Sentenza n. 135 del 1996

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SENTENZA N. 135

ANNO 1996

 

REPUBBLICA ITALIANA

IN NOME DEL POPOLO ITALIANO

LA CORTE COSTITUZIONALE

composta dai signori Giudici:

-     Avv. Mauro FERRI, Presidente

-     Prof. Luigi MENGONI

-     Prof. Enzo CHELI

-     Dott. Renato GRANATA

-     Prof. Giuliano VASSALLI

-     Prof. Francesco GUIZZI

-     Prof. Cesare MIRABELLI

-     Prof. Fernando SANTOSUOSSO

-     Avv. Massimo VARI

-     Dott. Cesare RUPERTO

-     Dott. Riccardo CHIEPPA

-     Prof. Gustavo ZAGREBELSKY

-     Prof. Valerio ONIDA

-     Prof. Carlo MEZZANOTTE

ha pronunciato la seguente

SENTENZA

nel giudizio di legittimità costituzionale dell'art. 7, comma 7, della legge 25 marzo 1993, n. 81 (Elezione diretta del sindaco, del presidente della provincia, del consiglio comunale e del consiglio provinciale) promosso con ordinanza emessa il 1° marzo 1995 dal Tribunale amministrativo regionale per la Lombardia sul ricorso proposto da Salvatore Rizzo contro il Comune di Trezzano sul Naviglio ed altra, iscritta al n. 328 del registro ordinanze 1995 e pubblicata nella Gazzetta Ufficiale della Repubblica n. 24, prima serie speciale, dell'anno 1995.

Visto l'atto di intervento del Presidente del Consiglio dei ministri;

udito nella camera di consiglio del 21 febbraio 1996 il Giudice relatore Cesare Mirabelli.

Ritenuto in fatto

1. -- Nel corso di un giudizio, promosso da una candidata alle elezioni del 20 novembre - 4 dicembre 1994 per il rinnovo del consiglio comunale di Trezzano sul Naviglio, diretto ad ottenere l'annullamento delle operazioni compiute dall'Ufficio elettorale centrale per il riparto dei seggi e per la loro attribuzione, il Tribunale amministrativo regionale per la Lombardia ha sollevato, con ordinanza emessa il 1° marzo 1995, questione di legittimità costituzionale dell'art. 7, comma 7, della legge 25 marzo 1993, n. 81 (Elezione diretta del sindaco, del presidente della provincia, del consiglio comunale e del consiglio provinciale), nella parte in cui prevede la detrazione, dai seggi complessivamente attribuiti al gruppo di liste collegate, del seggio spettante al candidato sindaco non eletto, anche nel caso di liste collegate con detto candidato solo nel primo turno e che nel turno di ballottaggio abbiano aderito ad una diversa coalizione.

L'Ufficio centrale elettorale aveva assegnato i seggi in applicazione dell'art. 7 della legge n. 81 del 1993: il 60 per cento alle liste collegate con il sindaco eletto ed il restante 40 per cento alle liste di minoranza (art. 7, comma 6). Nell'ambito di queste ultime i seggi erano stati ripartiti in base alla graduatoria dei quozienti elettorali ottenuti da ciascuna lista o gruppo di liste collegate e, all'interno di ciascun gruppo, in base ai quozienti più alti ottenuti dividendo la cifra elettorale di ciascuna lista, corrispondente ai voti riportati al primo turno (art. 7, commi 4 e 5).

L'Ufficio centrale elettorale aveva quindi detratto il seggio di consigliere da assegnare al candidato alla carica di sindaco ammesso al ballottaggio, ma non eletto, dai seggi complessivamente attribuiti al gruppo di liste con lui collegate (art. 7, comma 7). Aveva, inoltre, ritenuto di applicare la stessa disposizione per detrarre, dai seggi complessivamente spettanti al medesimo gruppo di liste, anche il seggio da attribuire al candidato alla carica di sindaco non ammesso al ballottaggio, che al primo turno era collegato con una lista, collegata poi, al secondo turno, con il candidato alla carica di sindaco ammesso al ballottaggio.

Proprio questa seconda prededuzione era stata contestata dalla ricorrente dinanzi al giudice amministrativo, sostenendo che l'Ufficio centrale elettorale aveva erroneamente applicato l'art. 7, comma 7, della legge n. 81 del 1993: al candidato alla carica di sindaco non eletto al primo turno e non ammesso al ballottaggio avrebbe dovuto essere assegnato un seggio spettante alla lista con la quale questi era collegato al primo turno.

Il Tribunale amministrativo regionale per la Lombardia, condividendo l'interpretazione dell'Ufficio centrale elettorale, ritiene che il collegamento di più liste con il medesimo candidato alla carica di sindaco sussista sia per il candidato sindaco collegato con l'intero gruppo di liste coalizzate nel turno di ballottaggio, sia per il candidato sindaco che era collegato nel primo turno con una sola lista, acceduta alla coalizione solo nel secondo turno. Ma, così interpretato l'art. 7, comma 7, della legge n. 81 del 1993, il giudice rimettente ne denuncia il contrasto con gli artt. 1, secondo comma, 3, 48, secondo comma, 49 e 51, primo comma, della Costituzione. Il Tribunale amministrativo ritiene ragionevole che il seggio da attribuire al candidato sindaco sostenuto in entrambi i turni dall'apporto di più liste venga dedotto dai seggi dell'intero raggruppamento, evitando di gravare sulla lista che ha avuto maggiori consensi; ma considera che non si possa dire altrettanto per il candidato sindaco collegato nel primo turno con liste che entrano nella coalizione solo nel turno di ballottaggio. Le due situazioni, oggettivamente diverse, sarebbero state trattate dalla legge in modo identico, violando l'art. 3 della Costituzione. Inoltre sarebbe stato leso il principio di uguaglianza del voto (art. 48, secondo comma, Cost.), che non solo comporta il divieto di attribuire al voto stesso un peso diverso a seconda delle qualità personali dell'elettore, ma richiede, ad avviso del giudice rimettente, anche l'applicazione di un criterio di maggioranza e proporzionalità, perché sia eletto chi ha più voti, in rispondenza al principio di sovranità popolare (art. 1, secondo comma, Cost.).

Il giudice rimettente prospetta, inoltre, il dubbio di legittimità costituzionale sia in relazione alla garanzia per tutti i cittadini di accedere alle cariche elettive in condizioni di eguaglianza (art. 51, primo comma, Cost.), sia in relazione all'art. 49 della Costituzione, dal quale desume la regola del pari trattamento delle liste elettorali, considerate come partiti politici nel momento elettorale.

2. -- E' intervenuto in giudizio il Presidente del Consiglio dei ministri, rappresentato e difeso dall'Avvocatura generale dello Stato, sostenendo una interpretazione della disposizione denunciata diversa da quella prospettata dall'ordinanza di rimessione. La detrazione del seggio di consigliere da attribuire al candidato sindaco non eletto a tale carica dovrebbe essere operata esclusivamente dai seggi spettanti alle liste collegate con i medesimi candidati. Difatti l'art. 7, comma 7, della legge n. 81 del 1993 consente la detrazione, dal totale dei seggi spettanti alla coalizione, del seggio del candidato a sindaco collegato con l'intero gruppo, ma non del seggio da attribuire al candidato sindaco collegato al primo turno con una delle liste, seggio che deve essere detratto esclusivamente dai seggi da assegnare a tale lista.

Ad avviso dell'Avvocatura la disposizione denunciata, così interpretata, sfuggirebbe del tutto alle censure di incostituzionalità.

Considerato in diritto

1. -- La questione di legittimità costituzionale concerne i criteri stabiliti dall'art. 7, comma 7, della legge 25 marzo 1993 n. 81, per l'assegnazione del seggio di consigliere comunale al candidato sindaco non eletto a tale carica. Questa disposizione, nel contesto della disciplina dell'elezione diretta del sindaco e del consiglio comunale nei Comuni con popolazione superiore a 15.000 abitanti, stabilisce che, una volta determinato il numero dei seggi spettanti a ciascuna lista o gruppo di liste collegate, sono in primo luogo proclamati eletti alla carica di consigliere i candidati alla carica di sindaco, non risultati eletti, collegati con ciascuna lista che abbia ottenuto almeno un seggio. In caso di collegamento con più liste, il seggio attribuito al candidato non eletto sindaco è detratto dai seggi complessivamente attribuiti al gruppo di liste collegate.

Il Tribunale amministrativo regionale per la Lombardia ritiene che la prededuzione dai seggi da attribuire in consiglio comunale al raggruppamento di liste collegate nel secondo turno operi sia per il candidato sindaco con esse collegato nel ballottaggio, sia per il candidato sindaco che non ha partecipato al ballottaggio, ma che era collegato nel primo turno con una lista acceduta alla coalizione per il ballottaggio.

Così interpretata, la disposizione avrebbe l'effetto di sottrarre all'intera coalizione un seggio di consigliere che, non gravando sulla sola lista collegata al candidato sindaco non ammesso al ballottaggio, avvantaggerebbe quest'ultima lista, la quale, partecipando egualmente alla ripartizione degli altri seggi, otterrebbe una rappresentanza non proporzionata ai voti conseguiti. La norma sarebbe in contrasto con diversi parametri costituzionali: con l'art. 3, perché sarebbe irragionevole trattare in modo identico fattispecie oggettivamente diverse; con l'art. 48, secondo comma, in relazione al principio di sovranità popolare (art. 1, secondo comma), perché l'eguaglianza del voto non riguarderebbe solo l'irrilevanza delle qualità personali di chi lo esprime, ma implicherebbe anche l'adozione di un criterio di maggioranza e di proporzionalità, per concretare la regola che è eletto chi ha più voti; con l'art. 51, primo comma, che garantisce l'accesso alle cariche elettive in condizioni di eguaglianza; con l'art. 49, che implica il pari trattamento delle liste, da considerare come i partiti politici nel momento elettorale.

2. -- La questione non è fondata.

Il Tribunale amministrativo regionale per la Lombardia, nel prospettare il dubbio di legittimità costituzionale, muove dal presupposto che il collegamento tra candidato alla carica di sindaco e liste per l'elezione del consiglio comunale non solo rimanga fermo tra primo e secondo turno anche per il candidato non ammesso al ballottaggio, ma comporti inoltre la prededuzione del seggio da attribuire a quest'ultimo dal numero complessivo dei seggi di consigliere conseguiti dal gruppo di liste al quale si è aggregata, al secondo turno, la lista con lui collegata al primo e, per lui, unico turno di votazione. Con la conseguenza che la prededuzione del seggio di consigliere per il candidato alla carica di sindaco opererebbe sullo stesso raggruppamento per due diversi candidati: sia per quello che ha partecipato al ballottaggio in collegamento con tutte le liste del suo raggruppamento, sia per quello che non ha partecipato al ballottaggio, ma che era collegato al primo turno con una lista acceduta ad altro raggruppamento per il turno di ballottaggio. Sicché la prededuzione del seggio inciderebbe non solo sulla lista, o sulle liste, collegate con il candidato sindaco non eletto, ma anche su liste mai collegate con tale candidato.

Questo esito -- denunziato come lesivo del principio di eguaglianza, irrazionale e distorsivo della espressione del voto e del pari trattamento dei candidati e delle liste elettorali -- è del tutto estraneo al sistema delineato dalla legge n. 81 del 1993, che configura il collegamento tra lista e candidato sindaco come effetto di una dichiarazione bilaterale e convergente del candidato sindaco e del rappresentante di ciascuna lista. Pur consentendo ad una lista, collegata con un candidato sindaco non ammesso al ballottaggio, di collegarsi al secondo turno con uno dei due candidati ammessi al ballottaggio, in modo da favorire l'aggregazione di liste in base all'affinità di programma politico-amministrativo unitariamente rappresentata dal comune ed unico candidato sindaco, la legge non prevede affatto il trascinamento nell'ambito del raggruppamento ammesso al ballottaggio anche del candidato sindaco non ammesso al ballottaggio, per il quale le altre liste del raggruppamento non hanno espresso, né potrebbero esprimere, alcuna dichiarazione di collegamento.

La lettura del sistema delineato dalla legge, in ordine alla quale non si è formata una interpretazione consolidata, non è, dunque, quella prospettata dall'ordi-nanza di rimessione.

Se pur si ritiene, seguendo l'interpretazione più diffusamente proposta, che debba permanere l'effetto del collegamento dichiarato per il primo turno tra candidato sindaco e lista, anche quando quest'ultima modifichi la propria posizione e si colleghi per il secondo turno con altro candidato sindaco, ammesso al ballottaggio, la prededuzione del seggio di consigliere da assegnare al candidato sindaco non ammesso al ballottaggio non può che operare nell'ambito dei seggi da attribuire alla lista, o alle liste, collegate con tale candidato al primo turno.

Possono essere, dunque, agevolmente configurate interpretazioni diverse da quella presupposta dal giudice rimettente, le quali, escludendo la partecipazione di liste non collegate con il candidato sindaco, non eletto a tale carica, all'onere per l'attribuzione a questi di un seggio di consigliere, individuano un contenuto della disposizione privo di quegli effetti denunciati come irragionevolmente distorsivi dell'espressione del voto e del pari trattamento dei candidati e delle liste elettorali.

Rientra, poi, nei compiti del giudice del merito preferire una interpretazione, tra quelle possibili, che consenta di attribuire alla disposizione un significato compatibile con i principi costituzionali.

PER QUESTI MOTIVI

LA CORTE COSTITUZIONALE

dichiara non fondata la questione di legittimità dell'art. 7, comma 7, della legge 25 marzo 1993, n. 81 (Elezione diretta del sindaco, del presidente della provincia, del consiglio comunale e del consiglio provinciale), sollevata, in riferimento agli artt. 1, secondo comma, 3, 48, secondo comma, 49 e 51, primo comma, della Costituzione, dal Tribunale amministrativo regionale per la Lombardia con l'ordinanza indicata in epigrafe.

Così deciso in Roma, nella sede della Corte costituzionale, Palazzo della Consulta, il 18 aprile 1996.

Mauro FERRI, Presidente

Cesare MIRABELLI, Redattore

Depositato in cancelleria il 29 aprile 1996.