Ordinanza n. 202 del 1996

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ORDINANZA N. 202

ANNO 1996

 

REPUBBLICA ITALIANA

IN NOME DEL POPOLO ITALIANO

LA CORTE COSTITUZIONALE

composta dai signori Giudici:

-     Avv. Mauro FERRI, Presidente

-     Prof. Luigi MENGONI

-     Prof. Enzo CHELI

-     Dott. Renato GRANATA

-     Prof. Giuliano VASSALLI

-     Prof. Francesco GUIZZI

-     Prof. Cesare MIRABELLI

-     Prof. Fernando SANTOSUOSSO

-     Avv. Massimo VARI

-     Dott. Cesare RUPERTO

-     Dott. Riccardo CHIEPPA

-     Prof. Gustavo ZAGREBELSKY

-     Prof. Valerio ONIDA

-     Prof. Carlo MEZZANOTTE

ha pronunciato la seguente

ORDINANZA

nel giudizio di legittimità costituzionale dell'art. 12, comma 5, del decreto-legge 27 aprile 1990, n. 90 (Disposizioni in materia di determinazione del reddito ai fini delle imposte sui redditi, di rimborsi dell'imposta sul valore aggiunto e di contenzioso tributario, nonché altre disposizioni urgenti), convertito nella legge 26 giugno 1990, n. 165, promosso con ordinanza emessa il 2 ottobre 1995 dal Pretore di Genova nei procedimenti civili riuniti vertenti tra la Ditta Livraghi Silvano ed altre e l'Amministrazione delle finanze, iscritta al n. 891 del registro ordinanze 1995 e pubblicata nella Gazzetta Ufficiale della Repubblica n. 53, prima serie speciale, dell'anno 1995.

Visto l'atto di costituzione della Ditta Livraghi Silvano ed altre nonché l'atto di intervento del Presidente del Consiglio dei ministri;

udito nell'udienza pubblica del 28 maggio 1996 il Giudice relatore Fernando Santosuosso;

udito l'avvocato Raffaele De Sanctis per la Ditta Livraghi Silvano ed altre e l'Avvocato dello Stato Giuseppe O. Russo per il Presidente del Consiglio dei ministri.

RITENUTO che nel corso di alcuni giudizi riuniti promossi dalla Ditta Livraghi Silvano ed altre nei confronti dell'Amministrazione delle finanze, aventi ad oggetto la rideterminazione del canone di locazione degli immobili di proprietà dello Stato, il Pretore di Genova, con ordinanza emessa in data 2 ottobre 1995, ha sollevato, in riferimento all'art. 3 della Costituzione, questione di legittimità costituzionale dell'art. 12, comma 5, del decreto-legge 27 aprile 1990, n. 90 (Disposizioni in materia di determinazione del reddito ai fini delle imposte sui redditi, di rimborsi dell'imposta sul valore aggiunto e di contenzioso tributario, nonché altre disposizioni urgenti), convertito, con modificazioni, nella legge 26 giugno 1990, n. 165, nella parte in cui applica gli aumenti ivi previsti anche ai canoni di locazione di immobili del patrimonio disponibile dello Stato, destinati ad uso diverso da quello abitativo, relativamente ai contratti in corso al momento dell'entrata in vigore della legge;

che a parere del giudice a quo la norma impugnata, con l'escludere espressamente dagli aumenti le concessioni delle grandi derivazioni ad uso idroelettrico, di attingimento di acque pubbliche per uso potabile o di irrigazione agricola, nonché i canoni degli immobili concessi o locati ad uso di alloggio, implicitamente consente di far luogo all'aumento dei canoni relativi agli immobili appartenenti allo Stato locati però ad uso diverso da quello abitativo;

che la norma impugnata si porrebbe pertanto in contrasto con l'art. 3 della Costituzione in quanto introduce una disparità di trattamento tra i conduttori di immobili di proprietà di privati ed i locatari di immobili di proprietà pubblica;

che nel giudizio avanti alla Corte costituzionale si sono costituiti alcuni ricorrenti insistendo per l'accoglimento della sollevata questione;

che è intervenuto il Presidente del Consiglio dei ministri, rappresentato e difeso dall'Avvocatura generale dello Stato concludendo per la infondatezza della questione;

che in prossimità dell'udienza ha presentato memoria l'Avvocatura generale dello Stato chiedendo che la questione, oltre che infondata per i motivi già espressi nell'atto di intervento, dovrebbe essere dichiarata inammissibile per difetto di rilevanza.

CONSIDERATO che il giudice a quo, nel sollevare tale questione, ha omesso di precisare la natura del corrispettivo dovuto alla pubblica amministrazione, l'entità dell'aumento del canone richiesto, la causale dello stesso e la relativa decorrenza;

che, come correttamente rilevato dall'Avvocatura dello Stato, il Pretore di Genova non ha chiarito se tali aumenti siano da ritenere effettivamente "imposti" in considerazione di interessi pubblicistici, e cioè richiesti al di fuori del momento di rinnovazione e delle normali vicende di un contratto di locazione regolato dal diritto privato;

che, in mancanza dei dati di cui sopra, l'oggetto del giudizio risulta essere indicato in maniera generica ed approssimativa;

che, pertanto, la questione è da ritenersi manifestamente inammissibile per difetto di motivazione in ordine al requisito della rilevanza.

PER QUESTI MOTIVI

LA CORTE COSTITUZIONALE

dichiara la manifesta inammissibilità della questione di legittimità costituzionale dell'art. 12, comma 5, del decreto-legge 27 aprile 1990, n. 90 (Disposizioni in materia di determinazione del reddito ai fini delle imposte sui redditi, di rimborsi dell'imposta sul valore aggiunto e di contenzioso tributario, nonché altre disposizioni urgenti), convertito, con modificazioni, nella legge 26 giugno 1990, n. 165, sollevata, in riferimento all'art. 3 della Costituzione, dal Pretore di Genova con l'ordinanza indicata in epigrafe.

Così deciso in Roma, nella sede della Corte costituzionale, Palazzo della Consulta, il 10 giugno 1966.

Mauro FERRI, Presidente

Fernando SANTOSUOSSO, Redattore

Depositata in cancelleria il 17 giugno 1996.