Ordinanza n. 237 del 1996

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ORDINANZA N. 237

ANNO 1996

 

REPUBBLICA ITALIANA

IN NOME DEL POPOLO ITALIANO

LA CORTE COSTITUZIONALE

composta dai signori Giudici:

-     Avv. Mauro FERRI, Presidente

-     Prof. Luigi MENGONI

-     Prof. Enzo CHELI

-     Dott. Renato GRANATA

-     Prof. Giuliano VASSALLI

-     Prof. Francesco GUIZZI

-     Prof. Cesare MIRABELLI

-     Prof. Fernando SANTOSUOSSO

-     Avv. Massimo VARI

-     Dott. Cesare RUPERTO

-     Dott. Riccardo CHIEPPA

-     Prof. Gustavo ZAGREBELSKY

-     Prof. Valerio ONIDA

-     Prof. Carlo MEZZANOTTE

ha pronunciato la seguente

ORDINANZA

nel giudizio di legittimità costituzionale dell'art. 30-bis, quarto comma, della legge 26 luglio 1975, n. 354 (Norme sull'ordinamento penitenziario e sulla esecuzione delle misure privative e limitative della libertà), promosso con ordinanza emessa l'8 agosto 1995 dal Tribunale di sorveglianza di Brescia, nel procedimento di sorveglianza nei confronti di Braccioli Pietro, iscritta al n. 951 del registro ordinanze 1995 e pubblicata nella Gazzetta Ufficiale della Repubblica n. 4, prima serie speciale, dell'anno 1996.

Visto l'atto di intervento del Presidente del Consiglio dei ministri;

udito nella camera di consiglio del 29 maggio 1996 il Giudice relatore Giuliano Vassalli.

RITENUTO che, chiamato a decidere sul reclamo proposto da un detenuto avverso il provvedimento di diniego di un permesso premio pronunciato dal magistrato di sorveglianza, il Tribunale di sorveglianza di Brescia ha, con ordinanza dell'8 agosto 1995, sollevato, in riferimento agli artt. 3, 24 e 27 della Costituzione, due distinte questioni di legittimità, entrambe incentrate sull'art. 30-bis, quarto comma, della legge 26 luglio 1975, n. 354 (Norme sull'ordinamento penitenziario e sulla esecuzione delle misure privative e limitative della libertà), censurato nella parte in cui, da un lato, esige che il tribunale di sorveglianza si pronunci sul reclamo entro il termine di dieci giorni e, dall'altro lato, non prevede che avverso la decisione dello stesso tribunale nella medesima materia possa essere proposto ricorso per cassazione;

che il rimettente richiama la sentenza costituzionale n. 53 del 1993, con la quale è stata dichiarata l'illegittimità (fra l'altro) dell'art. 30-bis della legge n. 354 del 1975, nella parte in cui non consente l'applicazione degli artt. 666 e 678 del codice di procedura penale nel procedimento di reclamo avverso il decreto del magistrato di sorveglianza che esclude dal computo della detenzione il periodo trascorso in permesso premio, osservando che, poiché in tale sentenza si fa riferimento soltanto al provvedimento emesso ai sensi dell'art. 53-bis della legge n. 354 del 1975 e alla procedura di cui all'art. 236, comma 2, delle norme di attuazione, di coordinamento e transitorie del codice di procedura penale, la detta statuizione non sarebbe riferibile al procedimento a quo;

che, peraltro, di fronte alla più volte affermata giurisdizionalizzazione della procedura concernente i permessi premio (sentenze n. 349 del 1993 e 227 del 1995) risulterebbe evidente l'illegittimità della norma denunciata, in relazione ad entrambi i parametri evocati;

che l'osservanza dell'art. 3 della Costituzione sarebbe compromessa perché del tutto irrazionalmente si impone al tribunale di sorveglianza di decidere sul reclamo entro dieci giorni, un termine che "confligge" con quello previsto dall'art. 666, comma 3, del codice di procedura penale, il quale dispone che l'avviso deve essere notificato almeno dieci giorni prima della data dell'udienza;

che ciò comporterebbe altresì violazione del diritto di difesa e del principio rieducativo della pena, anche con riferimento alla non ricorribilità per cassazione di un provvedimento, come quello del tribunale di sorveglianza, avente sicura natura giurisdizionale;

che nel giudizio è intervenuto il Presidente del Consiglio dei ministri, rappresentato e difeso dall'Avvocatura generale dello Stato, chiedendo che la seconda questione sia dichiarata inammissibile perché del tutto irrilevante, e che la prima questione venga dichiarata non fondata, non potendo giungersi a conclusione diversa da quella assunta dalla Corte costituzionale, la quale ha, "ad altro proposito", dichiarato l'illegittimità della norma denunciata.

CONSIDERATO che entrambe le questioni sono manifestamente inammissibili;

che, più in particolare, la censura incentrata sulla brevità del termine previsto per la decisione del tribunale di sorveglianza sui reclami avverso i provvedimenti del magistrato di sorveglianza in materia di permessi premio è del tutto irrilevante nel processo a quo, avendo il rimettente fatto applicazione di norme diverse da quelle di cui denuncia l'illegittimità costituzionale, perché non riferibili alla procedura del reclamo di cui all'art. 30-bis della legge 26 luglio 1975, n. 354, con il notificare all'interessato il decreto di fissazione per l'udienza circa cinquanta giorni prima, così da superare comunque il termine di dieci giorni dalla proposizione del reclamo per la decisione sul reclamo stesso;

che, del pari, manifestamente inammissibile, perché del tutto futura ed eventuale, è la questione riguardante la dedotta non ricorribilità per cassazione del provvedimento del tribunale di sorveglianza che decide sul reclamo in tema di permessi premio, il tutto senza contare che detta ricorribilità, già affermata da questa Corte (v. sentenza n. 227 del 1995), è stata ritenuta di recente anche dalla Corte di cassazione (v. Sez. I, 2 febbraio 1996, Lakhdar; Sez. I, 21 febbraio 1996, Resica).

Visti gli artt. 26, secondo comma, della legge 11 marzo 1953, n. 87, e 9, secondo comma, delle norme integrative per i giudizi davanti alla Corte costituzionale.

PER QUESTI MOTIVI

LA CORTE COSTITUZIONALE

dichiara la manifesta inammissibilità delle questioni di legittimità costituzionale dell'art. 30-bis, quarto comma, della legge 26 luglio 1975, n. 354 (Norme sull'ordinamento penitenziario e sulla esecuzione delle misure privative e limitative della libertà), sollevate, in riferimento agli artt. 3, 24 e 27 della Costituzione, dal Tribunale di sorveglianza di Brescia con l'ordinanza in epigrafe.

Così deciso in Roma, nella sede della Corte costituzionale, Palazzo della Consulta, il 26 giugno 1996.

Mauro FERRI, Presidente

Giuliano VASSALLI, Redattore

Depositata in cancelleria il 4 luglio 1996.