Sentenza n. 208 del 1996

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SENTENZA N. 208

ANNO 1996

 

REPUBBLICA ITALIANA

IN NOME DEL POPOLO ITALIANO

LA CORTE COSTITUZIONALE

composta dai signori Giudici:

-     Avv. Mauro FERRI, Presidente

-     Prof. Luigi MENGONI

-     Prof. Enzo CHELI

-     Dott. Renato GRANATA

-     Prof. Giuliano VASSALLI

-     Prof. Cesare MIRABELLI

-     Prof. Fernando SANTOSUOSSO

-     Avv. Massimo VARI

-     Dott. Cesare RUPERTO

-     Dott. Riccardo CHIEPPA

-     Prof. Gustavo ZAGREBELSKY

-     Prof. Valerio ONIDA

-     Prof. Carlo MEZZANOTTE

ha pronunciato la seguente

SENTENZA

nel giudizio di legittimità costituzionale dell'art. 74, ultimo comma, del d.P.R. 11 luglio 1980, n. 382 (Riordinamento della docenza universitaria, relativa fascia di formazione nonché sperimentazione organizzativa e didattica), promosso con ordinanza emessa il 13 novembre 1991 dal Tribunale amministrativo regionale del Lazio sui ricorsi riuniti proposti da Mancini Silvia contro il Ministero della pubblica istruzione ed altro, iscritta al n. 609 del registro ordinanze 1995 e pubblicata nella Gazzetta Ufficiale della Repubblica n. 41, prima serie speciale, dell'anno 1995.

Visto l'atto di intervento del Presidente del Consiglio dei ministri;

udito nella camera di consiglio del 6 marzo 1996 il Giudice relatore Riccardo Chieppa.

Ritenuto in fatto

1.-- Il Tribunale amministrativo regionale del Lazio solleva, in riferimento all'art. 34, terzo e quarto comma, della Costituzione, questione di legittimità costituzionale dell'art. 74, ultimo comma, del d.P.R. 11 luglio 1980, n. 382 (Riordinamento della docenza universitaria, relativa fascia di formazione nonché sperimentazione organizzativa e didattica), nella parte in cui non prevede che gli ammessi ai corsi di dottorato di ricerca, e fruenti a tale titolo di borsa annuale di studio ai sensi dell'art. 75, sesto comma, del medesimo d.P.R. n. 382 del 1980, possano fruire di ulteriore borsa di studio, presso università straniere, durante il periodo di svolgimento del predetto dottorato di ricerca.

La questione si radica nel corso di un giudizio -- promosso da S. Mancini contro il Ministro della pubblica istruzione -- ed avente per oggetto l'annullamento della nota ministeriale del 24 maggio 1989 con la quale la ricorrente, già titolare di borsa di studio per un corso di dottorato di ricerca, era stata dichiarata decaduta, ai sensi dell'art. 74, ultimo comma, del d.P.R. n. 382 del 1980, dalla nomina di vincitrice del concorso, indetto dal Ministero della pubblica istruzione e concernente cinquecentodieci borse di studio per la frequenza di attività di perfezionamento o di specializzazione presso istituzioni estere di livello universitario.

Ritiene il giudice a quo che la previsione contenuta nell'art. 74, ultimo comma, succitato, e in virtù della quale chi abbia usufruito di una borsa di studio per un corso di dottorato di ricerca non può fruire di altra borsa di studio, anche se per titolo diverso, contrasti con l'art. 34 della Costituzione.

Al riguardo si precisa che il legislatore delegato, nel disciplinare il dottorato di ricerca, ha previsto all'art. 68, secondo comma, la possibilità che si realizzino forme di collaborazione tra diverse università, anche straniere, "nelle quali siano state notoriamente sviluppate le tematiche di ricerca, nei settori disciplinari per i quali si intende istituire il dottorato".

Ad avviso del rimettente, nell'ambito delle forme di collaborazione previste dal succitato art. 68, sarebbe inscrivibile anche "l'invio presso università straniere degli iscritti ai corsi di dottorato".

Questi ultimi possono partecipare -- al pari dei laureati indicati dall'art. 97, secondo comma -- ai concorsi per titoli ed esami, per l'attribuzione di borse di studio per attività di perfezionamento all'estero.

Peraltro, sono esclusi, in virtù del disposto di cui all'art. 74, ultimo comma, gli iscritti ai corsi di dottorato di ricerca che abbiano già usufruito a tale titolo di borsa di studio.

Ad avviso del rimettente detta esclusione verrebbe a contrastare con l'art. 34, terzo e quarto comma, della Costituzione, il quale afferma il diritto dei capaci e meritevoli, anche se privi di mezzi, di raggiungere i gradi più alti degli studi nonché l'obbligo della Repubblica di rendere effettivo questo diritto con borse di studio, assegni ed altre provvidenze che devono essere attribuite per concorso. La non manifesta infondatezza della questione sarebbe, altresí, avvalorata dalla circostanza che la norma censurata sarebbe stata "implicitamente abrogata", ad avviso del rimettente, dalla più recente legge 30 novembre 1989, n. 398 che detta norme in materia di borse di studio universitarie.

In particolare l'art. 6 della legge n. 398 del 1989 disponendo che le borse di studio non possono essere cumulate con altre borse di studio, a qualsiasi titolo conferite, tranne che con quelle concesse da istituzioni nazionali o straniere utili ad integrare, con soggiorni all'estero, l'attività di formazione o di ricerca dei borsisti (comma 1) e prevedendo, altresí, che chi ha già usufruito di una borsa di studio non può usufruirne una seconda volta allo stesso titolo (comma 2), abrogherebbe implicitamente il disposto di cui all'art. 74, ultimo comma, censurato.

2.-- Nel giudizio davanti alla Corte è intervenuto il Presidente del Consiglio dei ministri, rappresentato e difeso dall'Avvocatura generale dello Stato, concludendo per la non fondatezza della proposta questione.

Rileva l'Avvocatura che il parametro evocato dal giudice a quo, ovvero l'art. 34 della Costituzione, non è idoneo a "costituire vincoli precisi a carico del legislatore ordinario, in ordine alle condizioni ed ai limiti dell'accesso, per concorso, alle borse di studio".

La norma censurata si limiterebbe a stabilire una limitazione del contributo pubblico in ordine al soddisfacimento delle esigenze di studio dei soggetti capaci e meritevoli. Limitazione che, concernendo una ipotesi di cumulo, nell'ambito dei corsi di dottorato di ricerca, non sarebbe tale da incidere sul raggiungimento dei gradi più alti degli studi. D'altro canto, l'intervento pubblico, operando sulla base di risorse finanziarie definite e non illimitate, avrebbe legittimamente cura di garantire all'istituto borsistico la più ampia efficacia satisfattiva delle aspettative dei "capaci e meritevoli". Preoccupazione, questa, che sarebbe pure alla base dell'art. 34 della Costituzione, nella parte in cui prescrive la distribuzione delle borse per concorso. Infine, l'Avvocatura rileva che la modifica apportata dall'art. 6 della legge 30 novembre 1989, n. 398 la quale restringe il divieto di cumulo, ammettendolo a determinate condizioni, non potrebbe valere come "indice di incostituzionalità della normativa previgente, indicando solo un legittimo mutamento che resta nell'ambito di scelte discrezionali del legislatore".

Considerato in diritto

1.-- La questione sottoposta all'esame della Corte concerne l'art. 74, ultimo comma, del d.P.R 11 luglio 1980, n. 382 (Riordinamento della docenza universitaria, relativa fascia di formazione nonché sperimentazione organizzativa e didattica), il quale stabilisce che coloro i quali abbiano usufruito di una borsa di studio, per un corso di dottorato di ricerca, non possano fruirne una seconda volta, anche se per titolo diverso.

Ad avviso del giudice a quo detta previsione -- precludendo, ai dottorandi, l'accesso ad ulteriore borsa di studio per la frequenza di attività di perfezionamento all'estero -- comprometterebbe la collaborazione con le università straniere (nelle quali siano state sviluppate le tematiche oggetto dei corsi di dottorato), quale prevista dall'art. 68, secondo comma, del d.P.R. n. 382 del 1980, ponendosi, altresí, in contrasto con il diritto dei capaci e meritevoli di raggiungere i gradi più alti degli studi, garantito dall'art. 34, terzo e quarto comma, della Costituzione.

2.-- La questione non è fondata.

Occorre premettere che il divieto di cumulo delle borse di studio -- posto per i dottorandi dalla norma censurata -- è anzitutto divieto di attività diverse da quelle che formano oggetto dei corsi di dottorato. Sotto questo profilo le attività di perfezionamento all'estero -- che l'ordinanza di rinvio vorrebbe consentire ai dottorandi attraverso la rimozione del predetto divieto di cumulo delle borse di studio -- non trovano alcun riscontro in quelle che sono le connotazioni peculiari del dottorato di ricerca.

Ed invero le scuole di perfezionamento, oggetto di specifica disciplina da parte del legislatore, mirano a fare acquisire ai candidati un livello formativo avanzato rispetto a determinate professionalità; difatti, l'esame richiesto per l'accesso consiste in una prova scritta ed in un colloquio per accertare l'esistenza del livello di preparazione necessaria per frequentare la scuola (art. 76, sesto comma, del d.P.R. n. 382 del 1980). Il dottorato risulta, invece, preordinato a sviluppare autonome capacità di ricerca scientifica, attraverso le quali evidenziare originalità creativa e rigore metodologico (e, difatti, le relative prove di esame sono intese ad accertare l'attitudine del candidato alla ricerca scientifica, art. 71, quarto comma, dello stesso d.P.R. n. 382 del 1980). Pertanto, la collaborazione con le università estere che abbiano notoriamente sviluppato le tematiche, oggetto dei corsi di dottorato (art. 68, secondo comma, del d.P.R. citato) è cosa diversa dai corsi di perfezionamento all'estero in sé considerati.

Detta collaborazione, invece, concerne i periodi di formazione dei dottorandi presso università o istituti stranieri, sempre che gli stessi periodi siano ritenuti necessari nell'ambito dei programmi definiti e approvati dai responsabili del dottorato e di cui debbono essere indicate le particolari modalità di svolgimento (art. 69 del d.P.R. n. 382 del 1980).

In specie è previsto, al riguardo, che la permanenza all'estero, o comunque fuori dalla sede del dottorato, non possa superare la metà del periodo stabilito per il conseguimento del titolo (art. 72, secondo comma, del d.P.R. n. 382 del 1980). Coerentemente con quest'ultima previsione, il legislatore ha, altresí, disposto che l'importo della borsa di studio sia elevato del cinquanta per cento, in proporzione ai consentiti periodi di permanenza all'estero presso università o istituti di ricerca (art. 75, sesto comma, del d.P.R. n. 382 del 1980).

Così ricostruito il quadro normativo, appare evidente che i dottorandi possono certamente compiere periodi di formazione integrativi presso le università straniere che abbiano notoriamente sviluppato le tematiche, oggetto dei relativi corsi, secondo quanto previsto dall'art. 68, secondo comma, del d.P.R. n. 382 del 1980 e che questa evenienza è agevolata -- sul piano economico -- dalla integrazione della borsa di studio, originariamente concessa. Naturalmente, come già detto, la formazione all'estero dei dottorandi, come del resto tutte le attività che fanno capo al dottorato, devono essere ritenute necessarie per le finalità dello stesso dottorato e debbono, altresí, ricevere l'approvazione, anche in ordine alla durata, dei responsabili. Così disponendo il legislatore ha inteso garantire l'alta qualificazione del dottorato di ricerca anche e soprattutto attraverso un impegno assorbente e continuativo dei dottorandi che precluda, in quanto tale, scelte diverse da quelle programmate dai responsabili del dottorato, intese ad individuare le attitudini scientifiche nel settore prescelto.

Dette scelte rientrano nella discrezionalità del legislatore e non sono affatto lesive dell'art. 34, terzo e quarto comma, della Costituzione, trovando, anzi, giustificazioni di ordine costituzionale.

Al riguardo, si rileva preliminarmente che fin dalle più remote pronunce (sentenze n. 125 del 1975, e n. 7 del 1967) questa Corte ha ritenuto che gli obblighi posti dall'art. 34 della Costituzione e intesi a garantire il diritto dei capaci e meritevoli di raggiungere i gradi più alti degli studi "debbono essere adempiuti nell'osservanza dei limiti del bilancio dello Stato" (sentenza n. 125 del 1975). Più in particolare, e con riguardo alle borse di studio, la Corte ha, altresí, ritenuto (sentenza n. 281 del 1992) che "compete al legislatore, nella disciplina delle modalità di realizzazione del diritto allo studio universitario, determinare un divieto generale di cumulo che ben può trovare la sua giustificazione di ordine costituzionale nella esigenza di impiegare le risorse pubbliche, destinate alla realizzazione di tale diritto, secondo criteri di razionalità e di giustizia distributiva, così da garantire una maggiore estensione della sfera dei soggetti beneficiari". Nella specie, occorre avere riguardo, in particolare, alla circostanza che la borsa di studio è attribuita in via generale a "tutti coloro che sono ammessi ai corsi di dottorato di ricerca" (art. 75, sesto comma, del d.P.R. n. 382 del 1980), purché in presenza dei requisiti di reddito richiesti, e che detta generalizzazione richiede, a fortiori, che siano poste condizioni che ne limitino l'accesso, anche per salvaguardare le esigenze di bilancio dello Stato.

Per inciso, va, altresí, rilevato che del tutto priva di fondamento è la tesi della abrogazione della norma censurata ad opera della successiva legge 30 novembre 1989, n. 398 (Norme in materia di borse di studio universitarie). Infatti, l'art. 3 della legge n. 398 del 1989 dispone espressamente che "fino all'approvazione della nuova disciplina sul dottorato di ricerca, restano ferme le disposizioni di cui all'art. 75 del d.P.R. n. 382 del 1980 per quanto concerne la concessione delle borse di studio per i corsi di dottorato", disposizione ulteriormente riaffermata dall'art. 8, comma 3, della succitata legge n. 398 del 1989.

Dello stesso tenore è, altresí, il disposto dell'art. 6 della stessa legge n. 398 del 1989 che -- contrariamente a quanto ritenuto nell'ordinanza di rinvio -- riafferma il divieto di cumulo delle borse di studio, "tranne quelle concesse da istituzioni nazionali o straniere utili a integrare, con soggiorni all'estero, l'attività di formazione o di ricerca dei borsisti". Si tratta, in altri termini, di attività integrative che possono essere inserite nel programma del dottorato di ricerca, con trattamenti aggiuntivi ed integrativi che sviluppano il sistema degli artt. 72 e 75 del d.P.R. n. 382 del 1980 citato, consentendo il finanziamento dei periodi all'estero anche con apposite borse di istituzioni nazionali e straniere, sempre nell'ambito del programma di ricerca dei borsisti. Con ciò è consentito un finanziamento aggiuntivo rispetto ai fondi per il dottorato di ricerca, spesso incapienti per sopportare l'elevazione fino al cinquanta per cento per i periodi all'estero (art. 75, secondo comma, del d.P.R. n. 382 del 1980).

Pertanto, la materia del cumulo non risulta sostanzialmente modificata, come del resto, appare anche dagli Atti parlamentari della legge n. 398 del 1989.

Alla luce delle suesposte considerazioni, il denunciato contrasto della norma censurata con l'art. 34, terzo e quarto comma, della Costituzione, deve ritenersi insussistente e per conseguenza la relativa questione va dichiarata non fondata.

PER QUESTI MOTIVI

LA CORTE COSTITUZIONALE

dichiara non fondata la questione di legittimità costituzionale dell'art. 74, ultimo comma, del d.P.R. 11 luglio 1980, n. 382 (Riordinamento della docenza universitaria, relativa fascia di formazione nonché sperimentazione organizzativa e didattica) sollevata, in riferimento all'art. 34, terzo e quarto comma, della Costituzione, dal Tribunale amministrativo regionale del Lazio, con l'ordinanza in epigrafe.

Così deciso in Roma, nella sede della Corte costituzionale, Palazzo della Consulta, il 14 giugno 1996.

Mauro FERRI, Presidente

Riccardo CHIEPPA, Redattore

Depositata in cancelleria il 21 giugno 1996.