Ordinanza n. 322 del 1996

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ORDINANZA N. 322

ANNO 1996

 

REPUBBLICA ITALIANA

IN NOME DEL POPOLO ITALIANO

LA CORTE COSTITUZIONALE

composta dai signori Giudici:

-     Avv. Mauro FERRI, Presidente

-     Prof. Luigi MENGONI

-     Prof. Enzo CHELI

-     Dott. Renato GRANATA

-     Prof. Giuliano VASSALLI

-     Prof. Francesco GUIZZI

-     Prof. Cesare MIRABELLI

-     Prof. Fernando SANTOSUOSSO

-     Avv. Massimo VARI

-     Dott. Cesare RUPERTO

-     Dott. Riccardo CHIEPPA

-     Prof. Gustavo ZAGREBELSKY

-     Prof. Valerio ONIDA

-     Prof. Carlo MEZZANOTTE

ha pronunciato la seguente

ORDINANZA

nei giudizi di legittimità costituzionale dell'art. 7 del decreto-legge 11 luglio 1992, n. 333 (Misure urgenti per il risanamento della finanza pubblica), convertito, con modificazioni, nella legge 8 agosto 1992, n. 359 e dell'art. 2, comma 1, del decreto-legge 23 gennaio 1993, n. 16 (Disposizioni in materia di imposte sui redditi, sui trasferimenti di immobili di civile abitazione, di termini per la definizione agevolata delle situazioni e pendenze tributarie, per la soppressione della ritenuta sugli interessi, premi ed altri frutti derivanti da depositi e conti correnti interbancari, nonché altre disposizioni tributarie), convertito, con modificazioni, nella legge 24 marzo 1993, n. 75, promossi con n. 30 ordinanze emesse il 22 marzo 1995 dalla Commissione tributaria di primo grado di Rovigo rispettivamente iscritte ai nn. 80, 81, 82, 83, 84, 85, 86, 87, 88, 89, 90, 91, 92, 93, 94, 95, 96, 97, 98, 99, 100, 101, 102, 103, 104, 105, 106, 107, 108 e 109 del registro ordinanze 1996 e pubblicate nella Gazzetta Ufficiale della Repubblica nn. 7 e 8, prima serie speciale, dell'anno 1996.

Visti gli atti di intervento del Presidente del Consiglio dei ministri;

udito nella camera di consiglio del 10 luglio 1996 il Giudice relatore Massimo Vari.

RITENUTO che, con trenta ordinanze di identico contenuto emesse in data 22 marzo 1995 (r.o. nn. 80-109 del 1996), nel corso di giudizi aventi ad oggetto il silenzio-rifiuto sull'istanza di rimborso dell'imposta straordinaria sugli immobili (ISI) per l'anno 1992, la Commissione tributaria di primo grado di Rovigo ha sollevato, in riferimento agli artt. 3, 24, 42, 47 e 53 della Costituzione, questione di legittimità costituzionale dell'art. 7 del decreto-legge 11 luglio 1992, n. 333 (Misure urgenti per il risanamento della finanza pubblica), convertito, con modificazioni, nella legge 8 agosto 1992, n. 359, nella parte in cui stabilisce che l'importo dell'ISI sia calcolato sulla base del valore degli immobili determinato secondo le tariffe d'estimo di cui al d.m. 27 settembre 1991, nonché dell'art. 2, comma 1, del decreto-legge 23 gennaio 1993, n. 16 (Disposizioni in materia di imposte sui redditi, sui trasferimenti di immobili di civile abitazione, di termini per la definizione agevolata delle situazioni e pendenze tributarie, per la soppressione della ritenuta sugli interessi, premi ed altri frutti derivanti da depositi e conti correnti interbancari, nonché altre disposizioni tributarie), convertito, con modificazioni, nella legge 24 marzo 1993, n. 75, nella parte in cui differisce alla entrata in vigore dei nuovi estimi la possibilità di recuperare quanto pagato eventualmente in eccedenza per l'ISI;

che, ad avviso del giudice rimettente, le disposizioni denunciate si pongono in contrasto con l'art. 3 della Costituzione, in quanto colpiscono "solo i possessori di beni immobili (facilmente tassabili) a differenza delle altre categorie di cittadini che possiedono patrimoni di altra natura (es. mobiliari), che ne sono andati esenti";

che l'art. 3 sarebbe ulteriormente violato, unitamente agli artt. 42 e 53 della Costituzione, in quanto è prevista, in contrasto con il principio di capacità contributiva e di progressività, una tassazione fondata su "un'ipotesi astratta di fruttuosità del valore capitale dell'immobile, determinato in base a criteri di tipo patrimoniale che la stessa norma mostra di voler abbandonare per i periodi di imposta successivi al 1994", dando luogo ad una imposizione che produce effetti ablatori, anche a causa della mancata previsione, ai fini della determinazione della base imponibile, della deduzione delle passività gravanti sull'immobile e della indetraibilità dell'ISI da parte del contribuente ai fini IRPEF o IRPEG;

che le medesime disposizioni contrasterebbero altresì con gli stessi artt. 3 e 53 della Costituzione, nonché con l'art. 24, in quanto, "differendo al periodo successivo all'entrata in vigore dei nuovi estimi la possibilità per i contribuenti di recuperare quanto eventualmente pagato in eccedenza per l'ISI e il relativo contenzioso", sottoporrebbero il contribuente ad una tassazione avulsa dalla capacità contributiva, con ripristino del principio del solve et repete, sicché questi: 1) sarà costretto ad assolvere un tributo in parte non dovuto (violazione degli artt. 3 e 53 della Costituzione); 2) realizzerà un credito e ripeterà la somma indebitamente versata, senza che la legge gli riconosca i legittimi interessi (violazione degli artt. 3 e 53 della Costituzione); 3) sarà leso nel suo legittimo diritto di tutela del suo credito, soprattutto nell'ipotesi in cui non dovrà più fare la dichiarazione dei redditi o presenterà una dichiarazione negativa (violazione degli artt. 3 e 24 della Costituzione);

che sarebbe violato, infine, l'art. 47 della Costituzione, in quanto l'imposta, essendo svincolata da qualsiasi parametro di redditività effettiva, si rivelerebbe iniqua e sproporzionata, impedendo la realizzazione delle condizioni favorevoli per l'accesso alla proprietà dell'abitazione;

che è intervenuto, per i giudizi relativi alle ordinanze di cui al r.o. nn. 80-82, 90, 95-100, il Presidente del Consiglio dei ministri, rappresentato e difeso dall'Avvocatura generale dello Stato, per chiedere che le questioni vengano dichiarate manifestamente infondate.

CONSIDERATO che i giudizi, in quanto propongono questioni identiche, vanno riuniti e congiuntamente decisi;

che, per quanto riguarda la dedotta violazione degli artt. 3, 42 e 53 della Costituzione, la Corte, con sentenza n. 21 del 1996, ha dichiarato non fondate analoghe questioni, aventi ad oggetto l'art. 7 del decreto-legge n. 333 del 1992, rispetto alle quali le ordinanze in epigrafe, nel censurare anche l'art. 2, comma 1, del decreto-legge 23 gennaio 1993, n. 16, non propongono profili o argomenti nuovi o, comunque, suscettibili di indurre a diverso avviso;

che, riguardo alle censure prospettate in riferimento agli artt. 3, 53 e 24 della Costituzione, in ragione del differimento, al periodo successivo all'entrata in vigore dei nuovi estimi, della possibilità per i contribuenti di recuperare quanto eventualmente pagato in eccedenza per l'ISI, nonché del relativo contenzioso, le questioni sono da ritenere, richiamando quanto già affermato nella sentenza n. 21 del 1996, anche riguardo alla esatta portata delle norme considerate, manifestamente infondate nella parte in cui tendono a ribadire l'inesistenza di una effettiva capacità contributiva a causa del carattere non definitivo della tassazione;

che le censure stesse sono invece da ritenere manifestamente inammissibili nella parte in cui investono la disciplina del rimborso delle somme pagate in eccedenza, segnatamente per la non prevista corresponsione di interessi, ovvero la disciplina attinente alla tutela del relativo credito -- la sola in realtà censurata anche in riferimento all'art. 24 della Costituzione -- non essendo dato cogliere la rilevanza delle questioni così proposte, in relazione all'oggetto del giudizio a quo che, secondo quanto è dato desumere dall'ordinanza, concerne la richiesta di restituzione dell'ISI, fondata sulla pretesa illegittimità della norma istitutiva;

che, infine, per quanto concerne la violazione dell'art. 47 della Costituzione occorre ribadire, conformemente alla giurisprudenza di questa Corte (sentenze nn. 73 del 1996, 143 del 1995 e 143 del 1982), che tale disposizione contiene un principio al quale il legislatore ordinario è certamente tenuto ad ispirarsi, ma che non può impedire al medesimo di emanare, in materia finanziaria, disposizioni volte a disciplinare il gettito delle entrate, con l'unico limite della vera e propria contraddizione o compromissione del principio stesso;

che, pertanto, le questioni di legittimità costituzionale devono essere dichiarate manifestamente inammissibili e infondate.

Visti gli artt. 26, secondo comma, della legge 11 marzo 1953, n. 87, e 9, secondo comma, delle norme integrative per i giudizi davanti alla Corte costituzionale.

PER QUESTI MOTIVI

LA CORTE COSTITUZIONALE

riuniti i giudizi

dichiara la manifesta inammissibilità delle questioni di legittimità costituzionale dell'art. 7 del decreto-legge 11 luglio 1992, n. 333 (Misure urgenti per il risanamento della finanza pubblica), convertito, con modificazioni, nella legge 8 agosto 1992, n. 359, e dell'art. 2, comma 1, del decreto-legge 23 gennaio 1993, n. 16 (Disposizioni in materia di imposte sui redditi, sui trasferimenti di immobili di civile abitazione, di termini per la definizione agevolata delle situazioni e pendenze tributarie, per la soppressione della ritenuta sugli interessi, premi ed altri frutti derivanti da depositi e conti correnti interbancari, nonché altre disposizioni tributarie), convertito, con modificazioni, nella legge 24 marzo 1993, n. 75, sollevate, in riferimento agli artt. 3, 24 e 53 della Costituzione, dalla Commissione tributaria di primo grado di Rovigo con le ordinanze in epigrafe;

dichiara la manifesta infondatezza delle altre questioni di legittimità costituzionale dei predetti art. 7 del decreto-legge 11 luglio 1992, n. 333 e art. 2, comma 1, del decreto-legge 23 gennaio 1993, n. 16, sollevate, in riferimento agli artt. 3, 42, 47 e 53 della Costituzione con le medesime ordinanze.

Così deciso in Roma, nella sede della Corte costituzionale, Palazzo della Consulta, il 18 luglio 1996.

Mauro FERRI, Presidente

Massimo VARI, Redattore

Depositata in cancelleria il 26 luglio 1996.