Sentenza n. 390 del 1996

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SENTENZA N.390

 

ANNO 1996

 

 

REPUBBLICA ITALIANA

 

IN NOME DEL POPOLO ITALIANO

 

LA CORTE COSTITUZIONALE

 

composta dai signori Giudici:

 

-     Dott. Renato GRANATA, Presidente

 

-     Prof. Giuliano VASSALLI

 

-     Prof. Francesco GUIZZI

 

-     Prof. Cesare MIRABELLI

 

-     Prof. Fernando SANTOSUOSSO

 

-     Avv. Massimo VARI

 

-     Dott. Cesare RUPERTO

 

-     Dott. Riccardo CHIEPPA

 

-     Prof. Gustavo ZAGREBELSKY

 

-     Prof. Valerio ONIDA

 

-     Prof. Carlo MEZZANOTTE

 

ha pronunciato la seguente

 

SENTENZA

 

nel giudizio di legittimità costituzionale dell'art. 63 della legge della Regione Friuli-Venezia Giulia 1° settembre 1982, n. 75 (Testo unico delle leggi regionali in materia di edilizia residenziale pubblica), promosso con ordinanza emessa il 29 febbraio 1996 dal Pretore di Udine - sez. distaccata di Palmanova - nel procedimento civile vertente tra Ravalico Andrea e l'Istituto autonomo case popolari (IACP) di Udine, iscritta al n. 423 del registro ordinanze 1996 e pubblicata nella Gazzetta Ufficiale della Repubblica n. 20, prima serie speciale, dell'anno 1996.

 

Visto l'atto di intervento della Regione Friuli-Venezia Giulia;

 

udito nella camera di consiglio del 16 ottobre 1996 il Giudice relatore Fernando Santosuosso.

 

Ritenuto in fatto

 

1.-- Nel corso di un giudizio promosso da Andrea Ravalico nei confronti dell'Istituto autonomo case popolari (IACP) di Udine, il Pretore di Udine - sez. distaccata di Palmanova - con ordinanza emessa in data 29 febbraio 1996, ha sollevato, in riferimento all'art. 108 della Costituzione, questione di legittimità costituzionale dell'art. 63 della legge della Regione Friuli-Venezia Giulia 1° settembre 1982, n. 75 (Testo unico delle leggi regionali in materia di edilizia residenziale pubblica), nella parte in cui prevede che avverso il provvedimento di revoca dell'assegnazione emesso dal Presidente dello IACP è ammesso il ricorso al Pretore nel cui mandamento è situato l'alloggio, secondo il procedimento di cui all'art. 11 del d.P.R. 30 dicembre 1972, n. 1035.

Osserva il rimettente che la norma impugnata stabilisce un rimedio giurisdizionale non previsto dalla legislazione statale, che consente il ricorso all'autorità giudiziaria ordinaria solo avverso altro tipo di provvedimento quale è la dichiarazione di decadenza dall'assegnazione dell'alloggio popolare.

 

Così disponendo, conclude il giudice a quo, il legislatore regionale avrebbe esorbitato dalla propria competenza, in quanto in materia di giurisdizione sussiste una riserva di legge statale come ripetutamente affermato da questa Corte.

 

2.-- Nel giudizio davanti alla Corte costituzionale è intervenuta la regione Friuli-Venezia Giulia concludendo per l'inammissibilità o per l'infondatezza della questione.

 

Ha osservato la difesa della Regione che il giudice rimettente motiva la rilevanza della questione sostenendo che la risoluzione dell'incidente di costituzionalità sarebbe necessaria al fine di "determinare la giurisdizione in capo all'autorità giudiziaria ordinaria adita"; tale argomentazione, tuttavia, non sarebbe sufficiente per sostenere la rilevanza della questione dal momento che, secondo un consolidato orientamento giurisprudenziale, spetta al giudice ordinario la competenza in ordine alle vicende ed agli atti interruttivi dell'assegnazione degli alloggi di edilizia residenziale pubblica; di conseguenza, osserva la difesa, anche a voler ritenere non conforme alla Costituzione la disposizione regionale impugnata, in ogni caso spetterebbe all'autorità giudiziaria ordinaria la decisione in ordine alla legittimità dell'emanato provvedimento di revoca.

 

Nel merito la Regione rileva che la disposizione impugnata, lungi dal prevedere un rimedio giurisdizionale non consentito dalla legislazione statale, si sarebbe limitata ad operare un rinvio ed un richiamo recettizio alle corrispondenti norme statali, senza pertanto interferire in alcun modo con la riserva di legge statale di cui all'art. 108 della Costituzione.

 

In proposito osserva la difesa che secondo la giurisprudenza di questa Corte alle Regioni non sarebbe precluso di concorrere o precisare secundum legem i presupposti di applicazione delle norme penali, sì che a maggior ragione dovrebbe ritenersi consentito la riproduzione od il richiamo, in legge regionale, ad una disposizione statale prevedente un determinato rimedio giurisdizionale.

 

Considerato in diritto

 

1.-- La questione sottoposta all'esame della Corte è se l'art. 63 della legge della Regione Friuli-Venezia Giulia 1° settembre 1982, n. 75 (Testo unico delle leggi regionali in materia di edilizia residenziale pubblica), nella parte in cui prevede che avverso il provvedimento di revoca dall'assegnazione emesso dal Presidente dello IACP è ammesso il ricorso al Pretore nel cui mandamento è situato l'alloggio, secondo il procedimento di cui all'art. 11 del d.P.R. 30 dicembre 1972, n. 1035, sia in contrasto con l'art. 108 della Costituzione, in quanto introduce un rimedio giurisdizionale avverso provvedimenti in ordine ai quali la legge statale non lo consente, così legiferando in materia giurisdizionale di esclusiva competenza dello Stato.

 

2.-- Deve preliminarmente essere esaminata l'eccezione di inammissibilità avanzata dalla difesa della Regione. Si sostiene che la questione difetterebbe di rilevanza in quanto, anche a voler ritenere non conforme ai principi costituzionali la disposizione regionale impugnata, in ogni caso sarebbe l'autorità giudiziaria ordinaria a conoscere dell'illegittimità dell'emanato provvedimento di revoca dell'assegnazione.

 

L'eccezione deve essere disattesa avendo questa Corte affermato (sentenza n. 185 del 1995) che, ai fini della sussistenza della rilevanza è sufficiente, a fronte di una motivazione non implausibile fornita, come nel caso, dal giudice a quo, che dall'eventuale declaratoria di illegittimità costituzionale della disposizione impugnata, derivi un cambiamento del quadro normativo assunto dal giudice rimettente.

 

3.-- Nel merito la questione è fondata.

 

Secondo la costante giurisprudenza costituzionale è precluso alle Regioni di dettare norme che, come quella impugnata, prevedano rimedi giurisdizionali o dispongano in ordine a poteri o facoltà dell'autorità giudiziaria, in quanto la materia processuale è riservata, ai sensi dell'art. 108 della Costituzione, alla esclusiva competenza del legislatore statale (ex plurimis, sentenze nn. 210 del 1993, 457 del 1994 e 459 del 1995).

 

La violazione del citato parametro costituzionale non può d'altra parte essere esclusa in considerazione del fatto che la norma regionale impugnata si sarebbe limitata a fare rinvio alla normativa statale contenuta nell'art. 11 del d.P.R. 30 dicembre 1972, n. 1035. Invero pur se, contrariamente all'assunto della Regione, la competenza dell'autorità giudiziaria ordinaria deve intendersi riferita, secondo il più recente indirizzo della Corte di cassazione, alla sola ipotesi della decadenza dell'assegnazione, deve comunque rilevarsi che, come ripetutamente affermato da questa Corte, (tra le molte, sentenze nn. 210 del 1993 e 459 del 1995), le Regioni non possono in alcun caso emanare leggi in materie soggette a riserva di legge statale, comportando ciò una indebita novazione della fonte.

 

Diverso, e pertanto inconferente, è il richiamo alla possibilità per il legislatore regionale di concorrere a precisare secundum legem i presupposti di applicazione delle norme penali.

 

PER QUESTI MOTIVI

 

LA CORTE COSTITUZIONALE

 

dichiara l'illegittimità costituzionale dell'art. 63 della legge della Regione Friuli-Venezia Giulia 1° settembre 1982, n. 75 (Testo unico delle leggi regionali in materia di edilizia residenziale pubblica).

 

Così deciso in Roma, nella sede della Corte Costituzionale, Palazzo della Consulta, il 28 ottobre 1996.

 

Renato GRANATA, Presidente

 

Fernando SANTOSUOSSO, Redattore

 

Depositata in cancelleria l'8 novembre 1996.