Sentenza n. 236 del 1996

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SENTENZA N. 236

ANNO 1996

 

REPUBBLICA ITALIANA

IN NOME DEL POPOLO ITALIANO

LA CORTE COSTITUZIONALE

composta dai signori Giudici:

-     Avv. Mauro FERRI, Presidente

-     Prof. Luigi MENGONI

-     Prof. Enzo CHELI

-     Dott. Renato GRANATA

-     Prof. Giuliano VASSALLI

-     Prof. Francesco GUIZZI

-     Prof. Cesare MIRABELLI

-     Prof. Fernando SANTOSUOSSO

-     Avv. Massimo VARI

-     Dott. Cesare RUPERTO

-     Dott. Riccardo CHIEPPA

-     Dott. Gustavo ZAGREBELSKY

-     Prof. Valerio ONIDA

-     Prof. Carlo MEZZANOTTE

ha pronunciato la seguente

SENTENZA

nel giudizio di legittimità costituzionale dell'art. 2, comma 1, della legge 19 ottobre 1991, n. 349 (Disposizioni per il rilascio di un certificato complementare di protezione per i medicamenti o i relativi componenti, oggetto di brevetto), promosso con ordinanza emessa il 18 febbraio 1995 dalla Commissione dei ricorsi contro i provvedimenti dell'Ufficio italiano brevetti e marchi sul ricorso proposto da Kirin-Amgen Inc. contro Ufficio italiano brevetti e marchi, iscritta al n. 932 del registro ordinanze 1995 e pubblicata nella Gazzetta Ufficiale della Repubblica n. 3, prima serie speciale, dell'anno 1996.

Visto l'atto di costituzione della società Kirin-Amgen inc. nonché l'atto di intervento del Presidente del Consiglio dei ministri;

udito nell'udienza pubblica dell'11 giugno 1996 il Giudice relatore Cesare Ruperto;

uditi gli avvocati Giovanni Pellegrino e Carlo Fiammenghi per la società Kirin-Amgen Inc. e l'Avvocato dello Stato Gaetano Zotta per il Presidente del Consiglio dei ministri.

Ritenuto in fatto

1. -- Una società statunitense aveva depositato, nell'ultimo giorno utile consentitole dalla normativa, presso l'Ufficio provinciale industria, commercio ed artigianato (U.P.I.C.A.) di Milano la domanda volta ad ottenere il "certificato complementare di protezione per i medicamenti" che la legge 19 ottobre 1991, n. 349 (Disposizioni per il rilascio di un certificato complementare di protezione per i medicamenti o i relativi componenti, oggetto di brevetto) ha previsto onde consentire al titolare di brevetto farmaceutico di prolungarne la durata oltre il limite ventennale. Ma l'Ufficio italiano brevetti e marchi aveva respinto la richiesta, perché pervenutagli oltre il termine di legge, in quanto, a norma dell'art. 2 della legge predetta, la domanda può essere presentata esclusivamente presso l'Ufficio centrale stesso, direttamente o tramite il servizio postale.

Adita con ricorso avverso tale provvedimento dalla società richiedente, la Commissione dei ricorsi contro i provvedimenti dell'Ufficio italiano brevetti e marchi, con ordinanza emessa il 18 febbraio 1995, ha sollevato - in riferimento all'art. 41 Cost. - questione di legittimità costituzionale dell'art. 2, comma 1, della citata legge n. 349 del 1991, nella parte in cui non prevede che detta domanda possa essere presentata anche per il tramite dell'Ufficio provinciale territorialmente competente. L'esclusione di tale possibilità non appare ragionevole alla rimettente Commissione, in quanto il deposito presso l'Ufficio provinciale fornirebbe garanzie di certezza circa la data di presentazione, non meno adeguate di quelle offerte dal servizio postale. Essa si tradurrebbe quindi in una ingiustificata limitazione della scelta dei mezzi preordinati all'attuazione dell'iniziativa economica, costituzionalmente garantita.

2. -- E' intervenuto il Presidente del Consiglio dei ministri, rappresentato e difeso dall'Avvocatura dello Stato, che ha concluso per l'infondatezza della questione, osservando come la norma impugnata si ispiri alle generali finalità di accertamento proprie della legislazione brevettuale, riconducibile alla riserva con cui l'art. 41 Cost. consente alla legge di determinare i programmi ed i controlli opportuni perché l'attività economica sia indirizzata e coordinata a fini sociali. Le formalità di presentazione descritte dal censurato art. 2 risulterebbero chiare, normali e di impegno per nulla gravoso.

3. -- Nel giudizio dinanzi a questa Corte si è costituita la parte privata, che ha chiesto la declaratoria d'illegittimità costituzionale, rilevando anzitutto come il deposito dell'ordinaria domanda di brevetto presso l'U.P.I.C.A. sia previsto dalla legge quale alternativa a quello effettuato presso l'Ufficio centrale brevetti (oggi Ufficio italiano brevetti e marchi). Gli Uffici provinciali in argomento, che sono i rappresentanti periferici dell'amministrazione interessata, offrono - osserva la parte - tutte le necessarie garanzie di regolarità delle operazioni e la certezza della data. La denunciata esclusione del deposito presso di essi della domanda relativa al certificato complementare limiterebbe in modo ingiustificato il diritto del cittadino di scegliere i mezzi per l'attuazione dell'iniziativa economica, penalizzando oltretutto i brevettanti non residenti in Roma, ove ha sede l'Ufficio citato, i quali "devono investire energie per fargli pervenire le domande".

Considerato in diritto

1. -- La Commissione dei ricorsi contro i provvedimenti dell'Ufficio italiano brevetti e marchi dubita della legittimità costituzionale dell'art. 2, comma 1, della legge 19 ottobre 1991, n. 349, nella parte in cui prevede che la domanda volta ad ottenere il rilascio del certificato complementare di protezione per il brevetto di farmaco debba essere presentata, direttamente o tramite il servizio postale, soltanto presso l'Ufficio centrale brevetti (oggi Ufficio italiano brevetti e marchi) con sede in Roma, e non possa invece essere anche depositata presso l'Ufficio provinciale dell'industria, commercio ed artigianato territorialmente competente. A parere della rimettente commissione, dall'omessa previsione di tale ultima possibilità deriverebbe una lesione della libertà d'iniziativa economica privata garantita dall'art. 41 Cost.

2. -- La questione non è fondata.

2.1. -- L'art. 4-bis del r.d. 29 giugno 1939, n. 1127 (Disposizioni in materia di brevetti per invenzioni industriali), introdotto dall'art. 1 della legge 19 ottobre 1991, n. 349, prevede la possibilità del rilascio di un "certificato complementare di protezione per i medicamenti o i relativi componenti, oggetto di brevetto". Tale certificato ha lo scopo di assicurare un ulteriore periodo di tutela dopo la scadenza ventennale della protezione brevettuale: periodo corrispondente a quello intercorso tra la data di deposito della domanda di brevetto e la data del decreto con cui viene concessa la prima autorizzazione all'immissione in commercio del medicamento.

Quest'ultimo lasso di tempo può infatti, nel settore farmaceutico, protrarsi a lungo, per via del succedersi di sperimentazioni obbligatorie ed autorizzazioni amministrative, così da non consentire al titolare un adeguato sfruttamento del brevetto e, con esso, anche un completo ammortamento degli elevati costi solitamente connessi alla ricerca ed alla produzione dei farmaci.

Il citato art. 4-bis prevede nel comma 2 che la domanda di certificato complementare debba essere presentata dal titolare del brevetto all'Ufficio centrale brevetti (oggi Ufficio italiano brevetti e marchi ex art. 1 del d.P.R. 30 giugno 1972, n. 540, come modificato dal decreto legislativo 4 dicembre 1992, n. 480). E l'art. 2 della legge n. 349 del 1991, nel comma 2 denunciato dalla rimettente Commissione, precisa a sua volta che la domanda può essere presentata "esclusivamente" presso detto Ufficio, "direttamente o tramite servizio postale".

2.2. -- Quest'ultima previsione è evidentemente da porre in relazione con l'obbligo, sancito dal comma 3 del citato art. 4-bis a carico dell'Ufficio stesso, di rendere noti, mediante pubblicazione di un bollettino mensile, i medicamenti per i quali sia stato richiesto il rilascio del certificato complementare; bollettino che dev'essere "reso disponibile al pubblico" entro il mese successivo a quello durante il quale sono state depositate le domande, alle quali - è da sottolineare - il successivo comma 5 attribuisce in via provvisoria "gli stessi effetti del certificato complementare di protezione", ove questo non sia stato ancora concesso al momento della scadenza del brevetto.

Trattasi dunque di un onere che si ricollega all'esigenza di garantire uno stretto rapporto tra richiesta del certificato e relativo sistema di pubblicità, in vista dei predetti effetti sostanziali. Come tale esso trova, in definitiva, una razionale giustificazione nella necessaria tutela delle regole della concorrenza (secondo la ratio illustrata nella relazione alla proposta di legge n. 4653 presentata il 9 marzo 1990 alla Camera dei deputati).

Non si vede allora in qual senso l'adempimento dell'onere stesso possa risolversi "in una limitazione ingiustificata dei mezzi preordinati all'attuazione dell'iniziativa economica", secondo quanto asserito viceversa dalla Commissione rimettente.

La ratio della garanzia ex art. 41 Cost., invero, non si estende certo alle mere modalità di comunicazione degli atti che hanno l'esclusiva funzione di portare gli stessi a conoscenza di terzi, e la cui eventuale onerosità troverebbe comunque un suo più che congruo bilanciamento nell'utilità sociale, individuabile, con riguardo alla presente specie, nel corretto funzionamento del mercato (cfr. sentenze n. 110 del 1995 e n. 389 del 1992). L'attività produttiva del titolare del brevetto di farmaco impone una serie di complessi rapporti con il Ministero della sanità, relativi al metodo di fabbricazione, alle varie fasi di sperimentazione, fino all'emissione del decreto autorizzativo della immissione in commercio; cui seguono ulteriori incombenze, implicanti la necessità di rivolgersi ad autorità centrali, come la fissazione del prezzo e l'eventuale inclusione del farmaco nella lista dei prodotti rimborsabili dal Servizio sanitario. Appunto in tale quadro - ispirato alle evidenti finalità di interesse pubblico che sono proprie della materia e che danno specificità a questa nell'àmbito della generale disciplina dei brevetti - viene ad inserirsi l'onere di presentare la domanda all'Ufficio centrale: il cui adempimento, oltretutto, rimane facilitato dalla prevista possibilità di avvalersi del servizio postale.

PER QUESTI MOTIVI

LA CORTE COSTITUZIONALE

dichiara non fondata la questione di legittimità costituzionale dell'art. 2, comma 1, della legge 19 ottobre 1991, n. 349 (Disposizioni per il rilascio di un certificato complementare di protezione per i medicamenti o i relativi componenti, oggetto di brevetto), sollevata, in riferimento all'art. 41 della Costituzione, dalla Commissione dei ricorsi contro i provvedimenti dell'Ufficio italiano brevetti e marchi, con l'ordinanza in epigrafe.

Così deciso in Roma, nella sede della Corte costituzionale, Palazzo della Consulta, il 26 giugno 1996.

Mauro FERRI, Presidente

Cesare RUPERTO, Redattore

Depositata in cancelleria il 4 luglio 1996.