Sentenza n. 304 del 1996

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SENTENZA N. 304

ANNO 1996

 

REPUBBLICA ITALIANA

IN NOME DEL POPOLO ITALIANO

LA CORTE COSTITUZIONALE

composta dai signori Giudici:

-     Avv. Mauro FERRI, Presidente

-     Prof. Luigi MENGONI

-     Dott. Renato GRANATA

-     Prof. Giuliano VASSALLI

-     Prof. Francesco GUIZZI

-     Prof. Cesare MIRABELLI

-     Prof. Fernando SANTOSUOSSO

-     Avv. Massimo VARI

-     Dott. Cesare RUPERTO

-     Dott. Riccardo CHIEPPA

-     Prof. Gustavo ZAGREBELSKY

-     Prof. Valerio ONIDA

-     Prof. Carlo MEZZANOTTE

ha pronunciato la seguente

SENTENZA

nel giudizio di legittimità costituzionale dell'art. 5 della legge 25 marzo 1993, n. 81 (Elezione diretta del sindaco, del presidente della provincia, del consiglio comunale e del consiglio provinciale) promosso con ordinanza emessa il 3 ottobre 1995 dal Tribunale amministrativo regionale per il Molise sul ricorso proposto da Ciccaglione Giuseppe ed altri contro il Comune di Riccia ed altri, iscritta al n. 67 del registro ordinanze 1996 e pubblicata nella Gazzetta Ufficiale della Repubblica n. 7, prima serie speciale, dell'anno 1996.

Visto l'atto di costituzione di Ciccaglione Giuseppe ed altri;

udito nell'udienza pubblica del 25 giugno 1996 il Giudice relatore Renato Granata;

udito l'avv.to Sergio Panunzio per Ciccaglione Giuseppe ed altri.

Ritenuto in fatto

1. -- Con ordinanza del 3 ottobre 1995 il Tribunale amministrativo regionale del Molise ha sollevato questione incidentale di legittimità costituzionale dell'art. 5 della legge 25 marzo 1993, n.81 (Elezione diretta del sindaco, del presidente della provincia, del consiglio comunale e del consiglio provinciale), in riferimento agli artt. 3, 51 e 97 della Costituzione, nella parte in cui non prevede che il sopravvenire della morte o dell'impedimento permanente del candidato alla carica di sindaco comporti il rinvio delle elezioni ed il rinnovo della presentazione delle candidature.

Premette il Tribunale amministrativo regionale rimettente che alcuni cittadini elettori, nella qualità anche di candidati consiglieri comunali e di presentatori della lista n. 3 nelle elezioni del 23 aprile 1995 per l'elezione del sindaco e il rinnovo del consiglio comunale di Riccia, Comune con popolazione inferiore ai quindicimila abitanti, avevano impugnato gli atti del procedimento elettorale per l'elezione del sindaco e del consiglio comunale, lamentando la mancata sospensione del procedimento stesso da parte del Ministero degli interni e della Prefettura di Campobasso, in ragione del decesso, in data 21 aprile 1995, del candidato sindaco cui era collegata la suddetta lista n. 3.

La disposizione applicabile nella specie (art. 5 cit.) -- prosegue il Tribunale amministrativo regionale rimettente -- non contempla l'ipotesi di un differimento della competizione elettorale quando sopravvenga, alla presentazione delle candidature, l'impedimento permanente o il decesso del candidato sindaco. D'altra parte l'unico riferimento normativo (contenuto nell'art. 6, comma 6, della legge n. 81 del 1993) all'evenienza del decesso, o dell'impedimento permanente, del candidato sindaco nell'imminenza delle consultazioni elettorali disciplina una fattispecie diversa e particolare, e cioè quella in cui l'evento si verifichi, nelle elezioni relative ai Comuni con popolazione superiore a quindicimila abitanti, quando sia già esaurito il primo turno e prima dello svolgimento del turno di ballottaggio. Tuttavia la mancata previsione della sospensione della consultazione elettorale (e quindi l'irrilevanza dell'evento del decesso del candidato sindaco prima della data fissata per le operazioni di voto) ha l'effetto non solo di privare il corpo elettorale di una delle possibilità di scelta in ordine all'organo più rappresentativo dell'istituzione comunale, ma produce anche, come ulteriore conseguenza, l'alterazione dei rapporti tra le liste collegate ai vari candidati alla carica di sindaco, le quali, in base alla legge, vengono votate solo mediante il voto attribuito al candidato sindaco. Infatti il proseguimento del procedimento elettorale dopo il decesso del candidato sindaco comporta, in un sistema elettorale che è tutto imperniato sulla figura di tale candidato, una compressione del diritto di elettorato attivo, in quanto gli elettori vengono privati di una delle possibilità di scelta non solo nella elezione del sindaco, ma altresì nella competizione tra le liste dei candidati consiglieri stante il grave pregiudizio sopportato dalla lista collegata al candidato non più idoneo, in maniera definitiva, all'assunzione della carica.

Inoltre -- prosegue il Tribunale amministrativo regionale rimettente -- il venir meno, per fatto imprevedibile, di uno dei candidati, compromette (con sacrificio del principio di eguaglianza) anche il diritto di elettorato passivo dei consiglieri appartenenti alla lista collegata, i quali subiscono senza colpa un pregiudizio ravvisabile nella perdita di efficacia della loro candidatura per il venir meno dell'elemento trainante del consenso. Infine si avrebbe che, ove il candidato sindaco deceduto risultasse comunque vincitore delle elezioni, queste dovrebbero essere necessariamente e immediatamente ripetute, verificandosi l'ipotesi di cui all'art. 37-bis della legge n.142 del 1990, che prevede lo scioglimento del consiglio comunale quando muoia il sindaco già eletto. Ma lo svolgimento necessario di un procedimento elettorale, che abbia la concreta prospettiva di un esito inutile, viola il principio di buon andamento della pubblica amministrazione.

2. -- Si sono costituiti Ciccaglione Giuseppe, quale cittadino elettore del Comune di Riccia, Maglieri Francesco (quale candidato alla carica di consigliere primo dei non eletti nella lista n. 3 [Per Riccia -- Albero con Riccio]), Giuseppe Fanelli e Carmine Viscusi (quali sottoscrittori e presentatori della predetta lista n. 3) chiedendo, anche con una successiva memoria, che sia dichiarata l'illegittimità costituzionale della disposizione censurata.

Osserva in particolare la difesa delle parti costituite che nel nuovo sistema elettorale le relative operazioni si incentrano sulla figura del candidato alla carica di sindaco, tanto che non può essere ammessa alla competizione elettorale una lista di candidati alla carica di consigliere che non abbia indicato e presentato il nome del candidato alla carica di sindaco, alla cui persona la (lista) stessa deve essere collegata. Inoltre si ha che ciascun elettore ha diritto di votare innanzi tutto il candidato alla carica di sindaco collegato ad una determinata lista, essendo il voto di preferenza espresso per un candidato alla carica di consigliere una mera facoltà; ciascuna lista di candidati alla carica di consigliere consegue tanti voti quanti sono i voti espressi in favore del candidato alla carica di sindaco cui è collegata; l'elezione del sindaco comporta l'attribuzione alla lista collegata dei due terzi dei seggi assegnati al consiglio. C'è quindi uno stretto collegamento con la persona del candidato sindaco, collegamento che comporta che il decesso di quest'ultimo deve implicare il rinvio dello svolgimento delle elezioni, pena l'alterazione della competizione elettorale; risulterebbe altrimenti danneggiata la lista collegata al candidato sindaco deceduto e non si consentirebbe ai cittadini che hanno sottoscritto e presentato tale lista di competere in posizione di effettiva parità con le altre liste.

Considerato in diritto

1. -- E' stata sollevata questione incidentale di legittimità costituzionale -- in riferimento agli artt. 3, 51 e 97 della Costituzione, ma in realtà anche all'art. 48 della Costituzione (parametro questo non espressamente indicato, ma non di meno sostanzialmente evocato dal Tribunale amministrativo regionale rimettente) -- dell'art. 5 della legge 25 marzo 1993, n. 81 (Elezione diretta del sindaco, del presidente della provincia, del consiglio comunale e del consiglio provinciale), nella parte in cui, disciplinando le modalità di elezione del sindaco e del consiglio comunale nei Comuni con popolazione fino a quindicimila abitanti, non prevede che il sopravvenire della morte o dell'impedimento permanente del candidato alla carica di sindaco comporti il rinvio delle elezioni ed il rinnovo della presentazione delle candidature, per sospetta violazione: a) del diritto di elettorato attivo (in quanto gli elettori vengono privati di una delle possibilità di scelta non solo nell'elezione del sindaco, ma altresì nella competizione tra le liste dei candidati alla carica di consigliere); b) del principio di ragionevolezza (perché la mancata sospensione delle operazioni elettorali è incoerente sia con il nuovo sistema di elezione diretta del sindaco, sia in particolare con il previsto scioglimento del consiglio comunale in caso di decesso del sindaco già eletto); c) del diritto di elettorato passivo e parimenti del principio di eguaglianza (perché i candidati consiglieri comunali, appartenenti alla lista collegata al candidato sindaco deceduto, subiscono senza colpa un pregiudizio consistente nella perdita di efficacia della loro candidatura, pregiudizio che li svantaggia rispetto agli altri candidati); d) del principio di buon andamento dell'amministrazione pubblica (perché, se il candidato sindaco deceduto dovesse riuscire comunque vincitore, le elezioni sarebbero "inutili" in quanto destinate ad essere ripetute verificandosi l'ipotesi di scioglimento automatico di cui all'art. 37-bis della legge n. 142 del 1990).

2. -- La questione è fondata.

2.1. -- Giova premettere che -- come esattamente ha rilevato il Tribunale amministrativo regionale rimettente - il decesso del candidato sindaco, al pari del suo impedimento permanente, trova una regolamentazione positiva nella nuova disciplina elettorale soltanto con riguardo al caso dell'elezione diretta del sindaco (e - può aggiungersi - del presidente della provincia) nei Comuni con popolazione superiore a 15.000 abitanti e limitatamente all'ipotesi in cui debba procedersi al ballottaggio. Stabiliscono infatti, in perfetta simmetria, il comma 6 dell'art. 6 e il comma 8 dell'art. 8 che, in caso di impedimento permanente o decesso di uno dei candidati ammessi al ballottaggio, partecipa alla votazione nel secondo turno il candidato che segue nella graduatoria e che le operazioni di voto subiscono il rinvio alla prima domenica successiva al decimo giorno dal verificarsi dell'evento. In tal modo il legislatore ha operato un bilanciamento tra l'interesse pubblico alla prosecuzione delle operazioni elettorali e l'interesse dei candidati consiglieri e dei possibili elettori della lista collegata al candidato sindaco premorto; disciplina che in questa sede non viene in rilievo se non nella misura in cui evidenzia che analogo bilanciamento non è stato operato affatto dal medesimo legislatore per l'ipotesi delle elezioni nei Comuni con popolazione fino a 15.000 abitanti, neppure nel caso (residuale) di ballottaggio resosi necessario per aver ottenuto lo stesso numero di voti i due candidati sindaci più votati (art. 5, comma 5).

Né alla mancata espressa previsione della premorienza del candidato sindaco in tali Comuni minori - che costituisce l'unica fattispecie sulla quale la Corte deve pronunciarsi malgrado la più ampia prospettazione conclusiva del giudice remittente, attesa la estraneità al giudizio a quo, e quindi la irrilevanza, della parallela ipotesi dell'impedimento permanente del candidato stesso - può supplire l'art. 18 del d.P.R. 16 maggio 1960, n.570 che, con riferimento alle elezioni comunali, prescrive che, qualora per sopravvenute "cause di forza maggiore" non possa farsi luogo alle elezioni per la data fissata dal decreto di convocazione dei comizi, il prefetto possa disporre il "rinvio" con proprio decreto, ferma la validità delle operazioni già compiute, atteso che la disposizione - pur utilmente richiamabile ad altro fine (v. infra n. 3) - si riferisce ad impedimenti che afferiscono al procedimento elettorale e non già alla persona dei candidati.

2.2. -- Si ha quindi che -- nulla prevedendosi espressamente -- il procedimento elettorale non può che proseguire (come in effetti è stato nella specie); d'altra parte la sopravvenuta inesistenza in vita del candidato sindaco, rende inesistente (Cass. Sezioni Unite 15 dicembre 1986 n. 7506) la sua eventuale elezione. Pertanto una lista di candidati consiglieri si trova ad esser privata del candidato sindaco ad essa collegato, escluso, perché premorto, dalla competizione elettorale, che prosegue tra gli altri candidati alla carica di sindaco, dei quali il più votato risulterà eletto.

Occorre dunque verificare, con riferimento esclusivo alla disciplina elettorale relativa ai Comuni fino a 15.000 abitanti di cui il giudice a quo deve fare applicazione, se in questa fattispecie particolare l'esclusione dalla competizione per la elezione a sindaco di uno dei candidati perché premorto alle votazioni, con le conseguenti ricadute sulla partecipazione della lista dei candidati alla elezione dei consiglieri a lui collegata, rappresenti un mero inconveniente di fatto ovvero costituisca una illegittima compressione del diritto di elettorato attivo e passivo (artt. 48 e 51 della Costituzione) ed una possibile causa di irragionevolezza e di disparità di trattamento (art. 3 della Costituzione) perché non adeguatamente giustificata dalla tutela di altri valori costituzionali.

2.3. -- A tal fine occorre considerare il peculiare meccanismo disegnato dal censurato art. 5, fondamentalmente connotato dalla automatica e rigida corrispondenza tra i voti riportati dal candidato sindaco e quelli attribuiti alla lista dei candidati consiglieri a lui collegata.

Secondo tale meccanismo di voto obbligatoriamente unico - e non facoltativamente disgiunto come per i Comuni superiori a 15.000 abitanti (artt. 6 e 7 della legge n. 81 del 1993) - vigente nei Comuni fino a 15.000 abitanti si ha che in questi, per mera trasposizione automatica del dato numerico, "a ciascuna lista di candidati alla carica di consigliere si intendono attribuiti tanti voti quanti sono i voti conseguiti dal candidato alla carica di sindaco ad essa collegato" (art. 5, comma 6, legge citata).

Alla stregua di tale contesto normativo, nel caso di premorienza del candidato alla carica di sindaco si pone l'interrogativo se i voti espressi sul nome di costui si debbano intendere, nonostante la sua premorienza, egualmente attribuiti alla lista a lui collegata, come ritiene il giudice remittente oppure, al contrario, se tali voti si debbano ritenere inutiliter dati, e quindi non computabili, anche nei riguardi della lista, come sostengono le parti private costituite.

Peraltro, qualunque delle due soluzioni venga prescelta, non può non constatarsi che la fisiologia del sistema disegnato dal legislatore viene in ogni caso a subire una profonda e non tollerabile alterazione, tale da condurre ad uno scrutinio negativo circa la corrispondenza a Costituzione della norma censurata.

Infatti, se la risposta al quesito è la seconda, la violazione del diritto di elettorato passivo e di elettorato attivo, nonché del principio di eguaglianza e di quello di ragionevolezza, si presenta con macroscopica evidenza, venendo ad essere in radice esclusa, per i candidati consiglieri e per i loro aspiranti elettori, qualsiasi possibilità di partecipare utilmente alla competizione per l'elezione non solo del sindaco ma anche dei consiglieri.

In realtà, però, è la prima soluzione che sembra da preferirsi, non solo in forza del principio che vuole fatta salva, nella misura maggiore possibile, la volontà espressa dal corpo elettorale, ma anche in considerazione della formulazione letterale dell'art. 5, comma 6, citato, che, come si è già sottolineato, esprime il concetto di una mera trasposizione automatica del dato numerico dal candidato sindaco alla lista, un mero computo per relationem dei voti attribuiti a questa in ragione dei voti espressi in favore di quello, del tutto a prescindere dalla eleggibilità o meno di quest'ultimo.

E tuttavia anche alla stregua di tale diversa soluzione la conclusione sopra espressa non cambia, dovendosi constatare la non conformità alla Costituzione delle ricadute che ne conseguono in ordine ad uno dei punti fondamentali del sistema, concernente il meccanismo di attribuzione del premio di maggioranza previsto per la categoria di Comuni in questione.

Secondo l'art. 5, comma 7, della legge citata "alla lista collegata al candidato alla carica di sindaco che ha riportato il maggior numero di voti sono attribuiti due terzi dei seggi assegnati al consiglio".

Orbene, se la disposizione - facendosi leva sul dato letterale: "candidato ... che ha riportato il maggior numero di voti" - viene intesa nel senso che i due terzi dei seggi sono attribuiti, comunque, alla lista del candidato sindaco più votato pur se premorto, si ha l'effetto di rendere possibile una maggioranza consiliare che non ha il "suo" sindaco, posto che la elezione a sindaco è conseguita dal candidato sindaco superstite più votato, con un radicale stravolgimento del sistema che vuole nei Comuni fino a 15.000 abitanti - a differenza dai Comuni maggiori - una rigida e vincolata consonanza fra sindaco e maggioranza consiliare.

Ma proprio questa connotazione essenziale del sistema relativo ai Comuni fino a 15.000 abitanti - cioè la consonanza obbligata fra sindaco e maggioranza consiliare - suggerisce di optare per la interpretazione che attribuisce il premio di maggioranza al candidato che effettivamente consegue la elezione a sindaco, anche quando i voti espressi sul suo nome, e attribuiti di riflesso alla lista dei candidati consiglieri a lui collegata, siano in numero inferiore a quelli eventualmente espressi sul nome del candidato sindaco premorto e tuttavia egualmente computabili in favore della lista a lui collegata. Anche perché la tesi della attribuzione del premio di maggioranza alla lista del candidato eletto comunque sindaco trova conferma nella disciplina prevista per i Comuni con più di 15.000 abitanti, nei quali il legislatore consente, sì, la possibilità di una maggioranza consiliare opposta al sindaco, ma non giunge fino al punto di attribuire addirittura un premio di maggioranza contro il sindaco eletto, limitandosi invece a penalizzare il sindaco, che si sia collegato ad una lista poco votata (perché c'è un'altra lista che ha ottenuto la maggioranza assoluta dei voti al primo turno), proprio (e solo) negando la attribuzione di alcun premio di maggioranza e non già attribuendo un premio di maggioranza alla lista contrapposta (v. sentenza n. 107 del 1996, paragrafi 2.2 e 2.4). Sicché a maggior ragione nei Comuni con popolazione fino a 15.000 abitanti - per i quali il legislatore ha invece voluto in ogni caso garantire al sindaco eletto la maggioranza in consiglio - deve escludersi che il premio di maggioranza possa essere attribuito alla lista collegata ad un candidato sindaco diverso da quello risultato eletto.

E, tuttavia, neppure questa interpretazione della regola relativa alla attribuzione, nella evenienza in esame, del premio di maggioranza consente di giudicare costituzionalmente legittima la norma censurata. Tale lettura, infatti, conduce a constatare che la lista collegata al sindaco premorto non solo rimane di fatto esclusa dalla consultazione per la elezione del sindaco in ragione della automatica ineleggibilità del proprio candidato a tale carica perché premorto; ma rende evidente che, anche e soprattutto, detta lista rimane esclusa a priori dalla possibilità sia di conseguire il premio di maggioranza (dovendosi questo attribuire in ogni caso alla diversa lista collegata con quello, tra i candidati a sindaco superstiti, che abbia riportato il maggior numero di voti e che per ciò venga eletto), sia anche di ottenere la semplice maggioranza dei seggi in consiglio (posto che i due terzi dei seggi, come si è detto, spettano all'altra lista collegata con il sindaco eletto). E ciò - si noti - anche quando il candidato sindaco superstite riesca eletto avendo conseguito - e con lui la lista ad esso collegata - un consenso minimo tra gli elettori, a fronte - in ipotesi - anche di una plebiscitaria convergenza del corpo elettorale in favore del candidato sindaco deceduto e, di riflesso, della lista a questo collegata.

2.4. -- L'effetto complessivo del meccanismo - affatto peculiare per i Comuni fino a 15.000 abitanti - del voto unico congiunto, con automatica attribuzione del premio di maggioranza, comporta dunque che la lista, privata del candidato sindaco perché deceduto, si trova a non poter conseguire mai la maggioranza nel consiglio comunale anche nel caso di raccolta di un consenso ampiamente maggioritario, non potendo essa anche in tal caso esprimere il (candidato) sindaco eletto. La preclusione ex ante della possibilità di ottenere la maggioranza nel consiglio comunale, quale conseguenza di un evento casuale, imprevedibile e non imputabile (come il decesso del candidato sindaco), comporta un'irragionevole alterazione del risultato elettorale, alterazione che potrebbe risultare macroscopica nel caso dell'elezione del sindaco con una percentuale di voti ampiamente inferiore a quella raccoltasi sul nome del diverso candidato sindaco premorto e, di riflesso, attribuita alla lista (contrapposta) a questo collegata. Emerge quindi una compressione clamorosa del diritto di elettorato passivo (dei candidati consiglieri) e del diritto di elettorato attivo (degli elettori), essendo la competizione elettorale per gli uni e gli altri limitata alla sola possibilità di conseguire, o di far conseguire, una partecipazione di minoranza in consiglio, con violazione anche del principio di eguaglianza (per l'irragionevole deteriore trattamento dei candidati consiglieri, già penalizzati di fatto dal venir meno dell'effetto di trascinamento del consenso che può raccogliere il candidato sindaco) nonché del principio della parità del voto (per la aprioristica limitazione, sofferta dagli elettori, del risultato conseguibile). A fronte di ciò sta, sì, l'interesse pubblico, certamente anch'esso di rilievo costituzionale, alla prosecuzione del procedimento elettorale già iniziato, ma questo interesse - proprio perché l'impedimento è insorto prima dell'inizio delle votazioni - ha una assai ridotta consistenza in quanto circoscritta alle sole operazioni preliminari non essendo stato ancora espresso alcun voto, a differenza dalla parallela, ma diversa, ipotesi di decesso, prima del secondo turno di votazione, di uno dei candidati ammessi al ballottaggio nei Comuni superiori a 15.000 abitanti. Non rispetta, quindi, i parametri costituzionali indicati - in considerazione della natura locale della consultazione - il fatto che nel bilanciamento tra tali valori non sia data prevalenza alla esigenza di assicurare il pieno esercizio dell'elettorato attivo e passivo in coerenza con il particolare meccanismo elettorale introdotto per i Comuni minori.

La omessa considerazione da parte del legislatore delle conseguenze di un eventuale decesso del candidato sindaco - intervenuto dopo la presentazione delle candidature e prima del giorno fissato per le elezioni - sul corso del procedimento elettorale ridonda, dunque, in vizio di incostituzionalità della disposizione censurata per violazione degli artt. 3, 48 e 51 della Costituzione.

2.5. -- Rimane assorbita la censura relativa all'art. 97 della Costituzione.

3. -- Va quindi dichiarata l'incostituzionalità dell'art. 5 nella parte in cui non prevede, in caso di decesso del candidato sindaco intervenuto nel suddetto intervallo di tempo, il rinvio delle elezioni (ex art. 18 del d.P.R. n. 570 del 1960, richiamabile quanto all'individuazione dell'organo competente ed al tipo di provvedimento che ordina l'arresto delle operazioni elettorali) ed altresì (come richiede il Tribunale amministrativo regionale rimettente) il rinnovo della presentazione delle candidature. Infatti il solo "rinvio" del procedimento elettorale sarebbe di per sé insufficiente perché, a differenza dalla causa di forza maggiore dell'art. 18 del d.P.R. n. 570 del 1960 citato, l'impedimento in questione non è (ovviamente) emendabile con il semplice decorso del tempo. Occorre anche la possibilità per la lista privata del candidato sindaco di ripresentare una nuova candidatura a tale carica; ma allora, per la parità di trattamento tra le liste, occorre consentire anche alle altre liste di ripresentare (eventualmente confermandoli) i propri candidati a sindaco. Lo stretto e indissolubile legame, poi, sancito dal sistema elettorale tra candidato sindaco e candidati al consiglio comunale, nelle elezioni nei Comuni con popolazione fino a 15.000 abitanti, rende inevitabile consentire la possibilità di procedere al rinnovo integrale di tutte le liste, con conseguente azzeramento del procedimento elettorale, fino ad allora svoltosi, e la sua integrale ripetizione secondo le regole e le procedure già esistenti.

PER QUESTI MOTIVI

LA CORTE COSTITUZIONALE

dichiara l'illegittimità costituzionale dell'art. 5 della legge 25 marzo 1993, n. 81 (Elezione diretta del sindaco, del presidente della provincia, del consiglio comunale e del consiglio provinciale), nella parte in cui non prevede il rinvio delle elezioni ed il rinnovo della presentazione delle candidature a sindaco ed a consigliere comunale, in caso di decesso, intervenuto dopo la presentazione delle candidature e prima del giorno fissato per le elezioni, di un candidato alla carica di sindaco nei Comuni con popolazione fino a quindicimila abitanti.

Così deciso in Roma, nella sede della Corte costituzionale, Palazzo della Consulta, il 18 luglio 1996.

Mauro FERRI, Presidente

Renato GRANATA, Redattore

Depositata in cancelleria il 24 luglio 1996.