Sentenza n. 378 del 1996

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SENTENZA N. 378

ANNO 1996

 

REPUBBLICA ITALIANA

IN NOME DEL POPOLO ITALIANO

LA CORTE COSTITUZIONALE

composta dai signori Giudici:

-     Avv. Mauro FERRI, Presidente

-     Prof. Luigi MENGONI

-     Prof. Enzo CHELI

-     Dott. Renato GRANATA

-     Prof. Giuliano VASSALLI

-     Prof. Cesare MIRABELLI

-     Prof. Fernando SANTOSUOSSO

-     Avv. Massimo VARI

-     Dott. Cesare RUPERTO

-     Dott. Riccardo CHIEPPA

-     Prof. Gustavo ZAGREBELSKY

-     Prof. Valerio ONIDA

-     Prof. Carlo MEZZANOTTE

ha pronunciato la seguente

SENTENZA

nel giudizio di legittimità costituzionale degli artt.58, comma 2, e 64, comma 1, della legge 8 giugno 1990, n.142 (Ordinamento delle autonomie locali), promosso con ordinanza emessa il 3 maggio 1995 dalla Corte dei conti, sezione giurisdizionale per la Regione Puglia, nel giudizio sui conti resi dal tesoriere del Comune di Terlizzi, iscritta al n. 756 del registro ordinanze 1995 e pubblicata nella Gazzetta Ufficiale della Repubblica n.47, prima serie speciale, dell'anno 1995.

Visto l'atto di intervento del Presidente del Consiglio dei ministri;

udito nella camera di consiglio del 10 luglio 1996 il Giudice relatore Carlo Mezzanotte.

Ritenuto in fatto

1.-- Nel corso del giudizio sui conti resi dal tesoriere del comune di Terlizzi per gli esercizi 1986-1992, la Corte dei conti, sezione giurisdizionale per la Regione Puglia, con ordinanza del 3 maggio 1995, ha sollevato -- in riferimento agli artt. 3, primo comma, 97, primo e secondo comma, e 103, secondo comma, della Costituzione -- questione di legittimità costituzionale dell'art. 58, comma 2, della legge 8 giugno 1990, n. 142 (Ordinamento delle autonomie locali), nella parte in cui limita il giudizio di conto alla gestione del tesoriere, nonchè dell'art.64, comma 1, della medesima legge, nella parte in cui abroga gli artt. 310, quarto comma, del r.d.3 marzo 1934, n. 383 (Approvazione del testo unico della legge comunale e provinciale) e 226 del r.d. 12 febbraio 1911, n. 297 (Regolamento per l'esecuzione del testo unico della legge comunale e provinciale).

Il giudice remittente rileva che a causa delle disposizioni impugnate il giudizio contabile, che in forza delle norme abrogate investiva l'intero rendiconto consuntivo degli enti locali, risulterebbe ora circoscritto alla gestione di cassa e riguarderebbe, pertanto, la sola definizione dei rapporti di credito e di debito fra il tesoriere (e gli altri soggetti che abbiano maneggio di denaro) e l'ente.

Lo stesso giudice a quo riferisce di aver affermato, in altri giudizi e in via interpretativa, il perdurante obbligo per gli enti locali, seppure ai fini del solo giudizio sulla gestione di cassa, di provvedere al deposito del conto consuntivo: ritiene nondimeno di dovere sollevare questione di legittimità costituzionale delle disposizioni indicate per contrasto con gli artt. 3, 97 e 103 della Costituzione; contrasto che peraltro permarrebbe anche a seguito dell'entrata in vigore del decreto legislativo 25 febbraio 1995, n. 77 (Ordinamento finanziario e contabile degli enti locali), il quale, all'art. 67, prevede l'obbligo "per il legale rappresentante dell'ente" di depositare presso la segreteria della competente sezione giurisdizionale della Corte dei conti, ai fini del giudizio, il solo "conto del tesoriere, i suoi allegati e ogni altro atto o documento richiesto dalla Corte stessa" e non anche il conto consuntivo.

In particolare, le disposizioni censurate violerebbero l'art. 3, primo comma, Cost., poichè "il limite dell'oggetto" del giudizio di conto imposto dalla legge n. 142 del 1990 sembrerebbe incoerente ed irrazionale, specie se confrontato con gli obiettivi di integrità ed universalità del bilancio e di contenimento della spesa pubblica, fissati dal legislatore nella stessa legge ed in altre successive. Il sindacato sul consuntivo, attribuito al comitato regionale di controllo (art. 46 della legge n. 142 del 1990), non potrebbe considerarsi "sostitutivo o alternativo di quello del giudice contabile", sia perchè l'esercizio di forme di controllo amministrativo non dovrebbe condizionare l'attività giurisdizionale, sia perchè lo stesso controllo, da effettuarsi nel termine di quaranta giorni, rischierebbe di "divenire meramente eventuale".

Sarebbe poi violato l'art. 103, secondo comma, della Costituzione, il quale, nella interpretazione di questa Corte, condivisa dalla Cassazione, riserverebbe alla Corte dei conti le materie di contabilità pubblica, comprensive sia del giudizio di responsabilità che di quello di conto; quest'ultimo ritenuto dalla giurisprudenza insopprimibile momento di garanzia della correttezza della gestione degli amministratori degli enti locali. Ad avviso del giudice remittente, infatti, le disposizioni impugnate, sottraendo alla Corte dei conti il potere di diretta rilevazione dei fatti di gestione dal consuntivo, trasferirebbero alla sede amministrativa e a quella politica un potere di verifica e di iniziativa, che verrebbe a condizionare l'attività giurisdizionale della stessa Corte in materia di responsabilità.

La limitazione dell'oggetto del giudizio di conto al solo conto del tesoriere, contrasterebbe, infine, con l'art. 97, primo e secondo comma, della Costituzione, poichè pregiudicherebbe l'accertamento della effettiva situazione di bilancio degli enti locali, renderebbe difficoltoso il perseguimento delle responsabilità degli amministratori e non consentirebbe di porre rimedio all'incremento del disavanzo finanziario, che potrebbe ampliarsi fino al dissesto.

Secondo il giudice a quo, letto alla luce delle disposizioni impugnate, l'art. 67 del d.lgs. n. 77 del 1995 avrebbe carattere meramente esecutivo e confermerebbe l'avvenuta sottrazione del giudizio sul conto consuntivo alla Corte dei conti; peraltro, lo stesso art. 67 non viene indicato dal giudice remittente, nel dispositivo dell'ordinanza, tra le norme impugnate.

2.-- E' intervenuto in giudizio il Presidente del Consiglio dei ministri, rappresentato e difeso dall'Avvocatura generale dello Stato, rilevando che la questione appare priva di fondamento.

Ad avviso dell'Avvocatura, le disposizioni censurate rientrerebbero nella discrezionalità del legislatore, apparirebbero non irragionevoli e non violerebbero i parametri indicati dal giudice remittente.

Nel riordinare il funzionamento della pubblica amministrazione, il legislatore avrebbe inteso razionalizzare le regole che presiedono alla sua organizzazione (ispirandosi a criteri di efficienza ed economicità dell'azione amministrativa ed accentuando la responsabilità sia degli amministratori pubblici che del personale dipendente) ed avrebbe altresì ridisegnato il sistema dei controlli, onde evitare duplicazioni e, soprattutto, rendere questi coerenti e funzionali al perseguimento degli scopi desiderati.

In tale quadro, sarebbe del tutto conforme a Costituzione il riordino delle competenze concernenti il controllo sui risultati della gestione degli enti locali;

competenze che l'Avvocatura così riassume: a) il controllo sugli atti degli enti locali (ivi compreso il rendiconto di gestione) e' esercitato da un organo della Regione di appartenenza, come stabilito dall'art. 130 della Costituzione; b) i conti dei tesorieri e di ogni altro agente contabile che abbia maneggio di danaro pubblico o sia incaricato della gestione dei beni degli enti locali, nonchè i conti di coloro che comunque si ingeriscono negli incarichi attribuiti a detti agenti, sono soggetti alla giurisdizione della Corte dei conti. Ai fini del giudizio di conto e', per altro, previsto che il legale rappresentante dell'ente sia tenuto a depositare presso la sezione giurisdizionale della Corte dei conti non solo il conto del tesoriere, ma anche ogni altro documento che la Corte stessa dovesse richiedere; c) l'esame della gestione finanziaria e il controllo sul buon andamento delle amministrazioni locali e' attribuito alla sezione enti locali della Corte dei conti, che annualmente ne riferisce al Parlamento.

Ad avviso dell'Avvocatura, la normativa vigente, al pari di quella preesistente, non escluderebbe l'obbligo degli enti locali di trasmettere alla Corte dei conti tutta la documentazione necessaria per l'espletamento delle sue funzioni: conseguentemente, nessuna compressione dell'attività di tale organo comporterebbero le disposizioni censurate, neppure in ordine ai giudizi di responsabilità, che potrebbero essere sempre avviati nei confronti degli amministratori locali e del personale dipendente, in relazione al danno eventualmente procurato all'ente di appartenenza.

Considerato in diritto

1.-- Viene all'esame di questa Corte la questione di legittimità costituzionale, in riferimento agli artt. 3, primo comma, 97, primo e secondo comma, e 103, secondo comma, della Costituzione, degli artt. 58, comma 2, e 64, comma 1, della legge 8 giugno 1990, n. 142 (Ordinamento delle autonomie locali); il primo articolo e' censurato nella parte in cui, limitando il controllo contabile della Corte dei conti al rendiconto della gestione del tesoriere e di ogni altro agente contabile che abbia maneggio di pubblico denaro o sia incaricato della gestione di beni degli enti locali, nonchè di coloro che si ingeriscono negli incarichi attribuiti a detti agenti, escluderebbe il controllo giurisdizionale della stessa Corte sull'intero conto consuntivo della gestione dell'ente, del quale il conto del tesoriere sarebbe componente marginale e insufficiente a far emergere la eventuale responsabilità degli amministratori e dei dipendenti dell'ente stesso.

L'art. 64, comma 1, abrogando espressamente, alle lettere a) e c), gli artt. 226 del regolamento approvato con r.d.12 febbraio 1911, n. 297, e 310 del testo unico della legge comunale e provinciale, approvato con r.d. 3 marzo 1934, n. 383, sui quali si basava il controllo giurisdizionale della Corte dei conti sul rendiconto di gestione degli enti locali, confermerebbe, ad avviso del giudice a quo, la volontà del legislatore -- fatta già palese nell'anzidetto art. 58, comma 2 -- di restringere il giudizio di conto alla sola gestione di cassa, lasciando il giudice contabile privo degli strumenti di conoscenza indispensabili per un completo giudizio di legalità sulla gestione dell'ente.

Il giudice remittente, nella motivazione dell'ordinanza, trae conferme interpretative anche dall'art. 67 del d.lgs. n. 77 del 25 febbraio 1995, il quale, nel dettare il nuovo ordinamento finanziario e contabile degli enti locali, prevede l'obbligo per il legale rappresentante dell'ente di depositare presso la segreteria della sezione giurisdizionale, ai fini del giudizio, il solo conto del tesoriere e i suoi allegati, nonchè ogni altro atto o documento richiesto dalla Corte, ribadendo in tal modo il carattere circoscritto del sindacato a questa affidato.

2.-- Va in primo luogo dichiarata l'infondatezza della censura formulata in riferimento all'art. 97, primo e secondo comma, della Costituzione, sul preliminare rilievo che, secondo la giurisprudenza costante di questa Corte, la giurisdizione non trova la propria disciplina nell'art. 97, se non per gli aspetti meramente organizzativi e strumentali al suo esercizio, sicchè la questione deve essere ulteriormente esaminata soltanto alla luce degli artt. 3, primo comma, e 103, secondo comma, della Costituzione (sentenze n. 182 del 1996, n. 313 del 1995, n. 18 del 1989 e n. 86 del 1982).

La questione e' peraltro infondata anche in riferimento ai parametri che appaiono pertinenti alla materia della quale l'ordinanza tratta.

3.-- Prima di affrontare il merito della questione, conviene richiamare, per sommi capi e per quanto ha rilievo ai fini del presente giudizio, il percorso legislativo che ha recentemente segnato innovazioni profonde nella materia dell'ordinamento finanziario e contabile degli enti locali e dei relativi controlli.

Anteriormente alla sentenza di questa Corte n. 55 del 1966, il conto del tesoriere dei Comuni e delle Province veniva sottoposto al giudizio dei consigli di prefettura, previa approvazione da parte del consiglio comunale o provinciale, ai sensi dell'art. 310, quarto comma, del testo unico della legge comunale e provinciale n. 383 del 1934. L'ampia e non sempre lineare elaborazione giurisprudenziale che seguì la scomparsa dei consigli di prefettura approdò finalmente all'assunzione, da parte delle competenti sezioni del contenzioso contabile della Corte dei conti, dell'esame del conto; in conseguenza di tale assunzione si venne poi affermando e progressivamente consolidando un orientamento secondo il quale il giudizio sul rendiconto degli enti locali dovesse avere ad oggetto non soltanto la gestione del tesoriere, ma anche il conto consuntivo dell'ente locale, e riguardare, pertanto, sia i fatti di gestione della tesoreria, sia i fatti di gestione degli amministratori, nei confronti dei quali la stessa Corte avrebbe potuto far valere, attraverso una chiamata in giudizio iussu iudicis, la eventuale responsabilità patrimoniale.

La razionalità di quest'ultima soluzione aveva però già subito una prima incrinatura con la istituzione di una apposita sezione della Corte dei conti, alla quale il legislatore (art. 13 del decreto-legge 22 dicembre 1981, n. 786, come modificato dalla legge di conversione 26 febbraio 1982, n. 51, Disposizioni in materia di finanza locale), aveva affidato il compito di riscontro sulla gestione finanziaria degli enti locali nell'intero contesto della finanza pubblica. Ricevuti i conti consuntivi degli enti, già approvati dall'organo regionale di controllo, la sezione enti locali della Corte dei conti comunica alle Camere, entro il 31 luglio di ciascun anno, l'elenco dei consuntivi pervenuti, il piano di rilevazione che si propone di compiere e i criteri ai quali intende attenersi nell'esame dei conti medesimi -- essendo in ogni caso tenuta ad esaminare la gestione di tutti gli enti i cui consuntivi si chiudano in disavanzo ovvero rechino l'indicazione di debiti fuori bilancio -- e riferisce annualmente al Parlamento i risultati dell'esame compiuto sulla gestione finanziaria e sul buon andamento dell'azione amministrativa degli enti sottoposti a controllo.

4.-- Le premesse per la separazione del conto del tesoriere dal conto consuntivo dell'ente locale e per la sottoposizione di tali conti ad un regime di controlli differenziati erano già contenute in nuce in questa importante riforma. Nell'esercizio di una competenza che le era derivata dall'assunzione dei compiti attribuiti ai soppressi consigli di prefettura, la Corte dei conti, in sede di giudizio sul conto del tesoriere, si trovava non solo a valutare il consuntivo dell'ente ed eventuali responsabilità degli amministratori (art. 226 del r.d. n.297 del 1911), ma anche a dover porre in rilievo il risultato economico dell'esercizio (art. 289, ultimo comma, del testo unico della legge comunale e provinciale n. 383 del 1934). Come questa Corte ha rilevato, quest'ultima disposizione già racchiudeva in se' "l'essenza dei compiti di riscontro sulla gestione finanziaria degli enti locali, che ora più razionalmente e compiutamente, in una visione organica e complessiva dell'intero contesto della finanza pubblica, il legislatore ha affidato alla Corte dei conti, previo peraltro l'esame dei consuntivi da parte degli organi regionali di controllo" (sentenza n. 422 del 1988).

Ed e' proprio a causa di questo più compiuto inserimento del riscontro della gestione degli enti locali in una visione complessiva del contesto di finanza pubblica e della ragionevole esigenza di evitare improduttive duplicazioni dell'attività di controllo che si e' venuto attenuando, con l'istituzione della sezione enti locali, il significato del riscontro contabile in via giurisdizionale e si sono poste le premesse perchè l'ulteriore avanzamento di una linea di razionalizzazione dei controlli sulla finanza locale producesse la poi avvenuta separazione tra il controllo contabile del conto del tesoriere, da un lato, e il giudizio sulla responsabilità degli amministratori degli enti locali per fatti della loro gestione, dall'altro, essendo comunque assicurato il controllo globale della gestione dalla neoistituita sezione enti locali.

5.-- Tale separazione si e' in effetti realizzata con la legge n. 142 del 1990, che, in primo luogo, ha esteso l'ambito della giurisdizione della Corte dei conti sugli amministratori e sul personale degli enti, in precedenza limitata, per le gestioni locali, alle sole ipotesi tassativamente elencate dal testo unico della legge comunale e provinciale e devoluta per il resto, in forza dello stesso testo unico, al giudice ordinario; e, in secondo luogo, ha effettivamente circoscritto il giudizio di conto alla gestione di cassa, escludendo così che all'affermazione di responsabilità per fatti di gestione degli amministratori potesse pervenirsi attraverso un controllo diretto e generalizzato, esercitato in forma giurisdizionale, sui conti di gestione di tutti gli enti locali. Le forme processuali attraverso le quali si perveniva all'accertamento della responsabilità degli amministratori (una volta affidata alla sezione enti locali la valutazione obbligatoria della complessiva gestione delle amministrazioni in disavanzo o in condizioni di dissesto), apparivano ormai inadeguate e scarsamente produttive a causa della sostanziale episodicità dei concreti accertamenti di responsabilità a fronte dell'enorme mole di riscontri che tali accertamenti comportavano.

Non può dirsi che con la nuova disciplina il legislatore abbia contravvenuto agli insegnamenti di questa Corte secondo cui nessuna parte del conto consuntivo può essere sottratta alla giurisdizione della Corte dei conti (sentenza n. 1007 del 1988). Il principio e' stato peraltro formulato in un contesto nel quale, in assenza di un riscontro giurisdizionale dell'intera attività di gestione, lo stesso giudizio di responsabilità per fatti di gestione sarebbe risultato puramente eventuale ed aleatorio, venendo a mancare al giudice contabile adeguati strumenti di conoscenza della gestione e quindi degli illeciti che essa avrebbe potuto far emergere. Oggi si può affermare che all'esigenza imposta dagli artt. 3 e 103 della Costituzione -- che il giudice remittente assume violati a causa del venir meno del riscontro giurisdizionale della gestione -- corrispondano le leggi nn. 142 del 1990, 19 e 20 del 1994 (Disposizioni in materia di giurisdizione e controllo della Corte dei conti) e il più recente decreto legislativo n. 77 del 1995.

6.-- L'articolo 46 della legge n. 142 del 1990 sottopone a sindacato di legittimità il bilancio preventivo e il conto consuntivo da parte del comitato regionale di controllo, la cui verifica comprende non solo la legittimità degli atti di gestione, ma la loro coerenza interna e la corrispondenza dei dati contabili con quelli delle deliberazioni, nonchè con i documenti giustificativi allegati alle stesse.

Il collegio dei revisori, le cui funzioni erano state dapprima definite dall'art. 57 della stessa legge n. 142, vede puntualizzato ed ampliato il suo ruolo dal più recente decreto legislativo n. 77 del 1995. Tale decreto, all'art. 105, oltre a disciplinare in maniera ampia e dettagliata i compiti di vigilanza sulla regolarità contabile, finanziaria ed economica della gestione (precisando che essa riguarda l'acquisizione delle entrate, l'effettuazione delle spese, l'attività contrattuale, l'amministrazione dei beni, la completezza della documentazione, gli adempimenti fiscali e la tenuta della contabilità), pone a carico dei revisori l'obbligo di referto al Consiglio comunale o provinciale su gravi irregolarità di gestione "con contestuale denuncia ai competenti organi giurisdizionali ove si configurino ipotesi di responsabilità". Questa disposizione si inserisce in un contesto atto a rendere effettivo e non puramente nominale il dovere di denuncia, giacche' l'art.1, comma 3, della legge n. 20 del 1994, già stabiliva che <qualora la prescrizione del diritto al risarcimento del danno sia maturata a causa di omissione o ritardo della denuncia del fatto, rispondono del danno erariale i soggetti che hanno omesso o ritardato la denuncia>.

Con queste disposizioni il legislatore si e' posto al riparo dall'addebito che, avendo ampliato, con il comma 1 dell'art. 58, l'ambito della giurisdizione della Corte dei conti sulla responsabilità degli amministratori degli enti locali, abbia, con il comma 2 dello stesso articolo, vanificato il significato di un tale ampliamento, privando la Corte dei conti di adeguati strumenti conoscitivi, e reso più difficoltoso l'esercizio della giurisdizione per responsabilità amministrativa.

Il dovere di denuncia da parte dei revisori, positivamente sancito e che deve essere adempiuto al configurarsi di ipotesi di responsabilità, crea e istituzionalizza uno stretto collegamento tra controlli interni e giurisdizione di responsabilità e fa apparire compiuto e non irrazionale il complessivo assetto dei controlli sulla finanza locale; e ciò anche in considerazione della prevista possibilità di controlli in corso di esercizio, laddove, con l'esame generalizzato del conto consuntivo da parte della Corte dei conti, l'attività cognitiva del giudice contabile doveva necessariamente riferirsi a fatti di gestione risalenti nel tempo. Ove poi si considerino, da un lato, la regionalizzazione della giurisdizione di responsabilità avvenuta con la legge n. 19 del 1994, intesa a rendere più capillare ed efficiente l'attività del giudice contabile e, dall'altro, l'istituzione dell'ufficio del Procuratore regionale, con poteri istruttori particolarmente penetranti (art. 5 della legge n. 19 cit.), risulta ancor più evidente l'orientamento dell'intero sistema a mantenere integre, se non addirittura a sviluppare, nel contesto dei due tradizionali ambiti della giurisdizione e del controllo nei quali si svolgono le funzioni della Corte dei conti come potere dello Stato, le opportunità di sindacato giurisdizionale sull'attività degli amministratori e, insieme, la volontà del legislatore di realizzare, in forme diverse, quella indefettibilità della giurisdizione contabile sul conto consuntivo che questa Corte ha già affermato ed il cui significato deve essere inteso nel senso della ragionevole certezza che gli illeciti compiuti nella gestione non vadano esenti da responsabilità.

7.-- Le riforme introdotte in materia di controllo mostrano, in definitiva, la esattezza dell'affermazione, che spesso ha ispirato la giurisprudenza di questa Corte, secondo la quale "non e' a priori da escludersi che i procedimenti sulla materia contabile potrebbero ricevere, nel loro complesso, altra pur adeguata regolamentazione. A tanto può provvedere, peraltro, soltanto il legislatore";

a questo soltanto spetta "stabilire, infatti, nella discrezionalità delle sue scelte, se le configurazioni procedimentali attuali vadano rimosse e sostituite e con quali conseguenze sull'intero sistema" (sentenza n. 65 del 1992). La scelta di rimuovere il controllo in forma giurisdizionale sul conto consuntivo degli enti locali, bilanciata, come e', da altri strumenti di accertamento della responsabilità degli amministratori, appartiene, appunto, alla discrezionalità del legislatore e non e' finalizzata a produrre sull'intero sistema altra conseguenza se non quella di avere diverse, ma non necessariamente meno incisive, opportunità cognitive della Corte dei conti.

Con gli artt. 58, comma 2, e 64, comma 1, della legge n. 142 del 1990, il legislatore, nel contesto di un rinnovato sistema dei controlli, mostra peraltro di voler soddisfare un'altra esigenza, pure sottolineata da questa Corte: quella che nei giudizi di responsabilità amministrativa l'azione pubblica può essere intrapresa solo quando sia suffragata da elementi concreti e specifici e non deve mai fondarsi su mere ipotesi o su astratte supposizioni, ne' dirigersi, in modo del tutto generico, ad un intero settore di attività amministrativa (sentenza n. 104 del 1989). Una azione di responsabilità amministrativa scaturente da un esame generalizzato e sistematico sull'intera gestione finanziaria dell'ente locale, con un intervento iussu iudicis nell'ambito del giudizio di conto che non poteva non avere un rilevante fondamento di discrezionalità -- ritenendosi generalmente esclusa la configurabilità di un litisconsorzio necessario tra tesoriere e amministratori -- rischiava di essere infatti non del tutto rispondente ai criteri di obiettività, imparzialità e neutralità che devono contraddistinguere la funzione giurisdizionale.

8.-- Appare in conclusione non irragionevole ne' arbitrario, e non lede la posizione costituzionale della Corte dei conti, come definita dall'art. 103 della Costituzione, la circostanza che, in un nuovo disegno delle autonomie locali, teso a valorizzare anche il ruolo degli organi regionali di controllo (art. 130 della Costituzione), il legislatore abbia limitato il controllo giurisdizionale sulla legittimità della gestione al solo conto del tesoriere e degli altri soggetti indicati nell'art. 58, comma 2, della legge n. 142 del 1990, poichè ha mantenuto ferma, ampliandone anzi la sfera per effetto dell'art. 58, comma 1, della stessa legge, la giurisdizione della Corte dei conti sulla responsabilità degli amministratori e del personale degli enti locali per danno all'erario. Il complessivo disegno legislativo non risulta infatti inteso a svilire l'efficienza di tale giudizio, che, semmai, appare sotto più profili potenziato e reso ancor più adeguato ai principii costituzionali.

PER QUESTI MOTIVI

LA CORTE COSTITUZIONALE

dichiara non fondata la questione di legittimità costituzionale degli artt. 58, comma 2, e 64, comma 1, della legge 8 giugno 1990, n. 142 (Ordinamento delle autonomie locali), sollevata, in riferimento agli artt. 3, primo comma, 97, primo e secondo comma, e 103, secondo comma, della Costituzione, dalla Corte dei conti, sezione giurisdizionale per la Regione Puglia, con l'ordinanza indicata in epigrafe.

Così deciso in Roma, nella sede della Corte costituzionale, Palazzo della Consulta, il 16/10/96.

Mauro FERRI, Presidente

Carlo MEZZANOTTE, Redattore

Depositata in cancelleria il 02/11/96.