Ordinanza n. 376 del 1996

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ORDINANZA N. 376

ANNO 1996

 

REPUBBLICA ITALIANA

IN NOME DEL POPOLO ITALIANO

LA CORTE COSTITUZIONALE

composta dai signori Giudici:

-     Avv. Mauro FERRI, Presidente

-     Prof. Luigi MENGONI

-     Prof. Enzo CHELI

-     Dott. Renato GRANATA

-     Prof. Giuliano VASSALLI

-     Prof. Francesco GUIZZI

-     Prof. Cesare MIRABELLI

-     Prof. Fernando SANTOSUOSSO

-     Avv. Massimo VARI

-     Dott. Cesare RUPERTO

-     Dott. Riccardo CHIEPPA

-     Prof. Gustavo ZAGREBELSKY

-     Prof. Valerio ONIDA

-     Prof. Carlo MEZZANOTTE

ha pronunciato la seguente

ORDINANZA

nel giudizio di legittimità costituzionale dell'art. 47 del codice di procedura penale, promosso con ordinanza emessa l'1 febbraio 1996 dal Tribunale di Trieste nel procedimento penale a carico di Pahor Samo, iscritta al n.369 del registro ordinanze 1996 e pubblicata nella Gazzetta Ufficiale della Repubblica n. 19, prima serie speciale, dell'anno 1996.

Udito nella camera di consiglio del 10 luglio 1996 il Giudice relatore Francesco Guizzi.

RITENUTO che nel corso del procedimento penale a carico di Pahor Samo il Tribunale di Trieste ha sollevato, in riferimento agli artt.3, 97, primo comma, e 101, secondo comma, della Costituzione, questione di legittimità costituzionale dell'art. 47 del codice di procedura penale;

che l'imputato aveva riproposto, per <pretesi nuovi motivi>, la richiesta di rimessione ai sensi degli artt.45 e ss. dello stesso codice, già formulata numerose altre volte lungo l'arco del dibattimento e respinta o dichiarata inammissibile dalla Corte di cassazione;

che, secondo il rimettente, la Corte di cassazione ha sempre escluso ogni possibilità di sindacato da parte del giudice di merito circa l'ammissibilità dell'istanza, anche nel caso (come quello in esame) in cui vi sia una reiterazione basata su motivi <solo apparentemente nuovi>;

che, ad avviso del Collegio, l'imminenza della prescrizione e' l'effetto non tanto della carenza d'una norma che attribuisca al giudice di merito il potere delibatorio sull'ammissibilità o la fondatezza della questione, quanto del rigido divieto - ignoto al codice abrogato e stabilito, ora, nel citato art. 47 - di pronunciare sentenza <fino a che non sia intervenuta l'ordinanza che dichiara inammissibile o rigetta la richiesta>;

che in tale situazione l'art. 47 si pone in contrasto con gli artt. 3, 97 e 101 della Costituzione, poichè il giudice non sarebbe soggetto solo alla legge, ma anche alle iniziative dell'imputato, e vi sarebbe altresì intrinseca irragionevolezza della disposizione e del canone di buon andamento dell'amministrazione;

che la Corte costituzionale dovrebbe dunque dichiarare l'illegittimità costituzionale della norma censurata, consentendo al giudice - pendente la richiesta di rimessione - di pronunciare la sentenza di merito, fatto salvo il potere della Corte di cassazione di annullare la sentenza emessa in difetto temporaneo di potere giurisdizionale.

CONSIDERATO che la disposizione denunciata e' stata dichiarata costituzionalmente illegittima con la sentenza n. 353 del 1996;

che, pertanto, la questione e' manifestamente inammissibile.

Visti gli artt. 26, secondo comma, della legge 11 marzo 1953, n. 87, e 9, secondo comma, delle norme integrative per i giudizi davanti alla Corte costituzionale.

PER QUESTI MOTIVI

LA CORTE COSTITUZIONALE

dichiara la manifesta inammissibilità della questione di legittimità costituzionale dell'art. 47 del codice di procedura penale, sollevata, in riferimento agli artt. 3, 97, primo comma, e 101, secondo comma, della Costituzione, dal Tribunale di Trieste con l'ordinanza indicata in epigrafe.

Cosi' deciso in Roma, nella sede della Corte costituzionale, Palazzo della Consulta, il 17/10/96.

Mauro FERRI, Presidente

Francesco GUIZZI, Redattore

Depositata in cancelleria il 02/11/96.