina Maria Antonietta ed altre nei confronti della Direzione provinciale del Tesoro di Cagliari ed altri, iscritta al n. 275 del registro ordinanze 1996 e pubblicata nella Gazzetta Ufficiale della Repubblica n. 14, prima serie speciale, dell'anno 1996.

Visti gli atti di costituzione di Buttiglione Fiorentina Maria Antonietta ed altre e di Salis Lucia, nonché l'atto di intervento del Presidente del Consiglio dei ministri;

udito nell'udienza pubblica del 12 novembre 1996 il Giudice relatore Fernando Santosuosso;

udito l'Avvocato dello Stato Mario Imponente per il Presidente del Consiglio dei ministri.

Ritenuto in fatto

1.-- Nel corso di un giudizio promosso da Buttiglione Fiorentina Maria Antonietta ed altre, tutte magistrato ordinario, nonché da Salis Lucia, Avvocato dello Stato, nei confronti della Direzione provinciale del Tesoro di Cagliari, avente ad oggetto il riconoscimento del loro diritto all'indennità di cui all'art. 3 della legge 19 febbraio 1981, n. 27, durante il periodo di congedo per maternità, il Tribunale amministrativo regionale per la Regione Sardegna, con ordinanza emessa il 6 dicembre 1994, ma pervenuta alla Corte costituzionale il 6 marzo 1996, ha sollevato, in riferimento agli artt. 3 e 37 della Costituzione, questione di legittimità costituzionale dell'art. 3, primo comma, della legge 19 febbraio 1981, n. 27 (Provvidenze per il personale di magistratura), nella parte in cui esclude la corresponsione della speciale indennità ivi prevista durante i periodi di assenza obbligatoria o facoltativa di cui agli artt. 4 e 7 della legge 30 dicembre 1971, n. 1204.

Osserva il rimettente, che l'indennità in questione ha ormai assunto la natura di contributo forfettario alle spese ed agli oneri che tutti i magistrati incontrano nello svolgimento della loro attività, indipendentemente dall'effettiva presenza in servizio.

Pertanto, la mancata corresponsione dell'indennità speciale nel periodo in questione, oltre che irragionevole, determinerebbe un'ingiustificata disparità di trattamento fra i magistrati in servizio e quelli obbligatoriamente allontanati o comunque legittimamente assenti.

La disposizione censurata sarebbe anche in contrasto con l'art. 37 della Costituzione che impone al legislatore di approntare un'adeguata protezione per la madre lavoratrice, non apparendo ragionevole l'equiparazione delle assenze dal lavoro per aspettativa o per altre cause alla obbligatoria astensione dall'attività lavorativa per maternità.

2.-- Nel giudizio davanti alla Corte costituzionale si sono costituite le ricorrenti insistendo per l'accoglimento della questione.

3.-- E' anche intervenuto il Presidente del Consiglio dei ministri, rappresentato e difeso dall'Avvocatura generale dello Stato, concludendo per l'inammissibilità o per l'infondatezza della questione.

Ha osservato la difesa erariale che, non essendo equiparabile la situazione dei magistrati in servizio a quella degli assenti per causa legittima, rientrerebbe nella discrezionalità del legislatore, nel caso non irragionevolmente esercitata, prevedere che alla presenza in servizio sia collegata la corresponsione di una determinata indennità.

Né, ha infine osservato l'Avvocatura dello Stato, potrebbe ritenersi irragionevole la mancata corresponsione dell'indennità durante le assenze dal servizio per maternità, posto che l'indennità in oggetto ha natura ed entità complementare rispetto al complessivo trattamento economico che viene conservato nella sua interezza proprio a protezione della maternità.

Per le suesposte considerazioni sarebbe insussistente anche la prospettata violazione dell'art. 37 della Costituzione.

4.-- In prossimità dell'udienza ha presentato memoria il difensore delle ricorrenti, ribadendo le già formulate conclusioni.

Considerato in diritto

1.-- Il Tribunale amministrativo regionale per la Sardegna dubita, in riferimento agli artt. 3 e 37 della Costituzione, della legittimità costituzionale dell'art. 3, primo comma, della legge 19 febbraio 1981, n. 27 (Provvidenze per il personale di magistratura), nella parte in cui esclude la corresponsione della speciale indennità ivi prevista durante i periodi di assenza obbligatoria o facoltativa di cui agli artt. 4 e 7 della legge 30 dicembre 1971, n. 1204.

Tale esclusione sarebbe, ad avviso del giudice rimettente, irragionevole, sia perché l'indennità in questione ha assunto la natura di voce fissa e ricorrente della retribuzione, sia in quanto le assenze durante il periodo di astensione dal lavoro per maternità presentano il carattere della obbligatorietà.

Oltre che irragionevole, la mancata corresponsione determinerebbe un'ingiustificata disparità di trattamento tra i magistrati in servizio e quelli obbligatoriamente assenti, nonché una violazione dell'art. 37 della Costituzione che impone al legislatore di approntare un'adeguata protezione per la madre lavoratrice.

2.-- La questione deve ritenersi non fondata.

Questa Corte con la sentenza n. 238 del 1990 ha già esaminato analoga questione sollevata dallo stesso tribunale amministrativo regionale; in quell'occasione, tuttavia, il giudice rimettente aveva lamentato una ingiustificata disparità di trattamento rispetto alla generalità delle dipendenti statali, che durante il periodo di astensione dal lavoro per maternità, non subiscono alcuna decurtazione dello stipendio.

Nel ritenere infondata la questione, questa Corte ebbe ad osservare che l'indennità in esame è espressamente collegata ai particolari "oneri" che i magistrati "incontrano nello svolgimento della loro attività", la quale comporta peraltro un impegno senza prestabiliti limiti temporali, e che la corresponsione della stessa è strettamente connessa all'effettiva prestazione del servizio.

La rilevata necessaria correlazione che sussiste tra la corresponsione dell'indennità e il concreto esercizio delle funzioni, consente di superare i dedotti profili di irragionevolezza; tant'é che anche durante il periodo di aspettativa per infermità derivante da riconosciuta causa di servizio, l'emolumento in esame non viene corrisposto, e ciò in quanto l'insieme degli oneri, in relazione ai quali tale indennità è stata istituita, viene meno quando il servizio, per qualsiasi causa, non è concretamente prestato.

In ordine alla denunciata violazione dell'art. 37 della Costituzione sotto il profilo che la norma impugnata non assicurerebbe adeguata protezione alla lavoratrice madre, può osservarsi, come in più occasioni affermato da questa Corte (sentenze nn. 423 del 1995, 181 del 1993 e 132 del 1991), che indubbiamente il rilievo costituzionale del valore rappresentato dal ruolo di madre della lavoratrice <<comporta che, nel rapporto di lavoro, non possono frapporsi né ostacoli, né remore alla gravidanza e alla cura del bambino nel periodo di puerperio, dovendo essere assicurata una "speciale adeguata protezione" al bambino e alla madre, la quale deve essere posta in condizioni (di lavoro) tali da poter adempiere alla sua essenziale funzione familiare>>.

In applicazione di tale principio la Corte ha ritenuto non conformi al citato parametro costituzionale alcune disposizioni che penalizzavano fortemente il trattamento economico delle lavoratrici madri, tanto da indurle ad evitare la gravidanza.

Nel caso in esame, al contrario, alla donna magistrato assente per maternità vengono conservati - oltre che il posto e la sede - anche lo stipendio nella sua interezza. Del resto, il meccanismo di corresponsione della indennità di maternità di cui all'art. 15 della legge 30 dicembre 1971, n. 1204, comporta anch'esso un sacrificio economico per la donna lavoratrice, atteso che la misura dell'indennità di maternità è pari all'ottanta per cento della retribuzione goduta durante l'espletamento dell'attività lavorativa. Ciò nonostante, questa Corte ha affermato (sentenza n. 132 del 1991) che questa disciplina non viola il principio posto dalla Costituzione a tutela delle lavoratrici madri, essendo diretta a tenere indenne la donna, sia pure in maniera non completa, dalla perdita del reddito conseguente all'astensione dal lavoro per gravidanza.

Non risultano pertanto ragioni decisive per ritenere contrastante con l'art. 37 della Costituzione la scelta legislativa di escludere la corresponsione della speciale indennità istituita in favore dei magistrati durante i periodi di assenza obbligatoria o facoltativa dal lavoro per maternità.

PER QUESTI MOTIVI

LA CORTE COSTITUZIONALE

dichiara non fondata la questione di legittimità costituzionale dell'art. 3, primo comma, della legge 19 febbraio 1981, n. 27 (Provvidenze per il personale di magistratura), sollevata, in riferimento agli artt. 3 e 37 della Costituzione, dal Tribunale amministrativo regionale per la Sardegna con l'ordinanza indicata in epigrafe.

Così deciso in Roma, nella sede della Corte costituzionale, Palazzo della Consulta, l'11 dicembre 1996.

Renato GRANATA, Presidente

Fernando SANTOSUOSSO, Redattore

Depositata in cancelleria il 24 dicembre 1996.