Ordinanza n. 266 del 1996

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ORDINANZA N. 266

ANNO 1996

 

REPUBBLICA ITALIANA

IN NOME DEL POPOLO ITALIANO

LA CORTE COSTITUZIONALE

composta dai signori Giudici:

-     Avv. Mauro FERRI, Presidente

-     Prof. Enzo CHELI

-     Dott. Renato GRANATA

-     Prof. Giuliano VASSALLI

-     Prof. Cesare MIRABELLI

-     Prof. Fernando SANTOSUOSSO

-     Avv. Massimo VARI

-     Dott. Cesare RUPERTO

-     Dott. Riccardo CHIEPPA

-     Prof. Gustavo ZAGREBELSKY

-     Prof. Valerio ONIDA

-     Prof. Carlo MEZZANOTTE

ha pronunciato la seguente

ORDINANZA

nei giudizi di legittimità costituzionale dell'art. 38-bis, primo comma, del d.P.R. 26 ottobre 1972, n. 633 (Istituzione e disciplina dell'imposta sul valore aggiunto), promossi con n. 14 ordinanze emesse il 4 maggio 1995 dalla Commissione tributaria di secondo grado di Vicenza, rispettivamente iscritte ai nn. 44, 45, 46, 47, 48, 49, 50, 51, 52, 53, 54, 55, 56 e 57 del registro ordinanze 1996 e pubblicate nella Gazzetta Ufficiale della Repubblica n. 6, prima serie speciale, dell'anno 1996.

Visti gli atti di intervento del Presidente del Consiglio dei Ministri;

udito nella camera di consiglio del 12 giugno 1996 il Giudice relatore Massimo Vari.

RITENUTO che la Commissione tributaria di secondo grado di Vicenza, con diverse ordinanze di identico contenuto (R.O. dal n. 44 al n. 57 del 1996) -- emesse il 4 maggio 1995, nei giudizi di appello proposti dall'Ufficio IVA di Vicenza, avverso le decisioni della Commissione tributaria di primo grado che avevano riconosciuto ai contribuenti, oltre il diritto al rimborso del tributo IVA pagato in eccedenza e gli interessi semplici, anche gli ulteriori interessi ai sensi dell'art. 1283 del codice civile -- ha sollevato, in riferimento agli artt. 3, 24, primo e secondo comma, e 97, primo comma, della Costituzione, questione di legittimità costituzionale dell'art. 38-bis, primo comma, del d.P.R. 26 ottobre 1972, n. 633 (Istituzione e disciplina dell'imposta sul valore aggiunto);

che il rimettente, nel richiamare la "costante e prevalente giurisprudenza della Suprema Corte" sulla natura speciale delle norme relative ai rimborsi d'imposta, da ritenere, perciò, "esaustive rispetto ad altri tipi di responsabilità collegate al carattere di obbligazione pecuniaria in cui l'obbligo in questione consiste", osserva che tale orientamento, che costituisce ormai diritto vivente, comporta l'inapplicabilità ai rimborsi IVA, oltre che di altri istituti civilistici, anche della norma dell'art. 1283 cod. civ., il quale prescrive che, in presenza di determinate condizioni, gli interessi maturati ne possano produrre ulteriori (c.d. anatocismo);

che, in relazione a ciò, l'ordinanza ritiene che la disciplina contenuta nell'art. 38-bis, primo comma, del d.P.R. 26 ottobre 1972, n. 633 contrasti con:

-- l'art. 3 della Costituzione, per la disparità di trattamento "a danno del cittadino che vanti un credito nei confronti dell'Amministrazione finanziaria, rispetto a quello che abbia la medesima pretesa nei confronti di soggetto privato o di altro ramo della pubblica amministrazione";

-- l'art. 24, primo comma, della Costituzione, a causa della "mancata previsione della facoltà di proporre domanda giudiziale per il riconoscimento degli interessi anatocistici conseguenti a crediti nei confronti dell'Amministrazione finanziaria";

-- l'art. 97, primo comma, della Costituzione, sotto il profilo dell'imparzialità e del buon andamento della pubblica amministrazione, dal momento che quest'ultima può decidere ad libitum il tempo della corresponsione del credito, senza che al ritardo siano connesse le più ampie conseguenze patrimoniali previste per le rimanenti obbligazioni di natura pecuniaria;

che è intervenuto, in tutti i giudizi, tranne che in quello relativo alla ordinanza di cui al R.O. n. 44 del 1996, il Presidente del Consiglio dei ministri, rappresentato e difeso dall'Avvocatura generale dello Stato, il quale ha concluso nel senso che la questione sia dichiarata non fondata, mentre, con una successiva memoria, ha formulato richiesta di inammissibilità ovvero di manifesta infondatezza della questione stessa.

CONSIDERATO che le ordinanze prospettano identiche questioni e che pertanto i relativi giudizi possono essere riuniti e decisi congiuntamente;

che la premessa dalla quale muove il giudice rimettente, e cioè quella dell'esistenza di un "diritto vivente" nel senso dell'inapplicabilità dell'art. 1283 cod. civ. ai rimborsi IVA, non trova riscontro nella giurisprudenza ordinaria e tributaria, orientata, invece, a ritenere che la disciplina degli interessi anatocistici concerna anche le obbligazioni qui in esame;

che, pertanto, risultando erroneo il presupposto che il giudice a quo pone a base delle censure, la questione è da ritenere manifestamente infondata.

Visti gli artt. 26, secondo comma, della legge 11 marzo 1953, n. 87, e 9, secondo comma, delle norme integrative per i giudizi davanti alla Corte costituzionale.

PER QUESTI MOTIVI

LA CORTE COSTITUZIONALE

riuniti i giudizi,

dichiara la manifesta infondatezza della questione di legittimità costituzionale dell'art. 38-bis, primo comma, del d.P.R. 26 ottobre 1972, n. 633 (Istituzione e disciplina dell'imposta sul valore aggiunto), sollevata, in riferimento agli artt. 3, 24, primo e secondo comma, e 97, primo comma, della Costituzione, dalla Commissione tributaria di secondo grado di Vicenza, con le ordinanze in epigrafe.

Così deciso in Roma, nella sede della Corte costituzionale, Palazzo della Consulta, il 10 luglio 1996.

Mauro FERRI, Presidente

Massimo VARI, Redattore

Depositata in cancelleria il 19 luglio 1996.