Ordinanza n. 122 del 1996

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ORDINANZA N. 122

ANNO 1996

 

REPUBBLICA ITALIANA

IN NOME DEL POPOLO ITALIANO

LA CORTE COSTITUZIONALE

composta dai signori Giudici:

-     Avv. Mauro FERRI, Presidente

-     Prof. Luigi MENGONI

-     Prof. Enzo CHELI

-     Dott. Renato GRANATA

-     Prof. Giuliano VASSALLI

-     Prof. Francesco GUIZZI

-     Prof. Cesare MIRABELLI

-     Prof. Fernando SANTOSUOSSO

-     Avv. Massimo VARI

-     Dott. Cesare RUPERTO

-     Dott. Riccardo CHIEPPA

-     Prof. Gustavo ZAGREBELSKY

-     Prof. Carlo MEZZANOTTE

ha pronunciato la seguente

ORDINANZA

nel giudizio di legittimità costituzionale dell'articolo unico della legge della Regione Puglia 8 gennaio 1992, n. 2 (Norme di adeguamento alla sentenza della Corte costituzionale n. 240 del 3 maggio 1990) e dell'art. 28, commi 1, 2 e 3, della legge della Regione Puglia 17 giugno 1994, n. 21 (Bilancio di previsione per l'esercizio finanziario 1994 e bilancio pluriennale 1994-1996) promosso con ordinanza emessa l'11 gennaio 1995 dalla Corte dei conti, sezione giurisdizionale per la Regione Puglia, nel giudizio di responsabilità nei confronti di Lupo Antonio ed altri, iscritta al n. 412 del registro ordinanze 1995 e pubblicata nella Gazzetta Ufficiale della Repubblica n. 28, prima serie speciale, dell'anno 1995 Visti gli atti di intervento della Regione Puglia, nonché di Maulucci Diego

udito nella camera di consiglio del 21 febbraio 1996 il Giudice relatore Gustavo Zagrebelsky

RITENUTO che nel corso di un giudizio di responsabilità per danno erariale, promosso dal Procuratore regionale della Corte dei conti avverso amministratori e funzionari della Regione Puglia, la Corte dei conti, sezione giurisdizionale di quella regione, con ordinanza emessa l'11 gennaio 1995, ha sollevato questioni di legittimità costituzionale dell'articolo unico della legge della Regione Puglia 8 gennaio 1992, n. 2 (Norme di adeguamento alla sentenza della Corte costituzionale n. 240 del 3 maggio 1990) e dell'art. 28, commi 1, 2 e 3, della legge regionale 17 giugno 1994, n. 21 (Bilancio di previsione per l'esercizio finanziario 1994 e bilancio pluriennale 1994-1996), in riferimento agli artt. 3, 24, 81, quarto comma, 103, secondo comma, e 117 della Costituzione

che il giudice rimettente premette che, con alcune delibere adottate il 18 febbraio 1985, il Comitato esecutivo dell'Ente regionale per lo sviluppo agricolo della Puglia (ERSAP) dispose in favore del personale in servizio presso l'Ente, in analogia con quanto avveniva per il personale regionale, la liquidazione in dodicesimi, anzichè in ventiquattresimi, del c.d. "riequilibrio di anzianità" di cui all'art. 37, lettere a) e b), della legge della Regione Puglia 9 maggio 1984, n. 26, che aveva dato attuazione all'accordo nazionale del 29 aprile 1983 (Gazzetta Ufficiale n. 207 del 29 luglio 1983) per il personale regionale e degli enti strumentali

che, in relazione al calcolo di tale "riequilibrio di anzianità", era intervenuta la norma statale di interpretazione "autentica" (art. 17 del decreto-legge 2 marzo 1989, n. 65, convertito, con modificazioni, nella legge 26 aprile 1989, n. 155) a tenore della quale il valore mensile delle classi e/o degli scatti di stipendio, da quantificare ai sensi ... del punto 11, lettere a) e b) del [predetto] accordo del 29 aprile 1983 ... concernente il personale delle regioni a statuto ordinario [corrispondente al citato art. 37 della legge della Regione Puglia n. 26 del 1984], deve intendersi determinato dividendo il valore della classe e/o dello scatto per il coefficiente 24, che rappresenta il numero dei mesi necessari per maturare il diritto alla loro attribuzione"

che, dopo un primo tentativo regionale che proponeva il diverso criterio della divisione per dodicesimi - tentativo fondato sulla competenza regionale ad emanare norme in materia di personale, ma censurato da questa Corte con la sentenza n. 240 del 1990 - la Regione Puglia con legge 8 gennaio 1992, n. 2, dettata per adeguarsi alla sentenza n. 240 del 1990 cit., dopo aver fissato (al comma 1) la decorrenza dal 2 marzo 1989 del criterio di calcolo in ventiquattresimi, ha disposto (al comma 2) la conservazione ad personam dei trattamenti più favorevoli già corrisposti ed il loro riassorbimento con i successivi aumenti stipendiali

che con l'altra legge regionale 17 giugno 1994, n. 21, all'art. 28 è stato precisato:

a) che le somme a tale titolo corrisposte dal 1983 al 2 marzo 1989 (data di entrata in vigore della norma statale di interpretazione autentica sopra ricordata) hanno natura retributiva (ciò ad avviso del giudice rimettente, al fine di dirimere le controversie insorte con gli istituti previdenziali), in quanto costituenti "emolumento fisso, continuativo e ricorrente" e spettano a tutto il personale in servizio alla data del 1° marzo 1989;

b) che l'assegno ad personam, dipendente dal ricalcolo del valore delle classi e scatti in ventiquattresimi con effetto dal 2 marzo 1989, è riassorbito con i successivi miglioramenti economici e cessa comunque di essere corrisposto dal sessantunesimo giorno dalla data di entrata in vigore della legge stessa (luglio 1994), termine poi differito al 31 ottobre 1994 dall'art. 3, comma 2, della successiva legge regionale 5 settembre 1994, n. 32

che da tutto ciò deriverebbe un danno per l'erario, non solo per le maggiori somme erogate a tale titolo dal 1°gennaio 1983 al 1° marzo 1989, ma anche per i maggiori esborsi necessari per concedere ai dipendenti l'assegno ad personam dal 2 marzo 1989 al 31 gennaio 1992, onde sarebbero, ad avviso del giudice a quo, rilevanti le questioni sul presupposto che la normativa denunciata avrebbe un effetto di "sanatoria" delle responsabilità amministrative degli amministratori e funzionari dell'ente cui andrebbe addebitata la corresponsione di dette somme, con conseguente venir meno della pretesa risarcitoria del pubblico ministero per i danni patrimoniali richiesti a quei soggetti, convenuti nel giudizio principale

che, nel merito, il giudice della rimessione osserva che la legge regionale n. 2 del 1992 avrebbe riprodotto illegittimamente il meccanismo di calcolo censurato, perpetuando, con effetto dal 1° gennaio 1983, a favore del personale regionale uno "status" economico del tutto ingiustificato perché non conforme al contratto collettivo per il triennio 1982-84, siglato il 29 aprile 1983, e quindi agli artt. 4 e 11 della legge n. 93 del 1983, da intendersi quali "norme interposte" rispetto agli artt. 117 e 3 della Costituzione

che sarebbe altresì violato l'art. 81, quarto comma, della Costituzione in ordine alla copertura finanziaria della nuova e maggiore spesa, perchè la legge regionale n. 2 cit. avrebbe omesso di indicare le risorse cui attingere per i maggiori fabbisogni finanziari, conseguenti al sostanziale mantenimento del diverso criterio di calcolo per oltre 6 anni (dal 1983)

che, unitamente al citato parametro costituzionale (art. 81, quarto comma, della Costituzione), sarebbero violate numerose norme interposte, quali l'art. 11-ter della legge 5 agosto 1978, n. 468, introdotto dall'art. 7 della legge 23 agosto 1988, n. 362, gli artt. 2, 11, 17 e 18 della legge 19 maggio 1976, n. 335 e gli artt. 156 e 158 del regio decreto 23 maggio 1924, n. 827, nonchè l'art. 16 della legge 27 febbraio 1967, n. 48, integrato dall'art. 34 della legge 5 agosto 1978, n. 468 e modificato dall'art. 11 della legge n. 362 del 1988

che le stesse censure sarebbero da rivolgere ai primi tre commi dell' art. 28 della legge regionale 17 giugno 1994, n. 21, i quali attribuiscono natura retributiva al detto emolumento e lo estendono a tutto il personale in servizio alla data del 1° marzo 1989 (comma 1)

che dal quadro ordinamentale così illustrato sembrerebbe trasparire, ad avviso del rimettente, l'intenzione del legislatore regionale diretta, oltre che a salvaguardare e conservare in favore dei dipendenti i trattamenti economici comunque acquisiti, soprattutto ad evitare agli amministratori e ai funzionari regionali (nonché a quelli dell'ente strumentale) il pericolo di subire l'azione di responsabilità amministrativo-contabile di cui agli artt. 30 e 31 della legge n. 335 del 1976, rendendoli così non perseguibili per il connesso danno procurato all'erario della Regione

che in tal modo implicitamente il legislatore regionale avrebbe influito sulla giurisdizione della Corte dei conti, ponendosi così in contrasto con l'art. 103, secondo comma, della Costituzione e con gli artt. 30 e 31 della legge 19 maggio 1976, n. 335, nonché con l'art. 117 della Costituzione ed i limiti delle competenze regionali

che non sarebbe comunque legittima, per contrasto con l'art. 3 della Costituzione, una legislazione regionale di favore per una categoria di personale rispetto ai pubblici dipendenti delle altre regioni e degli enti locali minori

che, infine, sarebbe anche vulnerato l'art. 24 della Costituzione e quindi il diritto di difesa in giudizio delle ragioni risarcitorie patrimoniali "dello Stato-persona", perchè la intervenuta sanatoria "sottrarrebbe ... al procuratore regionale della Corte dei conti, titolare della connessa azione processuale, il potere di adire la via giustiziale per ottenere, dagli amministratori e dipendenti regionali responsabili, il ripristino, seppure non integrale, dell'equilibrio finanziario in tal modo interrotto nell'erario della Regione Puglia"

che è intervenuta in giudizio la Regione Puglia, eccependo in primo luogo l'inammissibilità delle questioni per difetto di rilevanza, e, nel merito, sostenendone la infondatezza: sia perchè non sussiste il preteso effetto di interferenza delle leggi regionali impugnate con la giurisdizione ed i suoi limiti, essendosi la regione limitata a regolare, in via transitoria, un particolare aspetto del trattamento economico dei pubblici dipendenti, nell'ambito delle proprie competenze; sia perchè non risulta vulnerato il " diritto di difesa giudiziale delle ragioni risarcitorie ... dello Stato-persona", perché il diritto di difesa concerne il processo e la possibilità, per il titolare della situazione dedotta in giudizio, di far valere in questo le proprie ragioni, mentre le norme regionali in esame recano la disciplina sostanziale della fattispecie; sia perchè non è invocabile il principio di uguaglianza in presenza di una normativa transitoria dettata per dare sistemazione a situazioni pregresse obiettivamente incerte e controverse; sia, infine, perchè nessuna violazione dell'art. 81, quarto comma, della Costituzione, può configurarsi in quanto le leggi regionali impugnate non dispongono nuove spese, ma si limitano a confermare per il passato trattamenti economici già attribuiti nell'ambito della normativa all'epoca vigente

che è altresì intervenuto nel giudizio ma tardivamente, nella sua qualità "di ex dipendente dell'ente Regione Puglia", l'avv. Diego Maulucci in proprio, opponendosi all'ordinanza di rimessione e sostenendo la inammissibilità delle questioni proposte

CONSIDERATO che dall'ordinanza di rimessione si ricava che la "vicenda, secondo quanto riferisce il procuratore regionale nel proprio atto di citazione del 18 luglio 1994, trae origine da sette delibere (da n. 85 a n. 91) adottate nella seduta del 18 febbraio 1985 dal Comitato esecutivo dell'Ente regionale per lo sviluppo agricolo della Puglia ... mediante le quali ... fu disposta la liquidazione in dodicesimi e non in ventiquattresimi del c.d. riequilibrio di anzianità"

che l'epoca in cui quelle delibere furono adottate è perciò precedente l'emanazione, da parte del legislatore statale, della norma di interpretazione "autentica" dell'accordo nazionale del 29 aprile 1983 relativo al personale delle regioni e degli enti strumentali regionali - norma diretta a chiarire che "il valore mensile delle classi e/o degli scatti di stipendio ... deve intendersi determinato dividendo il valore ... per il coefficiente 24" (art. 17 del decreto-legge 2 marzo 1989 n. 65, convertito, con modificazioni, nella legge 26 aprile 1989 n. 155) - ed è altresì precedente l'emanazione delle leggi regionali ora impugnate

che il giudice a quo omette di motivare circa gli effetti che la norma statale sopravvenuta e le disposizioni regionali applicative di quella sono in grado di svolgere sui comportamenti tenuti dagli amministratori e dipendenti regionali prima della vigenza di quelle leggi e quindi nell'osservanza di altre disposizioni regionali all'epoca applicabili (legge regionale 9 maggio 1984, n. 26, art. 37), secondo un'interpretazione possibile, avvalorata anche da pronunce giurisdizionali

che l'ordinanza di rimessione, sul punto della rilevanza delle questioni, si limita ad asserire che "qualora il giudice delle leggi, con la sua pronuncia, dovesse escludere o confermare i dubbi sopra esposti, verrebbe meno o risulterebbe avvalorata la pretesa risarcitoria del p.m. per i danni ascritti agli odierni convenuti, con riferimento alle maggiori somme erogate nel periodo dal 1° gennaio 1983 al 31 gennaio 1992"

che, però così facendo, trascura di dare conto del perchè un giudizio di responsabilità, relativo a comportamenti amministrativi tenuti prima dell'entrata in vigore sia delle leggi regionali censurate, sia della norma statale che impose la diversa interpretazione, possa essere pregiudicato dalla soluzione delle proposte questioni di legittimità costituzionale, specie se si ponga mente al fatto che l'elemento psicologico - che è uno dei requisiti perchè possa configurarsi una responsabilità amministrativo-contabile (sentenza n. 72 del 1983) - non può sorgere per effetto di una pronuncia di questa Corte, che, quindi, non avrebbe nessuna influenza sul giudizio principale

che le questioni di legittimità costituzionale così proposte sono, pertanto, manifestamente inammissibili

Visti gli articoli 26, secondo comma, della legge 11 marzo 1953, n. 87, e 9, secondo comma, delle norme integrative per i giudizi davanti alla Corte costituzionale

PER QUESTI MOTIVI

LA CORTE COSTITUZIONALE

dichiara la manifesta inammissibilità delle questioni di legittimità costituzionale dell'articolo unico della legge della Regione Puglia 8 gennaio 1992, n. 2 (Norme di adeguamento alla sentenza della Corte costituzionale n. 240 del 3 maggio 1990) e dell'art. 28, commi 1, 2 e 3, della legge della Regione Puglia 17 giugno 1994, n. 21 (Bilancio di previsione per l'esercizio finanziario 1994 e bilancio pluriennale 1994-1996), sollevate, in riferimento agli articoli 3, 24, 81, quarto comma, 103, secondo comma, e 117 della Costituzione, dalla Corte dei conti, sezione giurisdizionale regionale per la Puglia, con l'ordinanza indicata in epigrafe

Così deciso in Roma, nella sede della Corte costituzionale, Palazzo della Consulta, il 15 aprile 1996.

Mauro FERRI, Presidente

Gustavo ZAGREBELSKY, Redattore

Depositata in cancelleria il 18 aprile 1996.