Ordinanza n. 393 del 1996

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ORDINANZA N.393

ANNO 1996

 

REPUBBLICA ITALIANA

IN NOME DEL POPOLO ITALIANO

LA CORTE COSTITUZIONALE

composta dai signori Giudici:

-     Dott. Renato GRANATA, Presidente

-     Prof. Giuliano VASSALLI

-     Prof. Francesco GUIZZI

-     Prof. Cesare MIRABELLI

-     Prof. Fernando SANTOSUOSSO

-     Avv. Massimo VARI

-     Dott. Cesare RUPERTO

-     Dott. Riccardo CHIEPPA

-     Prof. Gustavo ZAGREBELSKY

-     Prof. Valerio ONIDA

-     Prof. Carlo MEZZANOTTE

ha pronunciato la seguente

ORDINANZA

nel giudizio di legittimità costituzionale dell'art. 34, comma 2, del codice di procedura penale, promosso con ordinanza emessa il 20 marzo 1996 dalla Corte d'appello di Bologna - Sezione minorenni nel procedimento penale a carico di T. A., iscritta al n. 517 del registro ordinanze 1996 e pubblicata nella Gazzetta Ufficiale della Repubblica n. 24, prima serie speciale, dell'anno 1996.

Udito nella camera di consiglio del 16 ottobre 1996 il Giudice relatore Gustavo Zagrebelsky.

RITENUTO che la Corte d'appello di Bologna - Sezione minorenni ha sollevato nel corso di un giudizio penale, con ordinanza del 20 marzo 1996, questione di legittimità costituzionale dell'art. 34, comma 2, cod. proc. pen., nella parte in cui non prevede che non possa partecipare al giudizio "il magistrato che abbia comunque deciso in materia di libertà personale dell'imputato, formulando valutazioni nel merito dei fatti e delle circostanze", in riferimento agli artt. 3 e 24 della Costituzione, richiamando quale termine di raffronto analogo, al riguardo, l'ipotesi oggetto della sentenza n. 432 del 1995 di questa Corte, che ha dichiarato l'illegittimità costituzionale della norma denunciata in quanto non prevede l'incompatibilità alla funzione di giudizio in dibattimento del giudice per le indagini preliminari che abbia applicato una misura cautelare personale.

CONSIDERATO che la generica formulazione del dispositivo sull'ordinanza di rinvio che si è sopra riportata è comprensiva di due distinti profili, desumibili dalla parte motiva della stessa ordinanza;

che un primo profilo della questione concerne la partecipazione al giudizio dibattimentale di primo grado di un giudice che ha precedentemente fatto parte del collegio del tribunale del riesame o dell'appello in tema di misure cautelari personali, svolgendo in tale ultima sede valutazioni attinenti al merito della responsabilità dell'imputato; una vicenda, questa, che forma oggetto di uno specifico motivo di impugnazione della decisione di primo grado resa da un giudice ritenuto - dal rimettente giudice di appello - incompatibile;

che, sotto questo aspetto, la norma impugnata è già stata sottoposta all'esame di questa Corte, che, con la sentenza n. 131 del 1996, ha dichiarato costituzionalmente illegittimo l'art. 34, comma 2, cod. proc. pen., nella parte in cui non prevede l'incompatibilità alla funzione di giudizio, dibattimentale e abbreviato, del giudice che come componente del tribunale del riesame (art. 309 cod. proc. pen.) si sia pronunciato sull'ordinanza che dispone una misura cautelare personale nei confronti dell'indagato o dell'imputato, ovvero che come componente del tribunale dell'appello avverso l'ordinanza che provvede in ordine a una misura cautelare personale nei confronti dell'indagato o dell'imputato (art. 310 cod. proc. pen.) si sia pronunciato su aspetti non esclusivamente formali dell'ordinanza anzidetta;

che, quindi, essendo stata la disposizione oggetto di impugnativa dichiarata costituzionalmente illegittima nel senso prospettato dal giudice rimettente, la relativa questione deve essere dichiarata, per il profilo anzidetto, manifestamente inammissibile (v. anche ordinanze nn. 184, 213 e 285 del 1996), restando affidata al giudice a quo la valutazione degli effetti della causa di incompatibilità sul piano della impugnazione di invalidità della decisione di merito resa in primo grado;

che un secondo profilo della questione concerne la partecipazione allo stesso giudizio di appello, nel corso del quale è stata emanata l'ordinanza di rinvio, di due giudici che "analogamente hanno deciso in materia di libertà personale dell'imputato", effettuando valutazioni di merito;

che l'anzidetto generico riferimento ad "analoghe" funzioni valutative de libertate, che si ipotizzano tali da radicare l'incompatibilità al successivo giudizio in grado di appello sul merito della responsabilità penale dell'imputato, non consente di individuare gli esatti termini della questione così formulata;

che, infatti - dovendosi logicamente postulare che si tratti di un distinto riferimento, e dunque dovendosi escludere che esso sia ricollegato alla funzione valutativa de libertate che si esercita nell'ambito del tribunale del riesame o dell'appello sulle misure cautelari personali, ciò che risolverebbe interamente questo secondo profilo nel primo -, manca nell'ordinanza di rimessione ogni elemento idoneo all'individuazione della concreta funzione decisoria, in materia di libertà personale, che è assunta come "pregiudicante" e dunque tale da minare l'imparzialità del giudice;

che siffatta individuazione è evidentemente necessaria, sia in generale ai fini del controllo di costituzionalità sia, in particolare, alla stregua della giurisprudenza di questa Corte, che ha ripetutamente indicato, tra i presupposti dell'incompatibilità del giudice, quello della diversità delle fasi del processo nel quale viene effettuata la duplice valutazione di merito rilevante ex art. 34, comma 2, cod. proc. pen. (sentenze nn. 177, 155 e 131 del 1996; n. 448 del 1995);

che, pertanto, relativamente al secondo profilo, risultando l'ordinanza di rimessione inidonea a dare valido ingresso a un quesito di costituzionalità, per indeterminatezza nell'esposizione dei fatti e correlativamente per impossibilità di verificare la rilevanza della censura rispetto al giudizio principale (tra molte, ordinanze nn. 298 del 1996, 504 del 1993), la questione deve essere dichiarata manifestamente inammissibile.

Visti gli artt. 26, secondo comma, della legge 11 marzo 1953, n. 87, e 9, secondo comma, delle norme integrative per i giudizi davanti alla Corte costituzionale.

PER QUESTI MOTIVI

LA CORTE COSTITUZIONALE

dichiara la manifesta inammissibilità della questione di legittimità costituzionale dell'art. 34, comma 2, cod. proc. pen., sollevata, in riferimento agli artt. 3 e 24 della Costituzione, dalla Corte d'appello di Bologna - sezione minorenni, con l'ordinanza indicata in epigrafe.

Così deciso in Roma, nella sede della Corte costituzionale, Palazzo della Consulta, il 28 ottobre 1996.

Renato GRANATA, Presidente

Gustavo ZAGREBELSKY, Redattore

Depositata in cancelleria l'8 novembre 1996.