Ordinanza n. 190 del 1996

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ORDINANZA N. 190

ANNO 1996

 

REPUBBLICA ITALIANA

IN NOME DEL POPOLO ITALIANO

LA CORTE COSTITUZIONALE

composta dai signori Giudici:

-     Prof. Luigi MENGONI, Presidente

-     Prof. Enzo CHELI

-     Dott. Renato GRANATA

-     Prof. Giuliano VASSALLI

-     Prof. Francesco GUIZZI

-     Prof. Cesare MIRABELLI

-     Prof. Fernando SANTOSUOSSO

-     Avv. Massimo VARI

-     Dott. Cesare RUPERTO

-     Dott. Riccardo CHIEPPA

-     Prof. Gustavo ZAGREBELSKY

-     Prof. Valerio ONIDA

-     Prof. Carlo MEZZANOTTE

ha pronunciato la seguente

ORDINANZA

nel giudizio di legittimità costituzionale dell'art. 8, comma 5, del decreto-legge 21 marzo 1988, n. 86 (Norme in materia previdenziale, di occupazione giovanile e di mercato del lavoro, nonché per il potenziamento del sistema informatico del Ministero del lavoro e della previdenza sociale), convertito nella legge 20 maggio 1988, n. 160, promosso con ordinanza emessa il 14 aprile 1995 dal Pretore di La Spezia nel procedimento civile vertente tra Conversa Antonio e S.p.a. OTO Melara ed altro, iscritta al n. 497 del registro ordinanze 1995 e pubblicata nella Gazzetta Ufficiale della Repubblica n. 38, prima serie speciale, dell'anno 1995.

Visti gli atti di costituzione della S.p.a. OTO Melara e dell'INPS, nonché l'atto di intervento del Presidente del Consiglio dei ministri;

udito nella camera di consiglio del 15 maggio 1996 il Giudice relatore Luigi Mengoni.

RITENUTO che, nel corso del giudizio promosso da Antonio Conversa contro la S.p.a. OTO Melara e altro per ottenere la restituzione della somma di 9.461.000 lire trattenutagli per conto dell'INPS sulla liquidazione del trattamento di fine lavoro in quanto indebitamente percepita a titolo di integrazione salariale straordinaria per il periodo 2 marzo 1992-31 ottobre 1992, avendo il ricorrente prestato attività lavorativa non comunicata dal 14 settembre al 15 ottobre 1992, il Pretore di La Spezia, con ordinanza del 14 aprile 1995, ha sollevato, in riferimento agli artt. 36 e 38 Cost., questione di legittimità costituzionale dell'art. 8, comma 5, del d.l. 21 marzo 1988, n. 86, convertito nella legge 20 maggio 1988, n. 160, che prevede la decadenza del lavoratore dal diritto al trattamento di integrazione salariale, qualora non abbia provveduto a dare preventiva comunicazione all'INPS dello svolgimento di attività lavorativa, senza stabilire "alcun limite per la trattenuta in considerazione del lavoro effettivamente prestato e del reddito effettivamente ricavato";

che al giudice rimettente la sanzione della decadenza dell'intero trattamento di integrazione salariale, confrontata con l'analoga sanzione prevista dal precedente comma 4 nel limite delle giornate di lavoro effettuate, appare eccessiva e pertanto censurabile alla stregua dei parametri costituzionali richiamati;

che nel giudizio davanti alla Corte costituzionale si sono costituiti la Società OTO Melara e l'INPS chiedendo che la questione sia dichiarata inammissibile o infondata;

che è intervenuto il Presidente del Consiglio dei ministri, rappresentato dall'Avvocatura dello Stato, concludendo per una dichiarazione di manifesta infondatezza.

CONSIDERATO che l'art. 8, comma 4, del d.l. n. 86 del 1988 non prevede una sanzione di decadenza, bensì stabilisce l'incompatibilità tra attività lavorativa retribuita (il cui svolgimento deve essere dal lavoratore preventivamente comunicato all'INPS) e fruizione del trattamento di integrazione salariale, disponendo conseguentemente la sospensione del trattamento per le giornate di lavoro effettuate;

che, pertanto, con questa norma non è confrontabile la disposizione impugnata, la quale sanziona l'incompatibilità comminando al lavoratore, che non adempia il detto obbligo di comunicazione, la decadenza dal diritto all'integrazione salariale;

che la natura della sanzione e del fatto sanzionato escludono la possibilità di graduazione secondo un criterio di proporzione, il quale non potrebbe essere attuato se non limitando contraddittoriamente la decadenza alle giornate effettuate, cioè sopprimendo in realtà la sanzione ed equiparando i cassaintegrati che svolgono un lavoro retribuito senza informarne l'INPS e quelli che correttamente assolvono l'obbligo di comunicazione;

che non può dirsi violato l'art. 38 Cost. da una norma, come quella in esame, che si propone di garantire che le risorse disponibili per gli interventi di integrazione salariale siano effettivamente destinate al sostegno dei disoccupati;

che nemmeno è prospettabile una violazione dell'art. 36, primo comma, Cost., il quale in materia previdenziale può essere richiamato solo per il tramite dell'art. 38 e nei limiti di questo.

Visti gli artt. 26, secondo comma, della legge 11 marzo 1953, n. 87, e 9, secondo comma, delle norme integrative per i giudizi davanti alla Corte costituzionale.

PER QUESTI MOTIVI

LA CORTE COSTITUZIONALE

dichiara la manifesta infondatezza della questione di legittimità costituzionale dell'art. 8, comma 5, del decreto-legge 21 marzo 1988, n. 86 (Norme in materia previdenziale, di occupazione giovanile e di mercato del lavoro, nonché per il potenziamento del sistema informatico del Ministero del lavoro e della previdenza sociale), convertito in legge 20 maggio 1988, n. 160, sollevata, in riferimento agli artt. 36, primo comma, e 38, secondo comma, della Costituzione, dal Pretore di La Spezia con l'ordinanza in epigrafe.

Così deciso in Roma, nella sede della Corte costituzionale, Palazzo della Consulta, il 29 maggio 1996.

Luigi MENGONI, Presidente

Luigi MENGONI, Redattore

Depositata in cancelleria il 7 giugno 1996.