Ordinanza n. 321 del 1996

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ORDINANZA N. 321

ANNO 1996

 

REPUBBLICA ITALIANA

IN NOME DEL POPOLO ITALIANO

LA CORTE COSTITUZIONALE

composta dai signori Giudici:

-     Avv. Mauro FERRI, Presidente

-     Prof. Luigi MENGONI

-     Prof. Enzo CHELI

-     Dott. Renato GRANATA

-     Prof. Giuliano VASSALLI

-     Prof. Francesco GUIZZI

-     Prof. Cesare MIRABELLI

-     Prof. Fernando SANTOSUOSSO

-     Avv. Massimo VARI

-     Dott. Cesare RUPERTO

-     Dott. Riccardo CHIEPPA

-     Prof. Gustavo ZAGREBELSKY

-     Prof. Valerio ONIDA

-     Prof. Carlo MEZZANOTTE

ha pronunciato la seguente

ORDINANZA

nel giudizio di legittimità costituzionale dell'art. 36 del d.P.R. 4 febbraio 1988, n. 42 (Disposizioni correttive e di coordinamento sistematico-formale, di attuazione e transitorie relative al testo unico delle imposte sui redditi, approvato con decreto del Presidente della Repubblica 22 dicembre 1986, n. 917), promosso con ordinanza emessa il 21 marzo 1995 dalla Commissione tributaria di primo grado di Trieste sui ricorsi riuniti proposti dalla Cassa di risparmio di Trieste contro la Direzione regionale delle entrate per la Regione Fiuli-Venezia Giulia, iscritta al n. 745 del registro ordinanze 1995 e pubblicata nella Gazzetta Ufficiale della Repubblica n. 46, prima serie speciale, dell'anno 1995.

Visto l'atto di intervento del Presidente del Consiglio dei ministri;

udito nella camera di consiglio del 10 luglio 1996 il Giudice relatore Massimo Vari.

RITENUTO che nel corso di un giudizio promosso dalla Cassa di risparmio di Trieste avverso il silenzio-rifiuto dell'Amministrazione finanziaria formatosi in ordine ad istanze di rimborso dell'imposta sul reddito delle persone giuridiche per l'anno 1982 e dell'ILOR ed addizionale relativa allo stesso anno, la Commissione tributaria di primo grado di Trieste, con ordinanza emessa il 21 marzo 1995, ha sollevato, in riferimento all'art. 3 della Costituzione, questione di legittimità costituzionale dell'art. 36 del d.P.R. 4 febbraio 1988, n. 42 (Disposizioni correttive e di coordinamento sistematico-formale, di attuazione e transitorie relative al testo unico delle imposte sui redditi, approvato con decreto del Presidente della Repubblica 22 dicembre 1986, n. 917), in quanto non limita l'efficacia retroattiva delle disposizioni del citato testo unico a quelle più favorevoli al contribuente;

che il giudizio di merito dinanzi al giudice a quo ha ad oggetto la richiesta di rimborso dei tributi assolti dalla ricorrente su componenti positive di reddito dalla stessa incluse -- a suo dire erroneamente -- nella dichiarazione presentata per l'esercizio 1982 e costituite dall'ammontare degli interessi, maturati sui crediti d'imposta relativi ad anni precedenti, contabilizzati nell'anno 1982;

che il giudice a quo sostiene che, per effetto della disposizione impugnata (alla stregua dell'interpretazione data dalla Cassazione con sentenza n. 7091 del 1990), è da ritenere applicabile alla fattispecie de qua la disciplina introdotta con il nuovo testo unico delle imposte sui redditi n. 917 del 1986, che, all'art. 56, comma 3, include nel reddito d'impresa ogni tipo di interesse anche se di natura meramente compensativa;

che il giudice stesso dubita della legittimità costituzionale dell'art. 36 citato, in quanto, non prevedendo "l'applicazione retroattiva delle sole disposizioni più favorevoli al contribuente", verrebbe a violare "il principio di uguaglianza di tutti i cittadini dinanzi alla legge, sancito dall'art. 3 della Costituzione";

che, in particolare, "per effetto della applicazione retroattiva in malam partem delle disposizioni del testo unico n. 917 del 1986, disposta dall'art. 36 del d.P.R. n. 42 del 1988, gli interessi compensativi (quali quelli derivanti da crediti d'imposta) costituirebbero manifestazione di capacità contributiva perché (anche se per errore) esposti nella dichiarazione dei redditi del 1982; essi invece non costituirebbero manifestazione di capacità contributiva per chi non li avesse esposti nelle predette dichiarazioni", dal che emergerebbe in modo evidente "la disparità di trattamento rispetto a situazioni sostanzialmente eguali";

che tale disparità di trattamento emergerebbe anche dalla circostanza che "la possibilità del contribuente di ottenere rimborsi non sarebbe ancorata a criteri obiettivi, ma dipenderebbe dalla maggiore o minore sollecitudine con la quale l'Amministrazione si pronunciasse sulle istanze di rimborso";

che, infine, il rimettente, pur non ignorando la declaratoria di infondatezza della questione di legittimità costituzionale di cui trattasi contenuta nella sentenza n. 38 del 1994 di questa Corte, non ritiene "convincenti" gli argomenti di detta sentenza, sollecitando perciò un ulteriore approfondimento della questione;

che è intervenuto il Presidente del Consiglio dei ministri, rappresentato e difeso dall'Avvocatura generale dello Stato, chiedendo che la questione sia dichiarata infondata, risultando già decisa con la sentenza n. 38 del 1994.

CONSIDERATO che questa Corte, con sentenza n. 38 del 1994, richiamata peraltro dallo stesso giudice rimettente, ha dichiarato non fondata analoga questione di legittimità costituzionale dell'art. 36 del d.P.R. n. 42 del 1988, segnatamente sotto i profili della violazione del principio della capacità contributiva e della disparità di trattamento tra situazioni oggettivamente identiche;

che, per quanto attiene alla lamentata mancanza di criteri obiettivi per i rimborsi, l'ordinanza, nella genericità della prospettazione, non consente di cogliere gli esatti termini della proposta censura, la quale, comunque, nei limiti in cui possa ritenersi riferita alla disposizione qui in esame, si risolve nella denuncia di una mera disparità di fatto, tale da non concretare un vizio di legittimità costituzionale;

che, in definitiva, con l'ordinanza in epigrafe, non risultano prospettati profili o argomenti nuovi rispetto a quelli già esaminati, o, comunque, tali da indurre a diverso avviso;

che il meccanismo del giudizio incidentale si palesa qui attivato per esercitare piuttosto un sindacato in ordine al merito di una precedente decisione della Corte;

che, pertanto, la questione deve essere dichiarata manifestamente infondata.

Visti gli artt. 26, secondo comma, della legge 11 marzo 1953, n. 87 e 9, secondo comma, delle norme integrative per i giudizi davanti alla Corte costituzionale.

PER QUESTI MOTIVI

LA CORTE COSTITUZIONALE

dichiara la manifesta infondatezza della questione di legittimità costituzionale dell'art. 36 del d.P.R. 4 febbraio 1988, n. 42 (Disposizioni correttive e di coordinamento sistematico-formale, di attuazione e transitorie relative al testo unico delle imposte sui redditi, approvato con decreto del Presidente della Repubblica 22 dicembre 1986, n. 917), sollevata, in riferimento all'art. 3 della Costituzione, dalla Commissione tributaria di primo grado di Trieste con l'ordinanza in epigrafe.

Così deciso in Roma, nella sede della Corte costituzionale, Palazzo della Consulta, il 18 luglio 1996.

Mauro FERRI, Presidente

Massimo VARI, Redattore

Depositata in cancelleria il 26 luglio 1996.