Sentenza n. 211 del 1996

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SENTENZA N. 211

ANNO 1996

 

REPUBBLICA ITALIANA

IN NOME DEL POPOLO ITALIANO

LA CORTE COSTITUZIONALE

composta dai signori Giudici:

-     Avv. Mauro FERRI, Presidente

-     Prof. Luigi MENGONI

-     Prof. Enzo CHELI

-     Dott. Renato GRANATA

-     Prof. Giuliano VASSALLI

-     Prof. Francesco GUIZZI

-     Prof. Cesare MIRABELLI

-     Prof. Fernando SANTOSUOSSO

-     Avv. Massimo VARI

-     Dott. Cesare RUPERTO

-     Dott. Riccardo CHIEPPA

-     Prof. Gustavo ZAGREBELSKY

-     Prof. Valerio ONIDA

-     Prof. Carlo MEZZANOTTE

ha pronunciato la seguente

SENTENZA

nel giudizio di legittimità costituzionale degli artt. 34 della legge 9 febbraio 1979, n. 38 (Cooperazione dell'Italia con i Paesi in via di sviluppo), e 31 della legge 26 febbraio 1987, n. 49 (Nuova disciplina della cooperazione dell'Italia con i Paesi in via di sviluppo), promosso con ordinanza emessa l' 8 novembre 1995 dal Tribunale di Torino nel procedimento civile vertente tra l'INPS e Marilisa Giordano ed altro, iscritta al n. 928 del registro ordinanze 1995 e pubblicata nell Gazzetta Ufficiale della Repubblica n. 3, prima serie speciale, dell'anno 1996.

Visto l'atto di costituzione dell'INPS nonchè l'atto di intervento del Presidente del Consiglio dei ministri;

udito nell'udienza pubblica del 14 maggio 1996 il Giudice relatore Luigi Mengoni;

udito l'avvocato Mario Passaro per l'INPS e l'Avvocato dello Stato Giuseppe Stipo per il Presidente del Consiglio dei ministri.

Ritenuto in fatto

1. - Nel corso del giudizio di appello promosso dall'INPS avverso la sentenza del Pretore di Alba che lo aveva condannato a corrispondere alla signora Marilisa Giordano l'indennità economica di maternità di cui all'art. 17, secondo comma, della legge 30 dicembre 1971, n. 1204, in relazione al servizio prestato dal 13 marzo 1987 al 13 settembre 1989 nello Ziniaré-Burkina Faso in base a un contratto di servizio civile volontario stipulato con la Comunità Internazionale Volontari Laici (L.V.I.A.), il Tribunale di Torino, con ordinanza dell'8 novembre 1995, ha sollevato, in riferimento agli artt. 3, 31 e 32 della Costituzione, questione di legittimità costituzionale degli artt. 34 della legge 9 febbraio 1979, n. 38, e 31 della legge 26 febbraio 1987, n. 49 (abrogatrice della precedente), nelle parti in cui non prevedono il trattamento economico di maternità di cui all'art. 17 della legge n. 1204 del 1971 a favore delle vo- lontarie in servizio civile.

Le norme impugnate prevedono l'iscrizione dei volontari in servizio civile alle assicurazioni sociali, ma limitano espressamente l'assicurazione per le malattie (da intendersi in senso ampio, comprensivo anche della maternità) alle prestazioni sanitarie. Perciò, osserva il Tribunale, la richiesta indennità non può essere concessa nemmeno in base all'art. 14 del contratto tipo, definito dal Comitato Direzionale per la Cooperazione allo Sviluppo con delibera n. 52 del 10 luglio 1987, il quale prevede in caso di gravidanza l'applicazione della legge di tutela della lavoratrice madre: tale clausola contrattuale deve essere interpretata restrittivamente, in conformità del limite stabilito dal riferimento della legge alla sola tutela sanitaria.

Ciò premesso, il giudice rimettente denuncia le norme citate per contrasto: a) col principio di eguaglianza, perché la specialità del rapporto di servizio civile volontario non è tale da giustificare una così rilevante differenza di trattamento della lavoratrice; b) col principio di tutela della maternità, che include anche previdenze economiche; c) con la tutela della salute, perché la limitazione della garanzia assicurativa incide negativamente sul benessere fisico e sull'equilibrio psichico della gestante.

2. - Nel giudizio davanti alla Corte costituzionale si è costituito l'INPS chiedendo che la questione sia dichiarata infondata.

Secondo l'Istituto, il giudice rimettente non tiene nel debito conto la specificità del rapporto di volontariato in servizio civile, regolato dalle leggi citate, la quale si riflette sul rapporto assicurativo-previdenziale, tant'è che, ai sensi dell'art. 35 della legge n. 38 del 1979 e dell'art. 31 della legge n. 49 del 1987, l'obbligo assicurativo-contributivo non grava sulle parti del contratto di servizio civile volontario (lavoratore-organizzazione non governativa, di cui agli artt. 28 sgg. della legge del 1987), bensì su un terzo, cioè il Ministero degli affari esteri - Direzione generale per la cooperazione allo sviluppo. Ne consegue che non appare incongrua la previsione normativa che limita l'onere contributivo - gravante su un terzo - alle sole prestazioni sanitarie.

Riguardo al dedotto contrasto con l'art. 31 Cost., l'INPS richiama il principio di gradualità osservato dalla giurisprudenza costante di questa Corte nella valutazione dell'intervento legislativo per l'attuazione di un sistema ottimale di prestazioni previdenziali.

3. - E' intervenuto il Presidente del Consiglio dei ministri, rappresentato dall'Avvocatura dello Stato, chiedendo che la questione sia dichiarata manifestamente infondata.

Ad avviso dell'interveniente la qualità di lavoratore subordinato in senso stretto e tecnico non è riconoscibile a soggetti i quali "prescindendo da fini di lucro e nella ricerca prioritaria dei valori della solidarietà e della cooperazione internazionale, assumono contrattualmente un impegno di lavoro nei Paesi in via di sviluppo".

Considerato in diritto

1. - Il Tribunale di Torino ha sollevato, in riferimento agli artt. 3, 31 e 32 della Costituzione, questione di legittimità costituzionale degli artt. 34 della legge 9 febbraio 1979, n.38, e 31 della legge 26 febbraio 1987, n. 49 (abrogatrice della precedente), nelle parti in cui non prevedono il trattamento economico di maternità di cui all'art. 17 della legge 30 dicembre 1971, n. 1204, a favore delle volontarie in servizio civile.

2.1. - La questione non è fondata.

Il servizio di volontariato civile, regolato dagli artt. 33 sgg. della legge n. 38 del 1979, vigente all'epoca della stipulazione del contratto di cui è causa, e dagli artt. 31 sgg. della legge n. 49 del 1987, vigente all'epoca della cessazione del rapporto, è definito dall'art. 31, comma 1, di quest'ultima come un contratto della durata di almeno due anni, con il quale il volontario si impegna a svolgere attività di lavoro autonomo di cooperazione nei Paesi in via di sviluppo, nell'ambito di programmi predisposti da organizzazioni non governative riconosciute idonee (artt. 28 e 29).

L'analisi della disciplina della legge n. 49 del 1987 (integrata, ai sensi dell'art. 31, comma 2, dalla delibera 10 luglio 1987, n. 52, del Comitato direzionale per la cooperazione allo sviluppo istituito presso il Ministero degli affari esteri intervenuta nel corso del rapporto di cui è causa), dimostra che la locuzione "lavoro autonomo", mancante nel corrispondente art. 33 della legge precedente, non è usata nel senso tecnico di prestazione d'opera "senza vincolo di subordinazione" (art. 2222 cod.civ.). L'attività del volontario in servizio civile "si inserisce" nel programma di cooperazione, predisposto dall'istituzione che lo "assume", e nella struttura organizzativa destinata a realizzarlo: egli presta servizio non in base a un rapporto di natura autonoma, come impropriamente si esprime la legge, bensì in stato di dipendenza, come precisano l'art. 5 della citata delibera e gli artt. 1 e 4 del contratto stipulato dalla ricorrente in data 27 gennaio 1987 "ai sensi e per gli effetti delle disposizioni di cui al titolo III della legge n. 38 del 1979", la quale, all'art. 34, qualificava il contratto come "contratto di lavoro". Del resto tale qualificazione è sostanzialmente ripetuta dalla nuova legge là dove prevede l'iscrizione dei volontari all'assicurazione invalidità e vecchiaia "dei lavoratori dipendenti".

Nel contesto della normativa in esame la frase "attività di lavoro autonomo" non nega il carattere subordinato della prestazione, ma vuole significare che, nel rispetto delle direttive del programma e sotto il controllo dei "responsabili che gli verranno indicati", è lasciata al lavoratore un'ampia autonomia di iniziativa e di determinazione della propria attività : il che non è incompatibile col concetto di subordinazione, la soggezione al potere di conformazione del datore essendo una modalità normale (propria del modello tradizionale di riferimento, oggi in declino), ma non essenziale del lavoro subordinato. In questo senso sono indicative anche la prescrizione di un orario di lavoro e l'attribuzione del diritto a un congedo annuale per ferie.

2.2. - Sono però riscontrabili altri elementi di disciplina che impediscono la sussunzione del rapporto sotto il tipo del contratto di lavoro oneroso (a prestazioni corrispettive) retto da una causa di scambio (art. 2094 cod.civ.), e lo qualificano, invece, come contratto di lavoro atipico a causa mista, nel quale con la gratuità di fondo della prestazione si combinano elementi di onerosità privi della nota specifica della corrispettività, integrati da altri benefici per il prestatore di lavoro a carico di terzi.

Secondo la definizione dell'art. 33 della legge n. 38 del 1979, sostanzialmente ripetuta nell'art. 31 della legge n. 49 del 1987, il contratto di volontariato in servizio civile è stipulato dal prestatore di lavoro "prescindendo da fini di lucro e nella ricerca prioritaria dei valori della solidarietà e della cooperazione internazionale", cioè per uno scopo altruistico omogeneo alle finalità istituzionali dell'organizzazione alle dipendenze della quale egli si impegna a lavorare. Ne consegue che il "trattamento economico" del volontario (inclusivo di un'indennità di fine servizio), pur configurando un aspetto di onerosità del contratto, non è propriamente un corrispettivo soggetto al criterio di proporzione alla quantità e qualità del lavoro prestato (art. 36 Cost.), ma ha in sostanza una funzione alimentare o, più in generale, indennitaria, essendo regolato dal criterio dell'"adeguatezza alle condizioni di vita del Paese ospitante e tenuto conto dello spirito e della finalità del volontariato" (art. 34 della legge n. 38 del 1979).

La preminenza della finalità altruistica del servizio civile è confermata dalla natura dei benefici accordati ai volontari dagli artt. 33 e 35 della legge del 1987 (artt. 38 e 40 della legge del 1979): diritto al collocamento in aspettativa, computabile per intero ai fini della progressione della carriera, attribuito ai dipendenti pubblici autorizzati a impegnarsi in qualità di volontari in servizio civile nei limiti di appositi contingenti; diritto alla conservazione del posto di lavoro alla medesima stregua dei lavoratori chiamati alle armi per il servizio di leva, quando si tratti di giovani volontari che hanno ottenuto il rinvio del servizio militare; diritto alla dispensa definitiva al termine di un biennio di effettivo e continuativo servizio nei Paesi in via di sviluppo.

3. - La prevalenza della causa non lucrativa comporta l'inapplicabilità delle assicurazioni sociali obbligatorie, salva l'assicurazione contro gli infortuni e le malattie professionali. A questa soltanto è soggetto il datore di lavoro (nella specie la Comunità Internazionale Volontari Laici - L.V.I.A.). Per l'assicurazione per invalidità e vecchiaia e l'assicurazione per le malattie è prevista una disciplina speciale, secondo cui all'iscrizione devono provvedere gli stessi lavoratori interessati, mentre i contributi sono interamente accollati alla Direzione generale per la cooperazione allo sviluppo, cioè al Ministero degli affari esteri, che è terzo rispetto al contratto.

L'impegno del Ministero per l'assicurazione contro le malattie è limitato alle prestazioni sanitarie, secondo una valutazione discrezionale del legislatore giustificata appunto dall'estraneità dell'impegno al sistema della previdenza obbligatoria. Le prestazioni economiche, commisurate alla retribuzione, sono a carico del datore di lavoro nei termini precisati dall'art. 15 del contratto di assunzione, che prevede "un congedo speciale retribuito" per il periodo di impedimento della prestazione di lavoro.

La medesima regola deve ritenersi applicabile nel caso di gravidanza e puerperio. Il silenzio a questo riguardo dell'art. 31 della legge n. 49 del 1987, mentre preclude il riferimento quanto meno alla parte economica della legge 30 dicembre 1971, n. 1204 - il cui richiamo nell'art. 14 della citata delibera va inteso limitatamente all'assistenza sanitaria -, d'altro canto impone una interpretazione lata del concetto di malattia comprensiva anche della maternità. Quando non è provvista di una disciplina previdenziale o assistenziale speciale, la maternità è tradizionalmente equiparata alla malattia.

L'inapplicabilità della tutela speciale delle lavoratrici madri, e in particolare dell'art. 17, secondo comma, della legge n. 1204 - che prevede una ultrattività del diritto all'indennità giornaliera ove l'inizio del periodo di interdizione dal lavoro cada entro sessanta giorni dalla cessazione del rapporto di lavoro - non contrasta con nessuno dei parametri costituzionali evocati dall'ordinanza di rimessione: non con l'art. 3 Cost., perché il rapporto di cui si tratta ha natura e finalità diverse da quelle del contratto tipico di lavoro, al quale si riferisce la legge n. 1204 del 1971; non con l'art. 31 Cost., perché le misure economiche e altre provvidenze per la tutela della maternità possono essere graduate dal legislatore in relazione alla diversità dei rapporti in cui è impegnato il lavoro della donna e dell'entità dei mezzi finanziari volta a volta disponibili; non, infine, con l'art. 32 Cost., perché la tutela costituzionale della salute non comporta per sé sola diritti a indennità economiche, mentre, per quanto riguarda l'assistenza sanitaria, nel caso di sopravvenienza del periodo di interdizione dal lavoro dopo la cessazione del rapporto di volontariato, la lavoratrice rimasta disoccupata può sempre accedere al servizio sanitario nazionale.

PER QUESTI MOTIVI

LA CORTE COSTITUZIONALE

dichiara non fondata la questione di legittimità costituzionale degli artt. 34 della legge 9 febbraio 1979, n. 38 (Cooperazione dell'Italia con i Paesi in via di sviluppo) e 31 della legge 26 febbraio 1987, n. 49 (Nuova disciplina della cooperazione dell'Italia con i Paesi in via di sviluppo), sollevata, in riferimento agli artt. 3, 31 e 32 della Costituzione, dal Tribunale di Torino con l'ordinanza in epigrafe.

Così deciso in Roma, nella sede della Corte costituzionale, Palazzo della Consulta, il 14 giugno 1996.

Mauro FERRI, Presidente

Luigi MENGONI, Redattore

Depositata in cancelleria il 21 giugno 1996.