Ordinanza n. 169 del 1996

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ORDINANZA N. 169

ANNO 1996

 

REPUBBLICA ITALIANA

IN NOME DEL POPOLO ITALIANO

LA CORTE COSTITUZIONALE

composta dai signori Giudici:

-     Avv. Mauro FERRI, Presidente

-     Prof. Luigi MENGONI

-     Prof. Enzo CHELI

-     Dott. Renato GRANATA

-     Prof. Giuliano VASSALLI

-     Prof. Francesco GUIZZI

-     Prof. Cesare MIRABELLI

-     Prof. Fernando SANTOSUOSSO

-     Avv. Massimo VARI

-     Dott. Cesare RUPERTO

-     Dott. Riccardo CHIEPPA

-     Prof. Gustavo ZAGREBELSKY

-     Prof. Valerio ONIDA

-     Prof. Carlo MEZZANOTTE

ha pronunciato la seguente

ORDINANZA

nel giudizio di legittimità costituzionale degli artt. 31 della legge 28 febbraio 1985, n. 47 (Norme in materia di controllo dell'attività urbanistico-edilizia, sanzioni, recupero e sanatoria delle opere edilizie), e 39, commi 1 e 8, della legge 23 dicembre 1994, n. 724 (Misure di razionalizzazione della finanza pubblica), promosso con ordinanza emessa il 4 luglio 1995 dal Pretore di Udine, sezione distaccata di Cividale del Friuli, nel procedimento penale a carico di Zorzettig Francesco ed altra, iscritta al n. 801 del registro ordinanze 1995 e pubblicata nella Gazzetta Ufficiale della Repubblica n. 48, prima serie speciale, dell'anno 1995.

Visto l'atto di intervento del Presidente del Consiglio dei ministri;

udito nella camera di consiglio del 26 marzo 1996 il Giudice relatore Riccardo Chieppa.

RITENUTO che il Pretore di Udine -- sezione distaccata di Cividale del Friuli -- nel corso di un procedimento penale a carico di F. Zorzettig ed altra -- imputati del reato di cui all'art. 1-sexies del decreto-legge 27 giugno 1985, n. 312, convertito, con modificazioni, nella legge 8 agosto 1985, n. 431 -- ha sollevato, in riferimento all'art. 3 della Costituzione, questione di legittimità costituzionale dell'art. 31 della legge 28 febbraio 1985, n. 47 (Norme in materia di controllo dell'attività urbanistico-edilizia, sanzioni, recupero e sanatoria delle opere edilizie) e dell'art. 39, commi 1 e 8, della legge 23 dicembre 1994, n. 724 (Misure di razionalizzazione della finanza pubblica), nella parte in cui "non consentono la sanatoria di opere abusive per le quali sia già stata rilasciata regolare concessione edilizia" pur in assenza della sola autorizzazione paesaggistica, nonché dello stesso art. 39, comma 8, nella parte in cui "subordina l'estinzione del reato di cui all'art. 1-sexies succitato al rilascio della concessione edilizia o della autorizzazione in sanatoria";

che ad avviso del giudice a quo, la normativa impugnata prevedendo che la domanda di condono possa essere presentata solamente in relazione alle opere di cui all'art. 31, primo comma, della legge n. 47 del 1985, ovvero a quelle eseguite senza concessione -- e non a quelle realizzate in assenza della sola autorizzazione paesaggistica prevista dall'art. 7 della legge n. 1497 del 1939 -- si porrebbe in contrasto con l'art. 3 della Costituzione. Più in particolare, in virtù della normativa censurata sarebbe consentito a coloro che hanno realizzato interventi urbanistici in zone sottoposte a vincolo, senza richiedere concessione né autorizzazione paesaggistica, di sanare anche il reato conseguente alla violazione del vincolo attraverso il conseguimento dell'autorizzazione da parte delle autorità preposte alla tutela del vincolo e non sarebbe, invece, previsto tale effetto favorevole per coloro che abbiano realizzato analoghi interventi, richiedendo ed ottenendo la concessione edilizia, ma in assenza di autorizzazione paesaggistica;

che, sempre secondo il giudice a quo, ne conseguirebbe una "evidente" disparità di trattamento in quanto verrebbero avvantaggiati coloro che avrebbero posto in essere "condotte di maggior rilievo sul piano penale"; l'impossibilità di applicare la normativa sul condono ai soli illeciti paesaggistici, non correlati ad una violazione edilizia, deriverebbe dal testo stesso dell'art. 39, comma 8, della legge n. 724 del 1994, nel quale l'effetto estintivo del "reato per violazione del vincolo" sarebbe espressamente ricondotto al "rilascio della concessione o della autorizzazione in sanatoria, subordinato al conseguimento delle autorizzazioni preposte alla tutela del vincolo"; infine detta interpretazione sarebbe conforme all'art. 39, comma 1, che richiama le disposizioni della legge n. 47 del 1985 nella parte in cui non siano modificate dallo stesso art. 39;

che nel giudizio è intervenuto il Presidente del Consiglio dei ministri, rappresentato e difeso dall'Avvocatura generale dello Stato, che ha concluso per la manifesta infondatezza della questione, rilevando che identica questione è stata già dichiarata non fondata da questa Corte con sentenza n. 427 del 1995.

CONSIDERATO che identica questione, sollevata dal medesimo giudice a quo, con ordinanze del 16 febbraio 1995, iscritte ai nn. 275, 276 e 277 del registro ordinanze 1995,

è stata dichiarata non fondata con sentenza n. 427 del 1995 in quanto basata su un errato presupposto interpretativo poiché la concessione edilizia già ottenuta non esclude la possibilità di condono e di oblazione al fine di eliminare incertezze (anche meramente soggettive) o dubbi di validità (nella maggior parte dei casi le autorizzazioni per costruzioni ed opere su immobili o aree sottoposti a vincoli sono presupposto per la regolarità della procedura edilizia) ovvero eliminare in radice la possibilità di annullamento, di contestazioni e la possibilità di sanzioni per vizi sia formali o procedurali sia sostanziali, facendo conseguire al richiedente il condono, la certezza giuridica della situazione edilizia dell'opera;

che la concessione edilizia a suo tempo ottenuta può coesistere con una concessione ottenibile in sanatoria e concorre a formare, insieme alla concessione in sanatoria sulla base del condono-oblazione, la fattispecie completata dal rilascio della autorizzazione dell'autorità preposta al vincolo, prevista dall'art. 39, comma 8, della legge 23 dicembre 1994, n. 724, che determina l'effetto estintivo del reato (in tal caso di sola violazione del vincolo ai sensi delle leggi 1° giugno 1939, n. 1089, 29 giugno 1939, n. 1497 e del d.l. 27 giugno 1985, n. 312, convertito con modificazioni nella legge 8 agosto 1985, n. 431);

che -- giova precisare -- la fattispecie presa in esame dal citato comma 8 dell'art. 39 si riferisce, per quanto riguarda i reati per violazione dei vincoli surrichiamati, alle sole infrazioni meramente formali, cioè mancanza di autorizzazione in ipotesi (esclusiva) di opera sostanzialmente conforme alle esigenze di tutela, tanto da potere essere successivamente oggetto di sopravvenuta autorizzazione in sanatoria;

che in altri termini la estinzione dei reati anzidetti (violazione del vincolo) è effetto ulteriore del condono-sanatoria edilizio per volontà del legislatore solo quando l'autorità preposta al vincolo abbia, con una valutazione di compatibilità con le esigenze sostanziali di tutela del vincolo medesimo, ritenuta autorizzabile l'opera già eseguita.

Visti gli artt. 26, secondo comma, della legge 11 marzo 1953, n. 57, e 9, secondo comma, delle norme integrative per i giudizi avanti alla Corte costituzionale.

PER QUESTI MOTIVI

LA CORTE COSTITUZIONALE

dichiara la manifesta infondatezza della questione di legittimità_ costituzionale dell'art. 31 della legge 28 febbraio 1985, n. 47 (Norme in materia di controllo dell'attività urbanistico-edilizia, sanzioni, recupero e sanatoria delle opere edilizie), nonché dell'art. 39, commi 1 e 8, della legge 23 dicembre 1994, n. 724 (Misure di razionalizzazione della finanza pubblica), sollevata, in riferimento all'art. 3 della Costituzione, dal Pretore di Udine -- sezione distaccata di Cividale del Friuli -- con la ordinanza indicata in epigrafe.

Così deciso in Roma, nella sede della Corte costituzionale, Palazzo della Consulta, il 16 maggio 1996.

Mauro FERRI, Presidente

Riccardo CHIEPPA, Redattore

Depositata in cancelleria il 24 maggio 1996.